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23 Apr

Intervista allo sviluppatore Android Sangiovannese Leonardo Pirro

Di Leonardo Ricucci

Ciao Leonardo, ci dici due parole su di te?

Ciao ragazzi, sono Leo, ho 26 anni, sono nato a San Giovanni Rotondo e attualmente vivo e lavoro a Londra in un’ azienda, ClearScore, come Android Engineer. Nel tempo libero sono in lockdown (ride n.d.r)

Come hai vissuto questo periodo di lockdown?

Vi rispondo come Gattuso in una delle (poche) conferenze stampa che ha fatto in inglese: “Sometimes maybe good sometimes maybe shit”.

Scherzi a parte. Quando è scoppiato il virus ero in vacanza in USA e Canada e già da li avevo capito quanto fosse delicata la situazione, anche se me ne sono reso conto definitivamente quando sono rientrato a Londra. Qui inizialmente il virus era stato preso molto alla leggera ma io un po’ per spirito di solidarietà verso gli Italiani e un po’ per prudenza (comunque venivo da un viaggio dall’altra parte del mondo) mi sono auto-isolato.

Per i mesi successivi è stata tosta, un misto di alti e bassi. Diciamo che mi sono trovato in una situazione particolare perché ho passato praticamente gli ultimi due mesi senza vedere neanche una faccia (tranne quella della commessa del supermercato) e senza parlare con una persona dal vivo, chiuso in casa. Non mi era mai successo prima e sono sicuro che ci sono tante altre persone che si sono ritrovate nella stessa situazione e vi assicuro che non è per niente facile.

È stato un allenamento “mentale” non indifferente, ho cercato di non buttarmi giù perché altrimenti è la fine. Da una parte ho cercato di restare sempre positivo, è una cosa che ho caratterialmente e ho cercato di “ribaltare” questo periodo a mio favore. Abbiamo un sacco di tempo a disposizione quindi l’ho sfruttato per riflettere sul momento che stiamo vivendo, sulla mia vita (professionale e non) e in generale ho cercato di fare cose che non avrei mai fatto se non ci fosse stato questo periodo, come la cucina, la chitarra, sto leggendo/studiando molto e mi sto allenando quotidianamente.

In generale ci terrei soprattutto a ringraziare tutte le persone che mi sono state vicino, a chi si è preoccupato per me, a chi mi ha scritto anche un semplice “Come stai?”. Ho ricevuto un quantitativo incredibile di messaggi in questi ultimi due mesi e non mi aspettavo tutta questa vicinanza in un periodo difficile per tutti come questo. Ho ricevuto messaggi inaspettati da tantissima gente, anche chi non sentivo da diversi anni. Mi ha fatto molto piacere sentire la vicinanza delle persone in un periodo come questo perché è sintomo che i rapporti che si sono creati sono veri e sinceri.

Ci racconti come è nata la passione verso lo sviluppo software?

Diciamo che ho deciso di rovinarmi la vita con la tecnologia abbastanza presto. Mi ricordo che a 5 o 6 anni mio padre portò a casa il primo computer, me lo ricordo ancora, era un Compaq bianco (ce l’ho ancora!) e non sapevo neanche cosa fosse. Ci avrò messo almeno mezz’ora per accenderlo e per me solo il muovere il mouse e vedere che il puntatore si muoveva sullo schermo era già un gioco.

Da li mi sono innamorato. Poi crescendo ho cominciato ad utilizzarlo quotidianamente, ma ho capito di essermi innamorato dello sviluppo software in particolare credo in quarto superiore. Avevamo già fatto sviluppo in terzo ma non so perché non mi si era ancora accesa la scintilla. Poi in quarto quando abbiamo cominciato a fare programmazione object-oriented mi sono follemente innamorato e da li non ho più passato un giorno della mia vita senza scrivere una riga di codice. L’idea di poter creare qualcosa dal nulla, con cura, con una architettura pensata e studiata dietro, per me era ed è una forma d’arte. Da li mi sono spostato allo sviluppo mobile, in particolare Android, perché già allora ero un grande ammiratore di Google e avevo uno smartphone Android. Ho unito le due cose quindi e sono diventato un Android Developer.

