Dal 2 al 15 dicembre 2022 prenderà il via la settima edizione del “Foggia Festival Sport Story”, la manifestazione di respiro nazionale che racconta lo sport attraverso l’arte e la letteratura, organizzata annualmente dalla Fondazione dei Monti Uniti di Foggia, libreria Ubik, Piccola Compagnia Impertinente e Biblioteca di Foggia “La Magna Capitana”.
L’edizione 2022, che quest’anno è dedicata ai “Campioni del Mondo”, è realizzata in collaborazione con l’Ussi (Unione stampa sportiva italiana), l’Ordine dei giornalisti della Puglia e il Teatro della Polvere, e con il patrocinio della Provincia di Foggia.
“Quando si sottolinea che il Foggia Festival Sport Story è una manifestazione unica nel suo genere – dichiara in una nota il presidente della Fondazione, Aldo Ligustro -, la motivazione è da ricercare nella particolarità della proposta che avanza, raccontare lo sport attraverso l’incontro con l’arte, la letteratura ed il teatro, con l’obiettivo di spostare l’attenzione dall’evento sportivo al fenomeno sociale e culturale. Una narrazione popolare dello sport lontano dai riflettori, dalla retorica, dalle copertine patinate e dall’inno della Champions League. La qualità degli ospiti, degli artisti, degli autori, scrittori, giornalisti e protagonisti delle vicende sportive più note, inoltre, rende questa iniziativa affascinante sotto tutti i punti di vista e una delle manifestazioni più importanti organizzate direttamente dalla Fondazione”.
“Anche la settima edizione – spiega Ligustro -, tra importanti conferme e nuove collaborazioni, offrirà al pubblico foggiano un programma ricco di appuntamenti e ospiti prestigiosi. Racconteremo i “Campioni del Mondo” di diverse discipline, parleremo di vincitori e di sconfitti, con due spettacoli teatrali, una mostra dedicata agli azzurri iridati allestita nella Biblioteca di Foggia, quattro incontri con l’autore tra cui spicca la presentazione del nuovo libro del nostro Zdenek Zeman e infine con la consegna del premio alla carriera istituito dal festival a un grande giornalista sportivo foggiano, Franco Ordine”.
“Lo sport è racconto, suggestioni, passione. È letteratura, storie, valori – sottolinea il presidente dell’amministrazione provinciale, Nicola Gatta -. Anche quest’anno la Provincia di Foggia è lieta di patrocinare un’iniziativa ormai diventata uno splendido e consueto appuntamento, già ospitato nel cortile di Palazzo Dogana, e sarà dunque un meraviglioso momento per ascoltare protagonisti e ripercorrere grandi imprese. Negli spazi della nostra Biblioteca e sul palco del Teatro del Fuoco “Antonio Pellegrino” lo sport si farà arte, parole, dibattito, letture. Un magnifico incrocio di linguaggi che restituirà alle vicende sportive tutto la loro importanza e tutta la loro capacità di coinvolgimento popolare, che è da sempre la più grande magia dello sport. Grazie, come sempre, agli organizzatori di questa iniziativa diventata un fiore all’occhiello dell’offerta culturale di Foggia e della Capitanata e a tutti coloro i quali lavoreranno nelle sue diverse giornate, agli ospiti prestigiosi che il territorio potrà accogliere ed ospitare, ai giornalisti che con la loro esperienza ci accompagneranno in questo viaggio. Lo sport è una incredibile calamita – conclude Gatta -, in grado di emozionare e trascinare. Prepariamoci a celebrarlo in grande”.
“Siamo contenti di partecipare anche quest’anno all’organizzazione del Festival – afferma la direttrice del polo biblio-museale di Foggia, Gabriella Berardi -, e lo faremo non solo ospitando incontri e presentazioni, ma anche allestendo una mostra basata soprattutto sulla stampa periodica dal titolo “Campioni del mondo”, per ricordare e celebrare i momenti e gli sport che hanno visto gli atleti azzurri salire sul primo gradino del podio”.
Il programma
Venerdì 2 dicembre, Biblioteca “La Magna Capitana”
ore 17:45, inaugurazione festival con donazione dei libri alla Biblioteca per il fondo speciale di letteratura sportiva;
ore 18, sala narrativa, presentazione del libro “Mondiali senza gloria” di Giovanni Mari. Dialoga con l’autore Antonio Di Donna.
Sabato 3 e domenica 4 dicembre, ore 21, Teatro della Polvere
Spettacolo teatrale “L’uomo partita” di Mimmo Padrone. Ingresso 10 euro. Porta ore 20:30.
Lunedì 5 dicembre, Biblioteca “La Magna Capitana”
ore 17:45, inaugurazione mostra “Campioni del mondo”, area espositiva (aperta al pubblico fino al 10 gennaio);
ore 18, sala narrativa, presentazione del libro “Il massimo della passione, la trilogia sulla box”, di Domenico Paris. Dialoga con l’autore Michele Carelli.
