Di Alessandro Santarsiero
Anche quest’anno le donne hanno pagato un conto salatissimo in fatto di dignità e di vite umane, e la giornata del 25 novembre ci ricorda simbolicamente ciò che non vorremmo mai leggere o sentire, ossia degli omicidi, degli stupri, dei soprusi, delle offese, delle discriminazioni, e di tutto quanto sonocostrette a subire quotidianamente.
Se diamo un’occhiata ai dati diffusi dagli organismi internazionali e non solo ci rendiamo subito conto che il fenomeno non è mai in diminuzione, pur essendo in aumento il numero di denunce e di iniziative pratiche volte alla difesa delle donne stesse.
Mi sembra assurdo nel 2019 dover parlare di donne da difendere, da proteggere, da tutelare, ed è ancora più assurdo confrontarsi con la cronaca quotidiana, perché se leggiamo una qualsiasi pagina di giornale o di un social notiamo subito almeno una notizia al giorno messa in evidenza in merito, e così ci rendiamo conto che assistiamo ad una vera e propria escalation dell’orrore.
Ieri sera prima di preparare questa riflessione, raggelavo leggendo e guardando le foto di una ragazza americana che non ha più il labbro inferiore, strappato a morsi dal suo ex fidanzato (e stalker) nel tentativo di un bacio di addio, così da lasciarle “un ricordo indelebile per i suoi futuri fidanzati” avrebbe detto dopo mentre lo arrestavano.
Nei giorni scorsi invece abbiamo assistito allo scempio della giovane donna artista di strada rapita (pare dalla polizia), torturata, violentata e appesa a testa in giù dopo essere stata ammazzata, nel pieno di una repressione che in Cile sta toccando punte elevate di pericolosità dittatoriale.
Ma la violenza sulle donne non è solo violenza di genere ad opera di soli uomini, perché se pensiamo alle “madri” che vendono le loro figlie nemmeno adolescenti a promessi sposi adulti in molti paesi dell’Africa, o a quelle bambine che muoiono dissanguate perché le madri devono “onorare” il rito dell’infibulazione, o ancora alle ragazze cacciate di casa o massacrate di botte dai genitori solo perche lesbiche, allora capiamo che il problema è molto più vasto e antico di quanto noi pensiamo anche ad opera di donne stesse.
Allora ben vengano le manifestazioni, le scarpe e le panchine rosse nelle piazze, i centri di ascolto nelle città, i blitz notturni (come quello di stanotte proprio a San Giovanni Rotondo) con i manifestini funebri e i nomi delle vittime italiane, insomma tutto ciò che ci faccia riflettere ed educhi le generazioni future al rispetto per la donna a patto che la prima forma di rispetto nasca tra le mura domestiche, tra i banchi di scuola, nei posti di lavoro.
Una donna, che sia moglie o madre, compagna o amica, studentessa o lavoratrice, eterosessuale o lesbica, di sinistra o destra, è fondamentalmente e prima ancora di ogni.