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18 Apr

IN SCENA LA “VIA CRUCIS” di LUZI PER I FESTEGGIAMENTI DEL CENTENARIO.

11 Aprile 2017
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Articolo di Matteo D’Apolito

All’attore e regista pugliese Michele Placido è stato affidato il compito di portare in scena la VIA CRUCIS del poeta e scrittore italiano Mario Luzi, evento che ha fatto parte del programma -ahimè misero- dei festeggiamenti del centenario dell’arrivo a San Giovanni Rotondo di Padre Pio da Pietrelcina.
Ad affiancare Placido, i fratelli Donato (nel ruolo del frate cappuccino) e Gerardo (nel ruolo di Pilato ed altri personaggi presi dai passi delle scritture della settimana santa) e l’attore Paolo Gattini (nel ruolo di narratore).
Hanno trovato spazio, all’interno della messa in scena i giovanissimi rappresentanti di diverse compagnie teatrali sangiovannesi e dell’istituto Magistrale Maria Immacolata, preparati e guidati da Christian Palladino e Rosa Merlino.
La serata si è svolta ai piedi della Via Crucis Monumentale, opera del Messina … quale location migliore, considerati i temi trattati.
Il pubblico, posizionato su sedie allestite a mo’ di platea sul sagrato antistante la via crucis, ha partecipato con attenzione allo spettacolo, tranne qualche sporadico viavai ed i soliti squilli di telefoni cellulari mai spenti – ma a San Giovanni siamo “abituati” ad un pubblico poco abituato e disciplinato-.

tre leggii posizionati in maniera piramidale, dai quali gli attori principali impersonavano il Cristo, al centro, e ai due lati Pilato, discepoli, e narratore.
Sulla sinistra un cappuccino, chino sul suo scrittoio, con alle spalle un crocefisso, capo coperto e mani nascoste da guanti, di tanto in tanto recita da controscena alle parole del cristo, poi prende la parola citando propri pensieri scritti in lettere rivolte ai suoi “figlioli”.
Altro ruolo importante, per il quale Luzi prende spunto sicuramente dai Vangeli della settimana santa, è quello del coro, inteso come tale non per l’impiego dal punto di vista musicale, ma come personaggio attivo della rappresentazione, tipico delle commedie e tragedie del teatro classico Greco.
Qui, i ragazzi impegnati , sono stati molto ben preparati a centrare soprattutto le intenzioni della folla che accusò il Cristo, prima di mandarlo a morte, tranne qualche piccolo ritardo nei tempi teatrali e qualche inflessione dialettale un po’ più marcata – ma ritengo che con una chiamata dell’ultimo secondo ed appena sei ore di prove il risultato sia stato più che soddisfacente-, nella scena , a volte , si capisce poco il testo ma molto ben curate le intenzioni e resa scenica nell’occupare gli spazi, come le scalinate laterali.
Placido disegna un Cristo tutt’altro che divino e serafico, – mio modesto parere, a volte troppo carico di inflessioni e di inquietudini da ultrasessantenne, che poco più che trentenne come lo era il Nazareno – ma uomo sofferente, pieno di domande che rivolge al Padre; un “Gesù fatto uomo” che nei versi di Luzi, per la prima volta esterna i suoi pensieri più intimi e profondi, in Parallelo con i versi del Padre Pio Cireneo molto ben reso, sia nell’accento campano che nell’intenzione da Donato Placido.
Convincente Gerardo Placido: dizione secca ed incisiva, severo e mai fuori personaggio, soprattutto nei panni del Pretore Pilato; un piccolo movimento delle mani, “gocciolanti d’acqua” a rappresentare la propria presa di posizione e il rifiuto verso una condanna a morte, ormai quasi certa, che si frappone tra due realtà, in un equilibrio diplomatico instabile.
Buono anche il ruolo di narratore di Polo Gattini (un tempo lo si sarebbe chiamato Historicus), centrato all’interno della storia come intensità vocale e ritmo, ma sempre esterno, tipico del ruolo.
In alcuni casi, la scelta di brani musicali che facevano da colonna sonora o da ponte tra le scene, credo sia stata poco ragionata, considerando la tensione e la resa drammaturgica, come ad esempio nel monologo di Cristo, prima della terza caduta sulla strada verso il Golgotha: una pagina di pathos e drammaticità tangibili, difficilmente comprensibili perché accompagnate dalle note del concerto per chitarra e orchestra di Aranjuez, brano del compositore Joaquin Rodrigo, straordinariamente malinconico ma poco consono ad accompagnare quel momento teatrale, il quale ha rischiato di distogliere l’ascoltatore medio, e non, dal vero significato del monologo stesso.
Alla fine il pubblico ha accolto la rappresentazione con applausi moderati ma abbastanza convincenti .
Si chiude così un’altra pagina della programmazione – se tale si può chiamare- dei “festeggiamenti anonimi e disorganizzati” di un centenario, per il quale era previsto un anno intero di attività culturali incentrate sulla figura del Santo di Pietrelcina, che ormai giunge al termine, e del quale, quasi sicuramente, non si tramanderà notizia alcuna.

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