Martedì 6 dicembre, ore 18, sala narrativa Biblioteca “La Magna Capitana”
Presentazione del libro “Un gioco perfetto”, di Enrico Franceschini. Dialoga con l’autore Enrico Ciccarelli.
Mercoledì 7 dicembre, ore 21, Teatro del Fuoco
Spettacolo teatrale “Quando la vita era piena di goal” di Fabio Stassi, con Pierluigi Bevilacqua e Gianni Iorio (bandoneon), regia di Pierluigi Bevilacqua, produzione Fondazione Monti Uniti e Piccola Compagnia Impertinente. Ingresso gratuito fino ad esaurimento dei posti. Porta ore 20:30.
Venerdì 9 dicembre, ore 18 Auditorium Biblioteca “La Magna Capitana”
Presentazione del libro “La bellezza non ha prezzo” (Rizzoli) di Zdenek Zeman. Dialoga con l’autore Mario De Vivo.
Giovedì 15 dicembre, ore 18, sala “Rosa del Vento” Fondazione dei Monti Uniti
Cerimonia di consegna del premio alla carriera “Foggia Festival Sport Story” 2022 a Franco Ordine.
Giovanni Mari
È giornalista al “Secolo XIX” di Genova. Si è occupato a lungo dello scontro tra i partiti politici italiani, interessandosi in particolare al tema della propaganda politica. Ha pubblicato il saggio Genova, vent’anni dopo. Il G8 del 2011, storia di un fallimento e il romanzo storico Klausener Strasse. 1970: caccia al cadavere di Hitler, il diario segreto del KGB. In “Mondiali senza gloria” Mari racconta quando il fascismo, dopo aver soppresso nel sangue ogni forma di dissenso, trasformò il calcio in un vigoroso strumento della sua ossessiva propaganda. Durante il regime la nazionale italiana era sì fortissima, ma nel 1934 vinse i Mondiali anche grazie all’incredibile favore degli arbitri, pressati direttamente dagli emissari del Duce. Le contestazioni politiche caratterizzarono anche il secondo campionato mondiale, quello del 1938, tenutosi in Francia. Gli italiani giocarono con indosso la casacca nera, in segno di sfida verso il mondo intero, e col rumore della guerra che rombava sempre più da vicino. In mezzo: l’Olimpiade nazista di Berlino e i crimini di guerra degli italiani in Africa. All’orizzonte: le leggi razziali e l’assalto all’Europa, a braccetto con Hitler. Un libro che racconta della propaganda di ieri per illuminarci sulla propaganda di oggi.
Domenico Paris
È nato ad Avezzano nel 1977. Scrive di spettacoli, musica, libri e sport per “Metro”, “Satisfiction”, “The walk of Fame” e “Post.it”, e ha collaborato con varie testate nazionali tra le quali, “Il Foglio”, “Il Tempo”, “Gente”, “Class”, “Boxeringweb.it”, “La voce del Ribelle” e “The Fashionable Lampoon”. Ha pubblicato cinque raccolte di racconti, “La via difficile” (Tracce, 2003), “Fuorifuoco” (GiveMeAChance, 2010), “Roma Kaputt Mundi” (Valletta, 2015), “I medi sono il massimo” (Absolutely Free, 2020), e “Il ring è onesto” (GiveMeAChance, 2013). Con “Il massimo della passione” Paris intreccia i fasti pugilistici con il racconto delle vicende che hanno caratterizzato le vite dei protagonisti, rendendoli inimitabili anche al di fuori delle sedici corde. L’autore crea profili inediti, cercando di far emergere la dimensione più intima e meno conosciuta di quei colossi che hanno scritto pagine indimenticabili, scatenando la passione del popolo della boxe. Jack Johnson, Primo Carnera, Joe Louis, Rocky Marciano, Sonny Liston, Muhammad Ali, Joe Frazier, George Foreman, Larry Holmes, Mike Tyson. Tutti protagonisti della categoria più prestigiosa, quella dei pesi massimi. Hanno offerto grandi prestazioni sul ring, rimanendo attori al centro della narrazione anche nella vita di ogni giorno. Pugili e uomini senza freni. Un affresco non solo di natura sportiva, ma di fragilità emotiva e zone d’ombra, di fatti minimi e grandi dilemmi che permettono di osservare i protagonisti non già nell’aura del mito al quale la storia li ha consegnati, ma come uomini alle prese con un destino con cui sono costretti a fare i conti. Fiction e realtà si fondono in un unico tema, dando a queste pagine l’epica di drammatici scontri, oltre all’angoscia per vicende che non sempre, anche se campioni, sono riusciti a gestire.