Ma partendo dall’inizio che tipo di percorso hai affrontato per arrivare a Londra?

Quando ho finito la scuola dovevo decidere che fare della mia vita, come tutti a quell’età. Inizialmente ho provato a fare sviluppo software a San Giovanni Rotondo, ma le cose non sono andate bene; Il mercato non era pronto e non avevo grossi stimoli visto che ero da solo. Quindi ho passato 1 anno della mia vita facendo poco o niente, mi sento di aver buttato del tempo in un certo senso. Poi ad un certo punto ho capito, soprattutto grazie a mio padre che non smetterò mai di ringraziare, che stavo sbagliando strada. Da li ho cercato di orientarmi e le strade erano due: Università (informatica) o altro. L’Università dopo un periodo di riflessione l’ho scartata perché tutti mi dicevano più o meno la stessa cosa: tanta teoria e poca pratica e a me questa cosa spaventava. Ovviamente con questo non voglio sminuire in nessun modo l’università o chi ha fatto un percorso di questo tipo, anzi, semplicemente ai tempi mi sono sentito di scegliere un’ altra strada e con me ha funzionato. Questa altra strada si è rivelata poi l’Elis, che è un‘ azienda che offre dei corsi di formazione di vario tipo, io scelsi quello in “Sviluppo Applicazioni e Servizi“ che era un corso di nove mesi full-time. Una volta finito il corso e conseguiti i vari esami, l’Elis ti da la possibilità di fare colloqui con varie aziende presenti nel loro consorzio e non. Feci vari colloqui e diversi andarono molto bene, poi però è successa una cosa curiosa, ovvero che Elis stessa mi fece una proposta per lavorare con loro. Hanno anche un reparto che si occupa di consulenza e sviluppo software quindi mi proposero di lavorare in quell’area e accettai. Ho fatto anche formazione come docente in Elis ed è stato molto stimolante. È stato un ottimo trampolino di lancio per entrare nel mondo del lavoro e cosi ho cominciato la mia carriera professionale.

Dopo più di due anni e mezzo in Elis poi ho deciso di cambiare ed è arrivata IQUII, una digital company che operava in vari settori come sport, retail e finetech. Anche in IQUII mi sono divertito parecchio perché ho avuto la fortuna di lavorare con persone meravigliose e in progetti davvero interessanti. Ho lavorato all’app di Buffon e Chiellini, è stato motivo di grande orgoglio, soprattutto perché sono Juventino. Anche se quando ho lavorato con Buffon lui si era appena spostato al PSG e creare l’app mentre indossava un’altra maglia non è stato proprio divertente, ero quasi geloso.

Oltre a questi ho lavorato a vari progetti come l’app ufficiale della Lega Serie B, l’app ufficiale della Nazionale Italiana Rugby e tante altre che non vi sto a raccontare altrimenti verrebbe fuori un libro.

Dopo IQUII c’e stata ClearScore, la mia attuale azienda a Londra, è stata una nuova sfida per me, una nazione diversa, una lingua diversa, culture diverse, modalità di lavoro diverse, per la prima volta lavoravo anche per un prodotto e non in consulenza quindi è stato tutto totalmente nuovo per me. Come tutte le cose all’inizio è stata una bella sfida, mi sono sentito un pò da solo in mezzo ad un giungla con la differenza che non ero Tarzan ma un coniglietto bianco appena nato (ride n.d.r).

Ci racconti perché hai deciso di trasferirti a Londra?

