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19 Mar

Benvenuto Santità nella mia terra

di Michele Illiceto

Benvenuto Santità nella mia terra. Sul nostro Gargano, dimora di S. Pio e della Sacra Montagna dell’Arcangelo, Lei viene a portare il coraggio di una fede militante, di una carità che affronta l’inerzia e di una speranza che forza il tempo morto del nostro presente annoiato. Lei viene a sconvolgere la nostra mondanità spirituale, i facili compromessi e le nostre ipocrisie.

Non posso dimenticare le sue parole che ci invitano ad essere cristiani che sanno uscire dal tempio per andare verso la gente: “La Chiesa in uscita è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano. “Primerear – prendere l’iniziativa”: vogliate scusarmi per questo neologismo. La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr 1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva. Osiamo un po’ di più di prendere l’iniziativa! Come conseguenza, la Chiesa sa coinvolgersi” (Francesco, Evangelium gaudium, n. 24)

Venga a renderci chiesa ospitale che sia capace di essere più una locanda che una dogana, un ospedale da campo e non un’agenzia del sacro che per troppo amore di Dio si dimentica di amare l’uomo.

Il suo monito mi rimbomba ancora dentro: “preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc 6,37).” (Francesco, Evangelium gaudium, n. 49)

Che la sua venuta ci possa non tanto consolare, ma risvegliare dal sonno di chi pensa di avere Dio in tasca; di chi ama l’incenso più dei porcili dove Lui viene offeso ogni volta che una persona viene calpestata nella sua dignità. Nei luoghi dove Dio è confinato nell’oppressione e nello sfruttamento, nel lavoro nero, nel lavoro che non c’è, nei poteri che abusano delle debolezze di chi è caduto in rovina o perché non ci arriva.

La sua visita, Santità, serva per liberarci da una religiosità fatta di apparenze e di arrivismi, di maschere e di scambi, di calcoli e di pianificazioni sterili. Questo pericolo Lei ce lo ha messo davanti agli occhi: “La mondanità spirituale, che si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa, consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana ed il benessere personale. È quello che il Signore rimproverava ai Farisei: «E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?» (Gv 5,44). Si tratta di un modo sottile di cercare «i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo» (Fil 2,21). Assume molte forme, a seconda del tipo di persona e della condizione nella quale si insinua. Dal momento che è legata alla ricerca dell’apparenza, non sempre si accompagna con peccati pubblici, e all’esterno tutto appare corretto. Ma se invadesse la Chiesa, «sarebbe infinitamente più disastrosa di qualunque altra mondanità semplicemente morale” (Francesco, Evangelium gaudium, n. 93).

Venga, Santità, e ci insegni a “intravedere il vino in cui l’acqua può essere trasformata, e a scoprire il grano che cresce in mezzo della zizzania” (Francesco, Evangelium gaudium, n. 84).

Ci venga a ricordare che “siamo chiamati ad essere persone-anfore per dare da bere agli altri. A volte l’anfora si trasforma in una pesante croce, ma è proprio sulla Croce dove, trafitto, il Signore si è consegnato a noi come fonte di acqua viva. Non lasciamoci rubare la speranza!” (Francesco, Evangelium gaudium, n. 86).

Ci aiuti a superare le divisioni tra noi. Lei ci ha invitato a fare questo difficile passo senza il quale non saremo credibili: “Chiediamo al Signore che ci faccia comprendere la legge dell’amore. Che buona cosa è avere questa legge! Quanto ci fa bene amarci gli uni gli altri al di là di tutto! Sì, al di là di tutto! A ciascuno di noi è diretta l’esortazione paolina: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rm 12,21). E ancora: «Non stanchiamoci di fare il bene» (Gal 6,9). Tutti abbiamo simpatie ed antipatie, e forse proprio in questo momento siamo arrabbiati con qualcuno. Diciamo almeno al Signore: “Signore, sono arrabbiato con questo, con quella. Ti prego per lui e per lei”. Pregare per la persona con cui siamo irritati è un bel passo verso l’amore, ed è un atto di evangelizzazione. Facciamolo oggi! Non lasciamoci rubare l’ideale dell’amore fraterno!” (Francesco, Evangelium gaudium, n. 101).

Benvenuto Santità! E speriamo che la sua venuta non si riduca solo ad un evento di facciata. Un evento mediatico del quale, una volta finito, non rimane nulla.

Benvenuto Santità!

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