“Il ricordo dell’assordante rito delle stagnole del Sabato Santo”
RICORDO ancora bene, quando nel pomeriggio inoltrato si preparava in ogni quartiere o rione della città sipontina,la raccolta del materiale ed i preparativi di un rito molto particolare,organizzato ogni anno da un gruppo di ragazzi.
Venivano raccattate tante stagnole messe una fila all’altra, ognuna bucata da un lato, così da poter permettere da far passare lo spazio ad una corda di uso marinaresco molto lunga, da poter così formare un lungo serpente come forma.
Questa tradizione veniva trainata dal capo squadra della spedizione organizzativa, affiancato da un aiutante scelto.Così verso sera tardi ,quando iniziavano le preghiere per risollevare le penitenze per la grazia della resurrezione di ‘Cristo nostro Signore’, partivano con l’iniziativa dell’avvenimento, devo dire davvero strano nel suo genere e molto diffusa in Manfredonia a pensarci oggi.
Si partiva quasi a tutta velocità facendo strisciare le stagnole sulla strada le quali emettevano un rumore infernale quasi assordante che ti frastornava ,da renderti frastornato e contemporaneamente inebriato dalla competizione,perché a dover di logica sembrava una vera gara di caccia al diabolico ossia quella di cacciare la parte cattiva per far entrare la parte buona.
Tanti i ragazzini in fila con un bastone di legno, si doveva colpire ripetutamente le stagnole quasi a ritmo incessante, e ripetendo una fatidica frase contemporaneamente nella corsa continua tipo un circuito da ripetere più volte come se fosse una pista di atletica,ci si gridava così: – Cacciet u diavl – Cacciet u diavl, za za za, cacciet u diavl ,za za za .
Tutto sempre di continuo e di corsa pura, senza un attimo di tregua né di respiro.S’andava con i giri che venivano eseguiti come da veri atleti sempre più con un ritmo sostenuto e incalzante da toglierti il fiato. Così per oltre un’ora e anche più andava la grande tradizione del Sabato Santo della passione del Cristo che stava quasi per raggiungere la mezzanotte della Santa Pasqua, proprio quando le campane iniziavano a suonare a festa.
di Claudio Castriotta