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23 Nov

La devozione di Padre Pio verso San Michele Arcangelo

29 Settembre 2019
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SAN MICHELE ARCANGELO E PADRE PIO DA PIETRELCINA

La presenza dell’angelo Custode nella vita di Padre Pio viene segnalata già da quando questi era giovane sacerdote convalescente a Pietrelcina. Spesso il santo religioso si dava poco pensiero di chiudere la porta di casa ogni volta che ne usciva. A chi gliene faceva rimprovero era solito rispondere: “C’è l’angiolino che mi fa la guardia alla casa”. Una volta, sempre a Pietrelcina, il suo amico e confidente Don Salvatore Pannullo, ricevette una lettera dal direttore spirituale di Padre Pio, Padre Agostino da San Marco in Lamis. Il sacerdote fece per aprirla, spiegarne il foglio, ma non andò oltre: il foglio era bianco, senza un solo rigo. La lettera avrebbe dovuto contenere una risposta ad un quesito su Padre Pio posto dal parroco di Pietrelcina a Padre Agostino. Come spiegarne l’accaduto? “Sono stati quei malvagi”, disse Padre Pio illuminato dall’angelo custode, e proseguì col rivelare il contenuto della lettera. L’incidente parve troppo singolare a Don Pannullo il quale scrisse segretamente all’autore della lettera. Le notizie “lette” da Padre Pio nel foglio bianco erano esattissime come poi confermò Padre Agostino.

“Che l’angelo di Dio ti accompagni”, spesso augurava il Padre al pellegrino in procinto di lasciare il convento; e un’altra espressione che pure ricorreva sulle sue labbra era: “Che l’angelo di Dio ti sia luce, aiuto, forza, conforto e guida”. Sul rapporto di Padre Pio con gli angeli, in modo particolare sulla funzione degli angeli custodi sono stati scritti diversi libri e articoli, invece, sulla devozione del santo cappuccino verso l’arcangelo Principe è stato scritto molto poco. Il presente intervento cercherà di fare un po’ di luce su questo affascinante aspetto. Innanzitutto il Padre ha spesso inculcato nell’animo dei suoi numerosi figli spirituali il culto verso l’Arcangelo per poter superare le discordie familiari e per ottenere il trionfo sulle tentazioni del maligno. La devozione di Padre Pio a San Michele, oltre che da motivi personali che vedremo meglio in seguito, è legata da motivi per così dire “ambientali”.

Anzitutto Padre Pio era un cappuccino cioè un seguace di San Francesco d’Assisi ed il Poverello d’Assisi aveva un grande amore per San Michele, nei Fioretti troviamo scritto che l’Arcangelo si deve venerare al sommo grado.Ogni anno dal 14 agosto al 20 settembre San Francesco faceva la quaresima in onore di San Michele, cioè digiunava e faceva penitenza in onore dell’Arcangelo e fu proprio durante una di queste quaresime micaelitiche che sulla Verna ricevette le stimmate da un serafino che secondo diversi commentatori francescani era proprio San Michele. Anche Padre Pio ricevette le stimmate come San Francesco ed è interessante notare che sul crocifisso davanti al quale Padre Pio ricevette le stimmate, il 20 settembre 1918, ‘è raffigurato San Michele nella volta. Nell’ambiente francescano vi era allora una grande devozione a San Michele e addirittura certi francescani facevano ben due quaresime all’anno in onore di San Michele. Inoltre la provincia religiosa monastica cappuccina di Foggia aveva scelto come suo protettore San Michele (provincia religiosa di Sant’Angelo a cui oggi si è aggiunto e di San Pio).