Diciamo che Londra è sempre stata una mia fissa, ma in generale è stata una decisione presa letteralmente in una notte. Ero a casa a Roma e non riuscivo a dormire, automaticamente mi sono messo a pensare un po’ al periodo che stavo vivendo e sentivo che dovevo cambiare qualcosa, allora ho pensato “E ora? Che si fa?“ Inizialmente il mio primo pensiero è stato Milano, poi pero’ ho pensato che alla fine sarebbe cambiato poco, io invece volevo fare un cambiamento importante, qualcosa che mi facesse crescere sia a livello professionale che umano, allora mi sono detto “Dai, Londra!”. La mattina dopo ho scritto il buongiorno ai miei come faccio spesso e gli ho espresso la mia volontà di trasferirmi a Londra. Ricordo ancora la risposta di mamma in dialetto: “Tu t si mbacciut!”.

Sentivo che era il momento giusto, anche perché fare questo tipo di scelte adesso è più facile, poi più passa il tempo e più fare questi cambiamenti diventa complesso. Quindi da quella notte in poi nel giro di poco mi sono organizzato, ho selezionato delle aziende che mi interessavano e ho cominciato a mandare CV, molte invece mi hanno contattato tramite LinkedIn dicendomi che avevano delle posizioni aperte. Se non avete un profilo LinkedIn createlo, anche se non sapete cosa metterci inizialmente, poi man mano lo aggiornate. È un ottimo strumento per per farsi conoscere e per venire contattati da aziende, è una sorta di Curriculum virtuale con un motore di ricerca per aziende con una parte anche social dietro.

Come sono i colloqui per Londra rispetto a quelli che hai fatto in Italia? Difficili?

Più o meno, ma niente di impossibile. Più che altro mi hanno tolto un sacco di tempo. Per darvi un’ idea i colloqui qui sono tutti strutturati più o meno allo stesso e si dividono tendenzialmente in tre/quattro fasi: conoscitivo, tecnico, comportamentale/team-fit. Il primo è appunto per conoscersi, molto tranquillo, parli della tua vita, cosa ti piace, che tipo di percorso hai fatto, dove hai lavorato, quali sono le tue passioni, ecc. Poi c’è una prima fase tecnica dove ti viene assegnato un progetto, una sorta di “compito per casa” che devi consegnare (ti danno una settimana circa per completarlo ma sono molto flessibili). Poi c’è una seconda fase tecnica con il team di sviluppo dove discuti appunto il progetto fatto a casa, ti fanno domande, ti chiedono perché hai fatto determinate scelte e in generale valutano la tua parte tecnica.

In fine c’è quello comportamentale e di team-fit, che non è nient’altro che un colloquio per vedere come ti comporti, come ragioni e come ti muovi all’interno di un team o in generale in azienda. Di solito lo si fa con qualche project manager e almeno uno psicologo. Fanno domande del tipo “Se ti dovessi trovare in disaccordo con un tuo collega in una riunione, come la gestisci?“ o “Hai mai fallito a lavoro o nella vita? Come l’hai vissuta?” o “Cosa ti fa sentire gratificato mentre lavori a qualcosa?” o in generale domande apparentemente assurde ma che loro utilizzano non tanto per vedere se rispondi correttamente ma per vedere come ragioni.

Domande di questo tipo insomma, dove è davvero importante non inventarsi niente ed essere totalmente sinceri. Apprezzano molto la sincerità, quindi in generale il consiglio che do in questi casi è dire la verità nuda e cruda senza aver paura di essere giudicati, è una cosa che apprezzano moltissimo. Questo secondo me vale anche in Italia, la sincerità nei colloqui viene prima di tutto, ho fatto anche diversi colloqui mentre ero dall’altra parte del tavolo, dove ero io a dover valutare ed è facile capire quando una persona ti sta dicendo una cazzata.

È vero che nel primo colloquio per Londra non ti hanno preso?

Madonna se è vero, il primo colloquio che feci e la primissima azienda che contattai. Ricordo che mi scrissero su LinkedIn e non era neanche troppo grossa come azienda, ne famosissima. Quindi niente di impossibile. Ho toppato al colloquio tecnico, è stata una bella botta perché ho pensato “Ma n’do vado? Al primo colloquio segato totalmente alla parte tecnica!”.

