di Alessandro Santarsiero
Estate, tempo di vacanze, di viaggi o di mare sotto casa (per chi lo ha), di divertimento, insomma tempo di riposarsi e svagarsi come meglio si può e si crede.
Poche settimane fa, ho trascorso un piccolo periodo di ferie in Spagna, a Madrid e Barcellona e, di ritorno dal viaggio, facendo delle considerazioni con amici e familiari, ho espresso il pensiero che la Spagna é magnifica, molto simile per alcuni aspetti al nostro splendido Paese per i tratti mediterranei, ma anche molto libera nei costumi e nel modo di vivere, cosa che per me non é di secondaria importanza.
Spagna, paese libero. Ecco: libertà, questa é la parola chiave.
Vi siete mai chiesti cosa sia realmente la libertà e quanto conti nella nostra vita di tutti i giorni?
Vi siete mai domandati come la nostra vita e la nostra libertà siano cambiate dall’11 settembre 2001?
Pensateci bene, la mattina uscite, andate all’università o a lavoro, andate al bar, incontrate amici, andate a fare la spesa, prendete il sole, andate al cinema, al ristorante, a ballare, andate a pregare nel vostro luogo di culto, insomma fate tutte quelle cose normali che la vita di tutti i giorni ci consente di fare in un paese libero.
E se andando in giro un folle ci travolgesse come accaduto a Barcellona?
Se ad un concerto o in discoteca o al ristorante un folle iniziasse a sventagliare colpi di mitra? Le nostre vite sarebbero interrotte o compromesse per sempre dalla follia omicida di un singolo o di un gruppo di esaltati.
Può esistere mai ragione di credo religioso o politico tale da giustificare la carneficina a cui siamo ahimè, quasi abituati ad assistere con crescente frequenza?
Può mai essere ragionevole interrompere la vita di qualcuno con la stessa facilità con cui pigiamo un interruttore della corrente?
Ma in che mondo malato stiamo vivendo?
Sarò retorico, forse si, sarò scontato e patetico nel dirlo e ripeterlo, ma sono queste le domande che mi pongo ogni volta che vedo la faccia atterrita di un turista a terra che piange per il proprio ragazzo o la propria ragazza morta, o quando vedo lo sguardo di un bambino nel passeggino che aveva la sola colpa di essere portato a spasso dai suoi genitori, o quando leggo gli occhi ancora lucidi di chi piange per un amico col quale stava scherzando fino a quando un furgone bianco non gli é piombato addosso.
Non credo e penso che questa escalation criminale finirà così facilmente, ma la risposta da dare ad ogni tipo di forza intollerante e terroristica, prima ancora ed oltre quella militare e di forza che demandiamo ad ogni nostro Stato di appartenenza, é la perseveranza e la fierezza di continuare ogni giorno la nostra vita, magari con l’attenzione e l’accortezza di notare qualche dettaglio in più e magari di segnalarlo, ma continuando a muoverci liberamente e facendo ciò che ci piace di più.
Sto scrivendo questa mia piccola opinione nel mare magnum dei grandi politologi e strateghi internazionali e nostrani e, per convincermi di quanto sto scrivendo, lo sto facendo dal tavolino del bar di un lido balneare, scevro dal fatto che potrebbero arrivare in spiaggia (come successo di recente all’estero) terroristi che sparano sui bagnanti intenti a prendere il sole con le cuffiette nelle orecchie.
Poco di prima di partire, non ricordo bene chi, mi chiese se avessi paura nel viaggiare ai tempi d’oggi, ed io risposi dicendo che vivendo come un essere umano qualunque, non potevo smettere di guidare o prendere aerei, o lavorare o visitare posti nuovi per la paura di morire perché esercito la mia libertà di cittadino italiano, prima ancora che europeo o del mondo.
Facciamo come la penso io o dovremo piegarci a loro e smettere di fare ogni cosa e quindi di vivere?
Non dobbiamo e non possiamo fermarci, viceversa, almeno io preferirò morire cosi, ma fino alla fine Libero!