Altro motivo ambientale della devozione del Padre a San Michele era anche il fatto che il vicino santuario del Gargano distava solo 25 km da San Giovanni Rotondo, e lo stesso San Francesco d’Assisi, nel 1219, si era recato in pellegrinaggio al Gargano. Nella Basilica di Monte Sant’Angelo vi è una lampada d’argento donata circa trecentocinquanta anni fa dall’università di San Giovanni Rotondo. Questo lume ad olio ricorda la peste che aveva colpito il paese nella primavera del 1657, ma soprattutto ricorda la miracolosa scomparsa di quel “tremendo vento di morte” grazie all’intercessione del Principe angelico. I sentimenti di gratitudine del popolo di San Giovanni Rotondo all’Arcangelo si leggono ancora oggi sulla lapide sottostante la nicchia della statua di San Michele sul frontone dell’ingresso principale della chiesa madre di San Giovanni Rotondo e sui lati dell’altare a lui dedicato. Ancora un blocco di pietra, ricavato dalla roccia della grotta del Gargano fa parte della chiesa del convento e Padre Pio volle che si erigesse un mosaico con San Michele, opera dello svizzero Aurelio Gozzato, sulla torretta della Casa Sollievo della Sofferenza.

I figli spirituali di Padre Pio, conoscendo il grande amore del Padre verso San Michele, vollero che l’immagine dell’Arcangelo,mentre trafigge il dragone infernale, campeggiasse sopra il monumento di Padre Pio al primo ripiano dell’ingresso centrale della Casa Sollievo della Sofferenza.

Inoltre, San Michele è il Santo protettore della provincia di Capitanata il cui stemma riporta l’emblema dell’Arcangelo e nella zona del foggiano la devozione al principe degli angeli è testimoniata da numerose statue poste nelle nicchie a protezione delle masserie e delle case, in più il nome Michele o Arcangelo è assai diffuso e numerose confraternite o “compagnie” di devoti si recavano e si recano in pellegrinaggio alla Grotta di San Michele al Gargano.

Padre Pio è ufficialmente andato una volta sola al santuario di San Michele. Egli stesso dedica a questo avvenimento un fugace accenno nel suo Epistolario. In una lettera ad Assunta di Tomaso, del 2 luglio 1917, Padre Pio si scusava con la stessa per non poter rispondere alle sue numerose domande e scrive: “Lo farò appena il potrò e quando mi sarò rinfrancato dello strapazzo preso per la gita fatta ieri a Monte Sant’Angelo per visitare San Michele” (Epistola 3, 419).

Lo storico Gherardo Leone ha ricostruito nei dettagli questa visita, rivelando una passione senza limiti da parte di Padre Pio verso San Michele. Scrive Gherardo Leone:”Padre Pio fece il viaggio il 1° luglio 1917 su un carretto scoperto, come si usava a quel tempo, assieme a quattordici fratini del Collegio di San Giovanni Rotondo. Quel giorno faceva molto freddo. Padre pio ne soffrì molto dal punto di visita fisico, anche perché era partito da San Giovanni Rotondo nel cuore della notte. Entrando nel Santuario che si trova all’interno di una grotta, padre Pio prese un raffreddore per l’umidità che era molto intensa. Prima della celebrazione della Messa si raccolse in preghiera per tre quarti d’ora, poi iniziò il rito religioso davanti all’altare dell’Arcangelo. Nell’offrire il sacrificio nel luogo consacrato a San Michele Arcangelo si commosse profondamente. Dopo la celebrazione, si trattenne per altri tre quarti d’ora. Era pallidissimo e tremava per il freddo: erano tre ore che stava in quella grotta umidissima e gelida. Ad un certo punto due fedeli, presenti nel santuario, vedendolo in quello stato, lo sollecitarono ad andare in una casa vicina, per consumare una colazione calda.

Nella grotta di San Michele – scrive Gherardo Leone – in quel momento di grande intensità spirituale, nella penombra della grotta arcangelica, Padre Pio prese piena coscienza della sua missione religiosa ed ebbe anche il presentimento di quanto il Signore gli stava riservando”. Lo scrittore Giovanni Siena afferma che: “Il ruolo di San Michele nella vita e nell’opera di Padre Pio, diventò evidente un anno dopo quel significativo pellegrinaggio di Monte Sant’Angelo. Il 1918 fu per Padre Pio un anno pieno di eventi straordinari. Padre Pio infatti fu protagonista di tre sconvolgenti fenomeni mistici che gli costarono anche grandi patimenti fisici: 1° la “tranverbazione” ovvero la straziante lacerazione delle parti più intime della sua anima per opera di un misterioso dardo di fuoco; 2° la “stimmatizzazione” cioè l’apparizione sul suo corpo delle stesse ferite portate da Cristo sulla croce; 3° e infine la “transfissione” vale a dire lo squarcio del cuore e del costato operato da una lancia.