Inizialmente mi sono un po’ scoraggiato, pero’ sono una testa dura quindi mi sono rimboccato le maniche e ho cercato di impegnarmi di più ed essere più attento. Infatti la cosa curiosa è che i successivi 8 colloqui li ho passati tutti, quindi mi sono trovato a poter scegliere l’azienda dove andare a lavorare. È un esempio perfetto per dire che nel lavoro ma in generale nella vita non bisogna mai fermarsi ai primi ostacoli o fallimenti. Bisogna essere determinati e proseguire verso la strada che tu credi sia giusta per te in maniera quasi ossessiva.

Ma dopo Londra che farai? Hai dei piani?

Diciamo che non mi sono mai dato una scadenza quindi non so quanto tempo resterò qui. Come rispondo sempre quando mi fanno questa domanda: mi sposterò fra 1, 5 o 30 anni. Il senso è che mi sto concentrando per raccogliere il più possibile da questa esperienza all’estero, che mi ha cambiato totalmente e mi sta dando tanto. Quando sentirò che il mio percorso qui è finito o non avrò gli stessi stimoli cambierò, come ho sempre fatto.

Hai un sogno nel cassetto?

Sono un pò scaramantico ma ve lo dico lo stesso: in futuro mi piacerebbe costruire e fondare qualcosa di mio e mi piacerebbe farlo prima in Italia, un pò per amore verso la mia nazione e un pò come sfida personale, considerando quanto è difficile fare impresa in Italia. Ma ogni volta che ci penso la sola idea mi spaventa, oltre al fatto che non mi sento in grado di creare una cosa del genere.

Mi piacerebbe prendere tutto quello che di buono ho visto nelle aziende in cui sono stato e metterle insieme, poi ovviamente serve l’idea giusta. Ma vi ripeto, è difficile e non so se lo farò mai, ma resta un sogno e sognare fa bene al cuore.

Se dovessi dare un consiglio a chi vuole intraprendere un percorso simile al tuo quale sarebbe?

La passione. Dovete avere passione. Vi dovete innamorare letteralmente di quello che fate. E come tutte le forme di amore è sempre un casino incredibile e ci vuole tempo e tanta, tanta, tanta pazienza.E poi dovete avere pazienza, ma mi sa che l’ho già detto, no?

L’errore che ho visto fare spesso a molti ragazzi è scegliere questo percorso perché “fa figo” o perché è molto richiesto dal mercato oggi, quindi spesso si pensa ai soldi e al guadagno, che è la cosa più sbagliata che possa esistere. Conosco molta gente che per questo motivo ha cominciato ma poi ha mollato.

Il consiglio che do a tutti quelli che vogliono o che stanno intraprendendo una strada simile è di non smettere mai di avere fame di conoscenza. Quello dello sviluppo software e della tecnologia in generale è un mondo che cambia quasi quotidianamente e stare al passo con i tempi è fondamentale.

Quindi questo ti porta a studiare sempre cose nuove per restare al passo. Se hai passione per questo mondo, non è una cosa che ti pesa. Al contrario, la vedi come una cosa affasciante; se non lo fai con passione tutto diventa pesante, ecco perché poi alcuni mollano.

L’altro consiglio che do è quello di non avere paura, all’inizio sembrava tutto davvero difficile anche per me, ma poi man mano è andata meglio.

L’ultima cosa che mi sento di dire per legarmi un po’ a quello che dicevo inizialmente è di non pensare ai soldi. Con questo non dico che dovete andare a vivere sotto i ponti o lavorare in un garage 24/7 come faceva Steve Jobs e Steve Wozniak. Dico solo che quando scegliete un’ azienda, fatelo senza dare troppo peso ai soldi. Scegliete l’azienda che vi fa divertire, che vi fa svegliare la mattina con il sorriso e che vi gratifica, personalmente e professionalmente.

