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26 Apr

“Coraggio, avere cuore e avere a cuore”: le difficili sfide per San Giovanni Rotondo

18 Febbraio 2019
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di Leonardo Fania

Ho avuto il piacere e l’onore, tempo fa, di intervistare l’ex rettore della Pontificia Università Salesiana, il vescovo Mario Toso, attuale ordinario di Faenza, ultimo segretario del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, autore di un interessante volumetto dal titolo “Riappropriarsi della democrazia”.

Non si tratta, per chiarire il significato di un titolo che suona più come una speranza che di un invito, di «riappropriarsi» dell’attuale democrazia, così com’è, ossia una democrazia che è in crisi ed è caratterizzata, un po’ ovunque, da populismi, oligarchismi e paternalismi. Si tratta, invece, di recuperare il progetto originario della democrazia, maturato nel tempo, attraverso riforme profonde che hanno posto al centro il popolo, soprattutto come unione morale di cittadini liberi e responsabili, partecipi della gestione della res pubblica, attraverso rappresentanti e protagonismo civile.

Stiamo vivendo, a San Giovanni Rotondo, una stagione decisiva e, leggendo, ascoltando e capendo i perché del De Profundis dell’Amministrazione Comunale, ho rispolverato i ricordi di quella vecchia intervista. Siamo onesti e parliamoci chiaro: era solo il tempo a mantenere in vita una compagina nata monca e cresciuta allo stesso modo.

Oggi, quello stesso tempo che scorre inesorabile, ci mette nelle mani un’occasione d’oro, probabilmente l’ultimo treno che la nostra città aspetta, prima di essere consegnata all’orribile oblio a cui tante realtà si sono consegnate, a causa dei “cortocircuiti democratici” che troppo bene conosciamo.

Ecco perché “riappropriarsi della democrazia”: è, per San Giovanni Rotondo, il tempo della scelta, del passaggio da una democrazia “a bassa intensità”, come scrive Mario Toso, ad una “ad alta intensità”, rappresentativa, partecipativa, più sociale ed inclusiva.

Passare ad una democrazia “ad alta intensità” significa, per San Giovanni Rotondo, aprire un serio dibattito sul futuro della città, ancora avviluppata tra un timidissimo sguardo alla modernità e allo zoccolo duro di un passato ormai superato e legato alle logiche del “si è sempre fatto così”.

Il tempo a disposizione è breve, minimo ma può servire come un esercizio alla realtà senza pari, un monito per coloro i quali pensano di conquistare l’elettorato con programmi di dubbia realizzabilità.

San Giovanni Rotondo deve partire dalla legalità, dallo svuotare quelle sacche anche minime di opacità, in cui potrebbe annidarsi il virus della corruzione e della compravendita di voti. La nostra città deve essere un faro di spiritualità, anche laica: lo slogan di “città dell’accoglienza e della riconciliazione” è il passaggio chiave di tale auspicio. La nostra città deve tornare a parlare ai giovani e dei giovani, costretti ad andare via per la vergognosa mancanza di lavoro e di prospettive anche minime.

San Giovanni Rotondo deve essere rappresentata dalle sue forze fresche, innovative, mai interpellate nelle scelte che contano e meritevoli di quell’appellativo che suona come una beffa, “eccellenza di San Giovanni Rotondo”, simbolo di una vetrina che tra le nostre mura, a parte rari casi, non verrebbe nemmeno concessa.

Ci vuole coraggio, occorre “avere cuore” e “avere a cuore” la città nella speranza che siano i giovani e tutti coloro i quali hanno a cuore e amano San Giovanni Rotondo a salvarla dallo spettro del precipizio che incombe.

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