Tutte queste tre prove furono precedute dall’apparizione di quello che Padre Pio definiva un “misterioso personaggio”. Chi era? Il frate non ha mai rivelato questo segreto. Ma alcuni studiosi di fenomeni mistici e di storia della spiritualità sono convinti che fosse proprio San Michele che è l’Angelo inviato da Dio a coloro che devono realizzare una missione difficile. Non a caso la sua stimmatizzazione avvenne il 20 settembre del 1918, proprio il giorno in cui egli si preparava ad iniziare la novena di preghiera in onore a San Michele, la cui festa si celebra il 29 settembre. Riguardo la sua devozione a San Michele, una volta Padre Pio disse: “Sta sempre qui”. Rivolta ad Anita Canotti, una sua figlia spirituale di Rimini. Lo scrittore Giovanni Siena afferma: “Ricordo benissimo tutte le penitenze che ci dava nel confessionale in onore dell’arcangelo. Ricordo anche il suo insistente invito a recarci in pellegrinaggio al santuario di Monte Sant’Angelo: “Andate a salutare San Michele”, diceva spesso”.

Eppure nonostante il grande interesse per quel luogo di culto micaelitico, dai documenti che sono arrivati a noi, risulta che Padre Pio si recò solo una volta in pellegrinaggio a Monte Sant’Angelo, quel 2 luglio del 1917. viene da chiedersi: come mai da allora non vi fece più ritorno? Alcuni studiosi della vita di Padre Pio affermano invece che egli si sia recato al santuario in tante alte occasioni. Il salesiano Don Giuseppe Tomaselli, famoso sacerdote esorcista ed apostolo di Messina, che ebbe numerosi contatti con Padre Pio, raccontò un fatto interessante a questo proposito: “Un gruppo di persone di Tortoreto Lido, in provincia di Teramo, avendo sentito parlare di Padre Pio decise di recarsi in treno a San Giovanni Rotondo per conoscerlo. In treno incontrarono un prelato che chiese loro dove erano diretti: “Andiamo a San Giovanni Rotondo, rispose uno, pare che lì ci sia un frate che fa miracoli”. “Ma chi è questo frate?”, chiese il prelato. “Andate piuttosto al santuario di Monte Sant’Angelo. Lì c’è veramente uno che fa miracoli, San Michele Arcangelo”. Una volta scesi dal treno questi devoti rimasero disorientati se andare a San Giovanni o a Monte Sant’Angelo. Alla fine in essi prevalse il proposito di recarsi da Padre Pio. Il frate li ricevette e, durante il colloquio, iniziò a comportarsi in maniera strana: apriva e chiudeva un cassetto, senza un motivo valido. Quel cassetto, infatti era vuoto, si vedeva benissimo. Al termine della visita, prima di salutare gli ospiti, Padre Pio estrasse da quel cassetto diverse immagini raffiguranti l’Arcangelo di Monte Sant’Angelo e li consegnò ad ognuno dei fedeli. La sorpresa fu grande quando Padre Pio, dopo aver distribuito i santini, se ne uscì con questa frase: “Così potrete dire di essere stati al santuario di San Michele”. Tutti si convinsero – conclude don Tomaselli – che nello stesso momento in cui parlava con loro si fosse recato in bilocazione nel santuario. Non a caso Padre Pio ripeteva spesso ai suoi devoti: “Io alla grotta santa di Monte Sant’Angelo ci vado sempre”.