Mi è capitato spesso di rifiutare proposte lavorative dove avrei guadagnato più soldi. Proprio quando ho fatto i colloqui qui a Londra ero stato preso da una azienda molto importante a livello mondiale che mi offriva più soldi, che probabilmente il 99% dei possessori di smartphone/pc l’hanno installata. Rifiutai perché non mi convinceva, sarei stato “uno dei tanti” e conoscendomi mi sarei annoiato dopo poco. Ho scelto altro perché per me è importante sentirsi parte integrante di un qualcosa e partecipare in maniera attiva, potendo dire la tua.

Con questo non dico che sono contro le aziende gigantesche, anzi, mi piacerebbe un giorno, però se le condizioni rispettano questo mio modo di vedere il lavoro.

Perché consigli ai ragazzi di intraprendere questa carriera?

Diciamo che in generale non è che lo consiglio a tutti. È una cosa che ti deve piacere, se non ti piace non ha senso consigliare ai ragazzi/e di intraprendere un percorso simile. Se poi ti piace questo mondo o lo sviluppo software, allora si. Sono dell’idea che nella vita fai bingo se ti svegli la mattina e ami quello che fai.

Quello che consiglio però, a prescindere dal settore o dal percorso di studi che uno sceglie, è di fare un’ esperienza all’estero, anche solo per qualche mese, perché ti cambia e vedi la vita in modo diverso. È una cosa che sentiamo spesso, ma finché non lo provi sulla tua pelle non riesci a comprendere quanto sia vera questa cosa.

Cosa faresti per San Giovanni Rotondo, cosa proporresti alla classe dirigente del nostro paese?

Io investirei sulle scuole e sui corsi di formazione. Penso che sia una cosa fondamentale e sembra banale da dire. Bisognerebbe cercare di coinvolgere ed invogliare di più i giovani in queste cose e renderle meno pesanti e meno un “obbligo”. La scuola, come la formazione in generale, è uno degli aspetti fondamentali per la crescita personale di ognuno di noi.

Mi fa anche strano scrivere queste cose oggi visto che a scuola ero un totale disastro.

Torneresti a San Giovanni Rotondo?

Ma ci torno spesso! Non posso stare lontano dalle orecchiette di Nonna per troppo tempo!
Battute a parte, è una domanda davvero difficile, perché il mio percorso mi ha portato a vivere in grandi città, quindi sono abituato alla vita delle metropoli.

Poi ad oggi, San Giovanni non ha realtà per poter fare il lavoro che faccio oggi, quindi mi troverei a lavorare principalmente da solo e a me piace confrontarmi e stimolarmi anche attraverso gli altri. Però ci torno spesso per staccare la spina, è il mio rifugio, poi ho i miei amici e soprattutto la mia famiglia.

San Giovanni è la mia bat-caverna, ogni volta che ci torno mi fa stare bene e il giorno della partenza sono sempre un pò triste.

Quali sono i tuoi hobby?

La fotografia, viaggiare e il gaming. Viaggiare e la fotografia vanno di pari passo, mi piace girare il mondo e negli ultimi anni ho preso un quantitativo spaventoso di aerei. Nei prossimi tre mesi sarei dovuto andare ad Edimburgo, Barcellona e Grecia. Ma il COVID-19 mi ha rovinato i piani. La fotografia mi piace appunto per immortalare questi momenti di viaggio e per avere un ricordo nel tempo, mi sono appassionato molto in questo ambito anche se sono agli inizi.

Il gaming poi è sempre stata una mia fissa da bambino, come molti. Gioco regolarmente, ultimamente a Call Of Duty su XBox con una banda di matti scatenati, siamo 10/12 circa ed è bello perché oltre al giocare in se, è un modo per passare del tempo insieme vista la distanza, oltre che a discutere di vari argomenti come cinema, musica, cose nerd, ricette schifose notturne super caloriche e tanto altro.

Il valore per te più importante?
Due che per me vanno di pari passo: la sincerità e il rispetto.

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