Quella che pubblichiamo è la nota critica indirizzata dal Gruppo di Studio della Biblioteca di San Matteo alle principali istituzioni regionali, provinciali, e dei comuni interessate dal nuovo progetto sulla Via Francigena. Un progetto che, a detta degli scrittori, non rende giustizia alla storia del territorio.
Relazione_Piano di Valorizzazione del tracciato della “Via Francigena del Sud” e cartografia
Illustrissimi signori,
come Gruppo di Studio della Biblioteca francescana provinciale, del Santuario di San Matteo, c/o Convento dei Frati Minori a San Marco in Lamis, da più di vent’anni abbiamo affrontato le questioni storiche inerenti la cosiddetta Via Francisca o Francigena (talora impropriamente denominata Via Sacra Longobardorum). Siamo giunti alle conclusioni, ribadite e fatte proprie da tutti i più eminenti studiosi che si occupano di questo tema, che questa antica strada nella nostra regione ha conservato inalterato il suo percorso e la sua funzione.
In particolare per il tratto Micaelico che coincide con la Strada Statale 272 dalla Stazione di San Marco in Lamis a Monte Sant’Angelo, passando all’interno del comune di San Marco, ai lati della quale, nel Medioevo, sorse la cittadina.
Il progetto deniminato “Piano di Valorizzazione del Tracciato della via Francigena del Sud – Progetto esecutivo secondo stralcio “Infrastrutturazione leggera e segnaletica del tratto garganico”, presentato dai Comuni di S. Giovanni Rotondo (capofila), San Marco in Lamis e Monte Sant’Angelo, e promosso dalla Regione Puglia, vorrebbe creare un nuovo sentiero, alternativo, del tutto estraneo all’antico, e storicamente documentato, percorso della Via Francigena.
Fin qui nulla di strano. Ma quando si vuole attribuire a tale nuovo sentiero per camminatori il nome dell’antica strada Francigena, si fa un gravissimo torto alle popolazioni che abitano il territorio. Esse sono defraudate del loro patrimonio storico, le cui vicende sono incentrate, nel corso di molti secoli, proprio lungo questa importante arteria di comunicazione.
Mentre in altre regioni italiane, il fascio di vie denominate “francigene” è spesso abbandonato e talora perfino ignoto, tanto che solo di recente alcuni tratti sono stati ipoteticamente identificati, nel nostro caso, invece, cioè nel tratto garganico della Via Francigena, si tratta di un raro esempio di strada a continuità di vita. Da oltre 1500 anni questa strada continua ininterrottamente a svolgere la sua funzione di condurre viandanti e pellegrini verso il Santuario di Monte Sant’Angelo, passando per i comuni di San Marco in Lamis (con i suoi due Santuari di Stignano e San Matteo) e San Giovanni Rotondo. Questa strada è dunque costitutiva della loro storia, e della loro identità.
Tutti i testi antichi e moderni a nostra disposizione, come i documenti di proprietà delle abbazie medievali o gli itinerari dei pellegrini, attestano il passaggio della Via Francigena attraverso questi insediamenti. Inoppugnabilmente essi riportano perfino il nome della strada, quale Via Francesca o Francigena.
Un investimento di soldi pubblici, per tutelare veramente la memoria storica e il valore culturale dell’autentica Via Frangigena, dovrebbe farsi carico di preservare accuratamente e mettere adeguatamente in sicurezza il suo percorso storico, magari con la creazione di un sentiero ciclabile/pedonale, lungo la Strada Statale 272, analogamente a quanto si sta opportunamente facendo in altre regioni italiane.
Qui di seguito riportiamo una Nota di critica sul suddetto Progetto. A
TRACCIATO DELLA VIA FRANCIGENA DEL SUD
Cosa intende valorizzare veramente il “Piano di valorizzazione”?
Tutelare la memoria storica o inventarsi una nuova storia?
La lettura del Progetto esecutivo del Piano di valorizzazione del tracciato della VIA FRANCIGENA DEL SUD lascia molte perplessità. Si tratta di un progetto promosso dalla Regione Puglia, attraverso l’Agenzia Regionale del Turismo, e presentato dai comuni di San Giovanni Rotondo (capofila), San Marco in Lamis e Monte Sant’Angelo.