Spesso i suoi figli spirituali gli dicevano: “Padre, dateci la santa benedizione, perché andiamo a San Michele”. Ed egli, contento, rispondeva: “Lassù, pregate pure per me”. Ad un fedele che era indeciso se andare o meno a San Michele, prima di ripartire per la sua città, così il Padre rispose: “Sì, sì, bisogna andarci! A San Michele bisogna andarci coi propri piedi, altrimenti si andrà con la bara sulle spalle … “. Cioè a dire, che un giorno si avrà a tenere il giudizio dell’Arcangelo, il quale peserà i nostri peccati con la sua bilancia. Una sua figlia spirituale, trovandosi in una particolarissima e penosissima situazione e dovendo risolvere un delicatissimo problema, si recò in confessione da Padre Pio, il quale, dopo averla ascoltata, le disse: “E tu non l’hai l’avvucato a lu paese tuo?… “. La penitente rispose: “Quale avvocato, Padre?”. E lui ancora: “T’ho detto, tu non l’hai l’avvucato a lu paese tuo?…”. Quell’anima, sulle prime, non capì la risposta, avuta da Padre Pio, risposta a cui in seguito lei stessa diede la giusta spiegazione, e attese ancora dietro il confessionale per ricevere un’altra parola chiarificatrice da Padre Pio. Ma il frate, paternamente la licenziò. Quella donna, con una grande speranza nel cuore e fiduciosa nelle parole del suo confessore, si allontanò da San Giovanni Rotondo, convinta di ritrovare la luce, e che avrebbe risolto quanto le stava a cuore. Giunta al suo paese di origine, si trovò a pregare San Michele, il quale era il patrono del suo stesso paese in cui proprio in quei giorni veniva festeggiato. La preghiera all’Arcangelo che capitò sotto gli occhi della donna così diceva: “O glorioso mio protettore e avvocato San Michele…”. A queste invocazioni, la donna comprese chiaramente che doveva rivolgersi al principe delle milizie celesti, ricordando le parole del frate del Gargano, e che San Michele era il suo avvocato. A lui si raccomandò caldamente e grazie all’Arcangelo ogni cosa riuscì secondo i suoi desideri. Orbene, conoscendo Padre Pio la potenza e la grandezza di San Michele, desiderava che egli venisse conosciuto e amato dai suoi figli spirituali, a questo proposito nel nuovo santuario della Madonna delle Grazie, come già abbiamo ricordato, fece addirittura costruire un altare tutto particolare in onore del Santo Arcangelo.

