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20 Apr

IL CONVENTO di S.STEFANO ALLA SPERLONGA UN’OASI DIMENTICATA FRA MARE E VALLI NASCOSTE

Non lontano da Mattinata,al centro di una valle e protetta da una corona di piccole alture, è possibile ancora ammirare i resti dell’ex convento, edificato nel sec. XI sull’area di una necropoli paleocristiana del IV – V secolo. Su di un piccolo altipiano, al centro di due bellissime vallate con pareti quasi a strapiombo e ai piedi di una parete rocciosa quasi a perpendicolo, questi resti purtroppo molto compromessi appartengono al convento pulsanese di Santo Stefano.

La splendida località che lo ospita è chiamata Sperlonga.

Gli ipogei paleocristiani, in parte distrutti e in parte incorporati nelle fondamenta delle fabbriche, nell’alto Medioevo ospitarono verosimilmente alcuni monaci eremiti giungendo alla fine a costituire una piccola comunità monastica.

Sull’origine del convento, comunque, non si ha, al momento, alcuna notizia. Nei documenti compare per la prima volta, col titolo di S. Stefano, in una bolla del 1177 di papa Alessandro III, indirizzata al Priore Antonio di Pulsano. In essa si confermavano tutti i possedimenti della badia dei monaci pulsanesi, tra cui “Monasterium Sancti Stephani quod Matinata consistit cum pertinentiis suis.

A tale data, dunque, il monastero era una dipendenza di Pulsano.

Ma, nella seconda meta del sec. XII,esso passò all’Abbazia di Monte Sacro (874 m s. L m.),fondata agli albori dell’XI secolo in territorio di Mattinata,i cui monaci erano soliti trascorrervi i rigidi inverni garganici.

Alla destra vi è un viottolo che conduce al complesso paleocristiano.
Dopo aver varcato un piccolo accesso, si entra nello spiazzo antistante i due ingressi. Sulla destra c’è la porta d’ingresso a forma rettangolare. Sull’architrave risulta notevole la presenza di graffiti, al centro una croce pulsanese, al lato sinistro il sole e a quello destro la luna (che è appena percettibile). E’ proprio su questo ambiente che, all’esterno, sono visibili gli avanzi di un monumento. Esso doveva essere formato da tre gradinate con al centro una colonna quadrangolare; su di un lato vi era una statua rappresentante Santo Stefano, in posizione semicoricata e, all’apice della colonna, una croce. Dall’esame della statua pare debba trattarsi di Santo Stefano, re di Ungheria.
Si accede alle fabbriche conventuali tramite un portale quattrocentesco di delicata fattura, alto 3,50 e largo 1,90 metri, che, a tutto sesto, è inquadrato da una cornice a mezzo tondo di forma rettangolare; al centro dell’arco doveva esserci una iscrizione che, con molta probabilità, fu scalpellata nell’epoca murattiana, mentre, al di sopra e al centro dell’inquadratura, vi è lo stemma dell’ultimo commendatario che fece decorare la chiesa con affreschi e con un magnifico altare in pietra di Monte S. Angelo, con colonne tortili, statue e bassorilievi di ottima fatturai come i bassorilievi raffiguranti l’Eterno Padre, l’Ascensione di Cristo e varie statue. Questi reperti furono custoditi a Mattinata dall’Arciprete Azzarone ed utilizzati poi come ornamento interno ed esterno della Chiesa Parrocchiale di Mattinata . Le pietre dell’arcata di accesso presentano molti graffiti di simbolisimi, date e figure di antropomorfe non facilmente identificabili
Un dato interessante è che alcuni simbolismi sono ispirati a devozione, altri, invece, sembrano segni decisamente dissacratori, legati al mondo della superstizione e della magia, come, per esempio, una croce latina rovesciata, decussata nella parte mediana del braccio lungo e orbicolata in tutti i punti estremi.
In molti conci interni predomina il simbolismo della stella di David.
Entrando, a sinistra vi è un arco a tutto sesto, in pietra da taglio, che immette in un ambiente utilizzato dal monaco portinaio per la panificazione poichè, sulla parete di fondo, insiste un forno di discrete dimensioni. Dall’arcata monumentale al piccolo chiostro interno si percorre un corridoio coperto da volta a botte. Il chiostro, a forma rettangolare, sulla destra presenta due arcate coperte a tutto sesto ed in pietra da taglio; sulla sinistra una grande arcata con volta a botte.
Sulla parete di fronte si notano altre due arcate che, come quelle di destra, presentano sugli stipiti interni, avanzi di affreschi.
Al centro dell’arco di sinistra si apre l’accesso al giardino che presenta un muro in malta e pietrame; su questo muro sono ricavate 24 nicchiette arcuate. Erano, forse, sepolture, cosa non nuova in ambienti monastici e chiesastici. Il lato nord-ovest del muro di cinta è dato dalla parete rocciosa della montagna. Su questo lato vi sono, verso nord, i ruderi di due torri di vedetta. All’angolo destro di fondo vi è una tomba; mentre sulla parete sinistra un’edicola rettangolare che presenta tracce di affreschi. Le pareti presentano varie feritoie.
La porta d’accesso alle celle ed al piano superiore è in asse al portale principale: essa è a tutto sesto ed in pietra lavorata. I residui ambienti, salvo alcuni, sono adibiti a ricoveri di mucche e capre; lo stato delle fabbriche è fatiscente.
La chiesetta è di forma rettangolare. Il portale, in pietra da taglio, è del secolo XV. Al centro, in alto sulla facciata, vi è un edicola con arco a tutto sesto che conteneva una pregevolissima statua in pietra del secolo XIV raffigurante Re David che suona la lira, su cui è inciso il XVI versetto del Salmo 50 davidico, ora presso la Collezione Sansone a Mattinata.
Al di sopra dell’architrave della porta era leggibile un’epigrafe, che mani vandaliche hanno distrutto e i cui frammenti sono stati scovati nei pressi dei vicini muri a secco. I resti dell’epigrafe, in parte ricostruita, sono oggi nella collezione Sansone a Mattinata.

(Nico Moscatelli )

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