Enrico Franceschini
È scrittore e giornalista. Ha ricoperto il ruolo di corrispondente per il quotidiano “la Repubblica”, nelle sedi di Londra, New York, Washington, Mosca e Gerusalemme. La sua opera “Vivere per scrivere” è stata finalista al Premio Estense nel 2018. Tra i suoi libri: “Londra Babilonia” (Laterza, 2011), “Vinca il peggiore. La più bella partita di basket della mia vita” (66th and 2nd, 2017), “L’ uomo della Città Vecchia” (Feltrinelli, 2017), “Vivere per scrivere. 40 romanzieri si raccontano” (Laterza, 2018), “Bassa marea” (Rizzoli, 2019) e “Ferragosto” (Rizzoli, 2021). Con “Un gioco perfetto” Franceschini ci conduce nel mondo del baseball, attraverso la storia di Maggie Bandini, trentacinque anni, un matrimonio fallito alle spalle, due figli adorabili, pochi soldi in tasca e una sola passione: il baseball, che segue da quando era bambina e pensa di conoscere meglio di chiunque. Fino al giorno in cui muore uno zio miliardario, lasciandole in eredità i New York Cannons, la sua squadra del cuore, piena di giocatori pagati troppo, incapaci di vincere da troppo tempo: allora le tocca mettersi alla prova come non ha mai fatto e diventare addirittura l’allenatore capo per risollevare le sorti del club. Fra campioni a cui non piace essere guidati da una donna, un cugino invidioso che trama per metterla in cattiva luce e il giornalista Henry Franks che la corteggia, non si capisce se per amore o per ottenere uno scoop, soltanto una “partita perfetta” può realizzare i sogni di Maggie, in campo e fuori.
Zdenek Zeman
Autentico filosofo del calcio, uomo di Sport senza compromessi e senza mezze misure, allenatore amato ovunque abbia importato le sue idee, fondatore di Zemanlandia, la terra promessa del gol, Zdenek Zeman è un’autentica figura di culto. In cinquant’anni di carriera ha diviso ma soprattutto unito, fatto discutere tifosi e addetti ai lavori, versare i proverbiali fiumi d’inchiostro però mai, prima d’oggi, si era raccontato con la sua viva voce. Mai aveva spiegato il suo calcio e illustrato i suoi metodi di allenamento così in dettaglio, mai aveva parlato in modo così intimo della sua vita fuori dal campo. Lo fa nelle pagine dell’autobiografia “La bellezza non ha prezzo”, che sono esattamente come lui: profonde, piene di intuizioni folgoranti, divertenti e sincere nel raccontare se stesso e tutto ciò che ha visto e costruito nel mondo del pallone. Dai primi gradoni nel Foggia dei miracoli alla Lazio di Signori, Nesta e di un Nedved scoperto prima di tutti; dalla Roma di un giovanissimo Totti (il “ragazzino”, come lo chiamava il presidente Sensi) al quale Zeman affida le chiavi della squadra e la fascia da capitano, alle battaglie per un calcio lontano dalle farmacie e dagli uffici finanziari, dal doping reale e amministrativo; dal Pescara dei tre gioielli Immobile, Insigne e Verratti (“Ciruzzo”, “Lorenzolo” e “Marcolino”, futuri campioni d’Europa) a oggi. Fra autobiografia e manifesto, “La bellezza non ha prezzo” regala pagine traboccanti di un amore straordinario per il gioco del calcio e per tutto ciò che di più bello può caratterizzarlo: la passione dei tifosi, lo spirito di squadra, la cura dei talenti. È la storia di un uomo – e di un allenatore visionario – che ha sempre anteposto i suoi ideali all’imperativo di vincere.
L’uomo partita
Errare humanum est: da questa frase entrata nel linguaggio comune nasce “L’Uomo Partita”. Il significato è chiaro: errare è parte della natura umana ma non può essere un’attenuante di responsabilità per uno sbaglio. Una storia di calcio come metafora di vita, con lo sfondo una tragedia, che si nasconde impavida dietro l’angolo della vita di ognuno di noi. Il gioco più bello al mondo è questione di vita o di morte, binari paralleli sui quali viaggia la nostra esistenza. Sulla corda tesa di un funambolo, un arbitro chiuso nel suo spogliatoio, si lascia andare in un monologo intriso di ironia sferzante. Solo contro tutti, si sfoga in un’invettiva sul calcio, sui tifosi, sui mass media e solo alla fine si rivela. Oltre a far pensare, fa cambiare idea. Lasciando allo spettatore la domanda: il calcio è solo un gioco?
Quando la vita era piena di goal
Si tratta di un monologo, scritto da Fabio Stassi, che narra la cronistoria immaginaria del IV Campeonato Mundial de Futebol, giocato in Patagonia dal 5 al 19 dicembre 1942: il “Mundial dimenticato”, dove, in partite arbitrate dal figlio di Butch Cassidy, si affrontarono squadre composte da operai italiani, indios e ingegneri tedeschi. Tra malinconia e tango, grazie anche alla voce del bandoneón di Gianni Iorio, lo spettacolo parla di tempi in cui esistevano ancora le ali, i palloni da calcio avevano le cuciture e le maglie delle squadre erano senza scritte sopra… E poi esisteva la Rimet. Un testo che rinnova la magia del rapporto tra letteratura, musica e pallone, mondi soltanto apparentemente lontani.