Padre Pio alla sua figlia spirituale Lina Fiorellini mandò un’immagine su cui scrisse di suo pugno: “San Michele ti protegga e ti difenda dal nemico infernale”. Questo augurio colpì molto l’anima della Fiorellini che nella sua biblioteca privata aveva un volume scritto, del 1869, dal vicario curato di Proda, Don Nicola Ricci, intitolato “La Quaresima di San Michele”. Il libro era composto da meditazioni in onore di san Michele da praticare per quaranta giorni. Lina Fiorellini voleva divulgare questo testo di devozione all’Arcangelo, ma poiché era difficile reperire copie di un libro pubblicato tanti anni prima, la Fiorellini pensò di farne stampare una nuova edizione e si rivolse a Padre Pio scrivendogli: “Padre, vorrei diffondere la devozione a San Michele Arcangelo per ottenere la pace nel mondo, per abbattere l’orgoglio delle umane passioni, in questa società sconvolta da guerre, discordie, stragi, orrori”. La risposta di Padre Pio fu positiva e incoraggiante. Allora Lina Fiorellini affidò il volume a Monsignor Cosimo Petino di Roma per la elaborazione dello stile linguistico perché ovviamente un testo del 1869 si esprimeva in un modo che ormai appariva desueto. Le Meditazioni furono ridotte da quaranta a trentuno per averne una per ogni giorno del mese. Le altre Meditazioni vennero riassunte in una Novena a san Michele. Il libro venne stampato con il nuovo titolo: “Le grandezze di San Michele”. Il libro fu edito per ricordare il trentesimo anniversario della stimmatizzazione del venerato Padre Pio che Lina Fiorellini riteneva: “Mia guida, mia luce, il mio tutto con il Signore”. Lina fece preparare una copia speciale, da offrire al Papa in pelle bianca e con fregi dorati. Il libro ebbe una grande diffusione e negli anni cinquanta fu tradotto in diverse lingue. In questo modo Lina Fiorellini, con l’incoraggiamento di Padre Pio, fece rinascere in tanti la devozione per San Michele di cui aveva compreso la grandezza e la fecondità spirituale. sulla devozione a San Michele di Padre Pio, il defunto monsignor Giuseppe Del Ton , che fu molto vicino al padre cappuccino offre questa sua testimonianza: “Padre Pio era solito recitare una preghiera all’Arcangelo scritta da papa Leone XIII, sotto il cui pontificato egli nacque: ecco il testo della preghiera “O San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia. Contro la malizia e le insidie del diavolo sii di sostegno. Noi scongiuriamo supplichevoli che Iddio lo tenga sotto il suo dominio. E tu, o principe delle milizie celesti, per la potenza che Iddio ti ha dato, rovescia nell’inferno satana e gli altri spiriti maligni che a rovina delle anime vanno scorazzando per il mondo”. Purtroppo – diceva monsignor Del Ton – questa bellissima preghiera da tempo era caduta in disuso perché la Chiesa aveva trascurato il culto di San Michele, non raccomandandolo più ai fedeli. Questo fu un motivo di grande dispiacere per Padre Pio che ripeteva spesso: “Oggi più che mai, in questa epoca apocalittica, è necessario combattere sotto lo stendardo di San Michele”.

Rinnovare il culto dell’Arcangelo era per lui un dovere morale. Sempre mons. Del Ton racconta: “La notte dell’11 novembre del 1956 mi trovavo a Pompei e feci un sogno che non dimenticherò mai. Mi apparve Padre Pio benedicendomi: “Devi fare qualcosa per il bene della Chiesa e per la letizia del popolo. Fai qualcosa per rinnovare la devozione a San Michele. Datti da fare insieme ad altri uomini di intelligenza e di tempra ascetica”. Quel sogno – afferma mons. Del Ton – aveva un valore profetico. Negli anni successivi una serie di circostanze mi portarono a organizzare insieme con altre persone, un’associazione culturale che si propone di dare nuovo vigore al culto di san Michele Arcangelo. La chiamammo Milizia di San Michele Arcangelo. Quest’associazione si trova nella Cappella del monastero dei canonici Regolari a Tor Lupara, presso Roma. Là ci troviamo spesso per recitare la bellissima preghiera di Leone XIII invocando l’Arcangelo, proprio come faceva sempre Padre Pio che, con il suo aiuto, distribuiva le grazie e leggeva nel cuore degli uomini”. Come già ho affermato precedentemente, monsignor Del Ton, che è l’autore di un pregevole testo di angelologia dal titolo “La verità su angeli e arcangeli”, edito a Pisa nel 1985 è deceduto ultranovantenne e dopo la sua morte il gruppo della Milizia di san Michele Arcangelo che nel 1980 aveva ricevuto l’approvazione canonica dal vescovo di Sabina-Poggio Mirteto fu guidato per diversi anni dal Canonico regolare agostiniano, l’abate Egger.

