di Leonardo Fania
Il ritorno alla normalità lascia sempre un senso di tristezza. D’improvviso, la frenesia che ubriacava l’organismo, muta di colpo in una sorta di “sindrome di Stoccolma”. Anche il riposo, tanto sognato e desiderato, sembra essere un torto, uno sgarbo a qualcosa o qualcuno di indefinito.
Facevo tra me questa riflessione, stamattina, mentre percorrevo le strade della nostra città, fino a poche ora fa stracolme di gente in festa per le celebrazioni in onore di Padre Pio. Mi viene in mente anche Giacomo Leopardi che, nel suo celebre canto “La sera del dì di festa”, scriveva “Ecco è fuggito Il dì festivo, ed al festivo il giorno Volgar succede, e se ne porta il tempo Ogni umano accidente”.
La partecipazione di popolo alle celebrazioni per il nostro Padre Pio è stata l’ulteriore segno (se mai ne servissero ancora degli altri) che San Giovanni Rotondo ha acquistato una dimensione internazionale, forse ancora troppo poco apprezzata o compresa per essere valorizzata al giusto. Impressionante, poi, l’abbraccio che la città ha tributato ad uno dei suoi figli che ora ricopre l’incarico più alto nella guida e gestione del Paese.
La domanda, anche un po’ angosciosa, che, passata la ribalta, ci si pone è la seguente: che ne sarà ora di San Giovanni Rotondo? Ripropongo questo interrogativo, riprendendo un pezzo formidabile apparso su “Il secolo XIX” del 28 settembre 1968, a firma di Nino Longobardi. “Una domanda sovrasta San Giovanni Rotondo” è il titolo dell’articolo e sembra essere, quasi provvidenzialmente, una sorta di revival in salsa contemporanea.
La nostra città, cinquanta anni fa, dopo la morte e il funerale di Padre Pio, si chiedeva del proprio futuro senza il Padre, “un brivido di sgomento” la attraversava, fugando però il pessimismo. A pensarci bene, possiamo dire che la fase storica che stiamo attraversando, cinquanta anni dopo, ci mette ancora di fronte al problema della nostra identità futura: il 2018, ci ha piazzati in vetrina, ci ha esposto alle luci della ribalta, ci ha resi orgogliosi. La visita del Papa, che ancora oggi fa parlare di sé per i frutti che ha lasciato, gli eventi legati a Padre Pio e alle sue opere, sono stati eventi eccezionali, probabilmente irripetibili per le coincidenze temporali.
Ma ora torna l’ordinario… Già, quell’ordinario fatto di routine, di problemi e di infiniti dibattiti confinati alla piazza virtuale. San Giovanni Rotondo, ora più che mai, deve essere in grado di rialzare definitivamente la testa con una programmazione seria e ordinata, con una meritocrazia e un’attenzione alle sue “eccellenze” che deve essere costante, capillare e quotidiana.
Questa città deve cominciare ad affacciarsi sui palcoscenici che contano, fissando un orizzonte non più limitato all’immediato, ma di lunghissimo respiro decennale e ventennale.
Il nuovo capitolo della storia di San Giovanni Rotondo va scritto in inglese, francese, spagnolo, polacco, arabo. Occorre coraggio, forza e determinazione: che ne sarà di San Giovanni Rotondo? saremo in grado di affrontare a viso aperto il nostro futuro?