La prima cosa che si rileva è che tra la Relazione Generale e l’acclusa cartografia non esiste alcun rapporto coerente.
1. La Relazione, fatti i riferimenti generali, accenna al tratto garganico della Via Francigena richiamando alcune testimonianze di viaggiatori antichi: Mariano da Siena (1431), Gaugello Gaugelli (1463), Serafino Razzi (1576), Rituale di Ripabottoni (sec. XIX).
Le testimonianze che la Relazione non cita su questo tratto della Via Francesca o Francigena sono molto più numerose e coprono un arco di tempo che va dall’antichità romana fino all’epoca moderna, passando per il Medioevo — con l’accenno alla Cappella di Stignano contenuto in un documento del sec. XIV —, e i documenti bizantini di San Giovanni in Lamis e Gaugello Gaugelli da Pergola. Per l’epoca moderna, esiste una sconfinata letteratura contemporanea fatta di studi e di cronache.
2. Il nuovo sentiero proposto dalla cartografia è un itinerario completamente diverso da quello che la storia ci ha consegnato come Via Francesca o Francigena.
In base alle testimonianze citate dalla stessa Relazione, il sentiero ivi proposto risulta del tutto arbitrario e non risponde alle motivazioni sottese ai racconti dei personaggi che hanno percorso la Via Francigena e di cui si citano le opere.
3. Di conseguenza, oltre a non avere alcun fondamento storico, la proposta costituisce un evidente danno per le popolazioni e le istituzioni religiose che vengono a trovarsi private di una parte notevole della loro storia e identità, fino a non poter rendere ragione della loro stessa esistenza.
4. Del resto, si ricordi che il Consiglio d’Europa, mettendo in moto tutto questo lavoro, ha voluto sottolineare soprattutto il valore culturale della Via Francigena richiamato dalla bella espressione di Jaques Le Goff «una via di culture», per intendere le molte culture che hanno contribuito a fondare e coltivare la Via Francigena come luogo ideale di incontri costruttivi tra le popolazioni europee e dare seguito a quel processo di integrazione già iniziato da molti secoli.
Sorprende, perciò, che di tutta questa contaminazione culturale, poco o niente sia stato recepito dagli estensori della Relazione, e nulla indicato sulla cartografia acclusa. Ci si chiede se i proponenti abbiano mai visto i graffiti che documentano secoli di storia nella Grotta di San Michele, o cosa conoscano dei rapporti fra Via Francesca o Francigena, il Santuario di San Matteo e i transumanti, tanto per fare qualche esempio.
5. Entrando nel dettaglio ed esulando da “alte” questioni culturali, la proposta del nuovo sentiero arreca un grave danno alla città di San Marco in Lamis, letteralmente bypassata dall’itinerario. Questa cittadina garganica è ricordata solo perché nel suo territorio insistono due mete di pellegrinaggio che i promotori dello strano itinerario ricordano, ma collegano maldestramente: i Santuari di Stignano e di San Matteo. Infatti, essi sono lambiti da un “sentiero” che non attraversa San Marco e, quindi, salta tutti i segni che i pellegrini hanno lasciato lungo i secoli sul suo territorio (cappelle, sosta devozionale alla chiesa dell’Addolorata, nonché le testimonianze tardomedievali di un ospizio per pellegrini all’interno del medesimo paese).
La Relazione, tra l’altro, parla del tratto garganico della Via Francigena che costeggia il torrente Iana da Stignano a San Marco in Lamis fino al Santuario di San Matteo come di una strada attualmente inesistente e definitivamente consegnata al passato: (pag. 5, ultime righe) «la strada proseguiva» (oggi non più?) «lungo il corso del torrente Iana» e «la direttrice procedeva» (oggi no?) «parallelamente all’odierna S.S. 272».