Nel 2000, ebbi conoscenza di tale gruppo e telefonai all’abate Egger chiedendo di entrarvi ma Egger mi rispose che, data la sua età avanzata, già da diversi anni non si tenevano più incontri e riunioni di preghiera. Il sottoscritto ha pensato, pur nella sua pochezza di raccogliere lui l’eredità di monsignor Del Ton e di Padre Egger, che è poi la volontà stessa di Padre Pio da Pietrelcina, ricreando nella diocesi di Salerno, un gruppo che si chiama appunto Milizia di San Michele Arcangelo (M.S.M.A.) che si basa in parte sugli stessi statuti approvati nel 1980 e che per la gentile cortesia del cancelliere della Curia di Sabina-Poggio Mirteto egli ha ricevuto in visione. L’idea di occuparmi degli angeli, infatti, mi venne proprio a San Giovanni Rotondo dove, molti anni fa, mi ero recato in pellegrinaggio. Dopo aver pregato sulla tomba di Padre Pio che allora non era stato ancora beatificato, mi recai per il pranzo al pensionato delle Suore di San Giuseppe e, nel loro refettorio, si sedette accanto a me una signora del Lazio che aveva il marito ricoverato nella Casa Sollievo della Sofferenza. Ovviamente iniziammo a parlare di Padre Pio e di spiritualità e la signora mi disse che ogni giorno pregava gli angeli, anzi che portava sempre con sé nella sua borsa un libro di preghiere. Chiesi alla signora di vedere tale libro e rimasi profondamente deluso: si trattava di un libro esoterico di preghiere cabalistiche ai settantadue geni dello zodiaco. Decisi allora di iniziare a raccogliere preghiere cristiane da mettere in mano ai credenti e ai devoti degli angeli e proprio da San Giovanni Rotondo iniziò, come dire, “un’avventura” che mi portò sempre più a dedicarmi alla diffusione del retto culto cattolico agli spiriti celesti e, come ho sempre affermato, tutto ciò fu una ispirazione del Santo cappuccino, che è uno dei protettori della Milizia di San Michele Arcangelo.

Questo piccolo gruppo ha alcuni momenti mensili di preghiera: ogni 8 del mese c’è la Santa Messa vespertina con i Vespri in onore dell’Arcangelo con la benedizione dei fedeli con una spada, simbolo della fortezza micaeliana; ogni 29 del mese c’è una Veglia angelica di Adorazione Eucaristica e ogni 1° sabato del mese c’è una fiaccolata in onore del Principe delle Milizie Celesti.

A livello culturale, l’associazione cura un centro studi di angelologia che attualmente ha catalogato nella propria biblioteca centinaia di libri sugli angeli, inoltre il segretario generale Alfonso GIUSTI con grande tenacia ha tradotto centinaia di testi dal francese in lingua italiana offrendo un servizio di testi di angelologia in dispense altrimenti introvabili in Italia.

Il centro diffonde la devozione della Corona angelica di San Michele insieme al pio esercizio della Via Angelica, che è nato come devozione all’Arcangelo. Inoltre l’associazione cura una mostra itinerante sul culto angelico insieme ad un ciclo di conferenze e a corsi di esercizi spirituali che vengono offerti alle parrocchie e a i gruppi ecclesiali che ne fanno richiesta. Ogni tre mesi viene spedita ai devoti di San Michele una circolare: “Militia Micaelis” di formazione e spiritualità angelica. Voglia San Pio da Pietrelcina dal cielo vegliare e benedire su questo piccolo gruppo di “amici degli angeli” che vogliono impegnarsi a diffondere e a rinvigorire l’amore verso San Michele e gli spiriti celesti.

In conclusione il corpo di Padre Pio è stato un campo di battaglia sul quale angeli e demoni si sono affrontati con ogni mezzo, per la salvezza o la dannazione non soltanto del Cappuccino, ma anche dei suoi figli spirituali. Una lotta senza esclusione di colpi, cominciata sin dai primi giorni di vita del piccolo Francesco Forgione, secondo quanto ha testimoniato un’anima eletta che ebbe una stupefacente visione durante un pellegrinaggio alla Grotta di San Michele a Monte Sant’Angelo. A Padre Mariano Paladino, che fu uno degli infermieri di Padre Pio, quella persona raccontò di aver visto il piccolo Francesco adagiato in una culla e protetto dalle ali dell’Arcangelo. Pensando che potesse essersi trattato di una allucinazione, Padre Mariano raccontò l’episodio al santo cappuccino e ne ricevette immediatamente una risposta netta: “Guai a me se non ci fosse stato San Michele: a quest’ora avreste visto Padre Pio sotto i piedi di Lucifero”.

Don Marcello Stanzione

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