6. Il sentiero proposto, infatti, traccia una suggestiva sequenza di deviazioni che qua e là toccano rapidamente la Via Francigena — corrispondente storicamente alla Strada Statale 272 — per poi costringere i viandanti a risalire in alto. Per esempio, dalla Stazione di San Marco in Lamis sono costretti a salire in alto a mezza costa, per poi ridiscendere a visitare il Santuario di Stignano. Fatto questo, di nuovo dovrebbero inerpicarsi per un ripidissimo sentiero che li porterebbe in cima alla montagna da dove, attraversata la strada San Marco-Sannicandro, arriverebbero in cima alla Valle della Faiarama. A questo punto, la comitiva dovrebbe scendere per giungere a San Matteo dove usufruire di un sintetico servizio “culturale”. E poi, di nuovo in alto, su per Monte Celano e Monte Nero, da dove, osservato il bel panorama del Tavoliere e del Golfo di Manfredonia, scendere alla Tomba di S. Pio. Attraversata San Giovanni Rotondo e fatti alcuni chilometri, la comitiva dovrebbe risalire sulla montagna posta alla destra della S.S. 272 e arrivare così alla chiesetta di Santa Maria degli Angeli donde discendere alla Grotta di San Michele.
7. In tal modo, anche Monte Sant’Angelo è privata ufficialmente della sua strada storica, posta in fondo alla Valle Carbonara e densa di segni coltivati dalle comitive devote e dei suoi tornanti che girano intorno all’ultimo tratto originale e tuttora inalterato della Via Francigena, il cui nome è stato abusivamente usurpato.
Ovviamente, questo scombinato Progetto ignora completamente le tracce storiche del passaggio della Via Francesca o Francigena, tra cui: gli angoli dove i pellegrini abruzzesi si scambiano la pace, il crocifisso dei sammarchesi, la Via della Costa che termina (sarà un caso?) proprio dove si conserva ancora il tronco inanimato dell’Olmo di S. Michele, di fronte all’antico ingresso longobardo al Santuario Micaelico, dove i pellegrini, ancora oggi, scagliano la pesante pietra della quale si son caricati all’inizio della Via della Costa. Questa strada è uno dei pochi tratti storici dell’antica Via Francigena che da 1500 anni è ancora in uso.
Conclusioni
A questo punto, perché dare il nome di Via Francigena, che è legato alla fondata memoria storica e supportato da coordinate geo-topografiche certe, e non invece indicare diversamente questo nuovo sentiero che vuole essere uno dei cammini «di straordinario interesse nei mercati turistici»?
E ancora, perché ridurre i santuari di Stignano, di San Matteo, di San Pio a San Giovanni Rotondo, e di San Michele a Monte Sant’Angelo a emergenze apprezzabili dai movimenti turistici, come fossero monadi sganciate dal loro contesto garganico e realtà di cui diventa difficile perfino comprendere le ragioni della loro stessa esistenza?
Il sentiero intitolato “via Francigena del sud”, non corrisponde al vero! Tutte le testimonianze storiche — che coprono un arco temporale che va dagli ultimi secoli del Primo Millennio, al tutto il Secondo Millennio, fino al presente Millennio —, parlano concordemente dell’uso continuo della Via Francisca o Francigena che coincide con l’odierno tracciato della Strada Statale 272 da Sansevero a Monte Sant’Angelo e con la sua funzione oggi ancora svolta: condurre viandanti dalle pianure dell’Alto Tavoliere fin dentro il Gargano interno e, fra questi, soprattutto, i pellegrini che a centinaia da secoli, percorrono questa medesima strada, fino al presente.
Ideare e costituire nuovi sentieri che permettano di ammirare i bei panorami del Gargano, che non è fatto solo di pellegrini e Santuari, ma anche di bei paesaggi, di prati fioriti, colorati e odorosi che allettano e richiamano un piccolo numero di valorosi camminatori in cerca di emozioni forti e sempre nuove e di spettacoli suggestivi, è un progetto meritorio. Ma non è corretto denominarlo col nome di una strada storica che, a differenza di altre regioni italiane, conserva ancora il suo tracciato antico. È questa, la S.S. 272 (cioè la sola e autentica Via Francesca o Francigena), che andrebbe accuratamente tutelata, messa in sicurezza e adeguatamente valorizzata, incluso il suo tragitto all’interno della città di San Marco in Lamis.