È morto lunedì sera, all’età di 86 anni, nella sua stanza dell’infermeria provinciale dei Frati Minori Cappuccini, annessa al convento di San Giovanni Rotondo, fr. Eusebio Notte da Castelpetroso (IS), che stabilì un rapporto di profondo affetto filiale e grande confidenza con Padre Pio, instauratosi dal 1961 al 1965, periodo in cui ebbe l’incarico di assistente personale dell’anziano Confratello.
Rimasto orfano di madre all’età di quattro anni, Nicola Notte (questo era il suo nome di battesimo) fu di fatto allevato dalla zia paterna insieme al fratello maggiore e alle quattro sorelle. Fu proprio lei, donna molto pia, a convincere quel ragazzo turbolento non solo a frequentare la chiesa, ma anche a imparare a servire la Messa, con la promessa di un viaggio premio a un vicino santuario. Qualche anno dopo, uno dei militari italiani che si ritiravano dal fronte dopo l’armistizio del 1943 fece tappa a Castelpetroso. Era professore di musica e anche un buon cristiano. Cominciò a suonare in chiesa, poi formò un coro di ragazze. Tra queste c’erano le sorelle di Nicola, che spesso rimaneva incantato a guardare le prove. Il padre colse la propensione e concordò col maestro una serie di lezioni a pagamento. L’allievo prometteva bene. E quando il professore, trascorsi due anni, si rimise in marcia verso la sua Verona, il ragazzo era già in grado di sostituirlo alla tastiera dell’organo durante le celebrazioni. Un giorno, in occasione di un’ordinazione sacerdotale, arrivò in paese la schola cantorum degli studenti cappuccini di teologia di Campobasso. Le loro voci, il loro abito, le barbe, i piedi scalzi colpirono Nicola che, quel giorno stesso, a pranzo, disse al padre: «Io mi voglio fare monaco». E che questa sia stata la sua salvezza lo avrebbe confermato, anni dopo, Padre Pio.
«Stando a San Giovanni Rotondo da parecchi giorni, reduce del mio soggiorno in Inghilterra e in Irlanda, per imparare l’inglese – ha scritto fr. Eusebio in un suo libro di memorie – cercai di organizzarmi per smaltire il mio gravoso compito di rispondere alla corrispondenza inglese: oltre mille lettere alla settimana. Ma il mio sogno era quello di andarmi a confessare da Padre Pio. Un pomeriggio mi recai in sacrestia, dove il Padre confessava gli uomini, per rendermi conto di quale era la situazione, e notai con spavento che i frati e i preti che rimandava senza assoluzione non erano pochi. Mi vedevo anch’io tra quelli! Per scongiurare questo pericolo, decisi di raggirarlo, andandomi a confessare prima da un altro sacerdote. Con onestà dico che non avevo nulla di eclatante da nascondere a Padre Pio, ma i santi scoprono le macchie pure nella luce, ecco perché volli mettermi al sicuro. Oltretutto, io dovevo vivere con Padre Pio nello stesso convento: un trattamento del genere, anche se segreto, avrebbe turbato i nostri rapporti di fraternità. Dopo la confessione da un altro confratello, feci passare i quindici giorni richiesti da Padre Pio, durante i quali vissi come un angioletto, non per paura del Signore, ma di Padre Pio, e poi mi recai in confessionale per la riconciliazione. Premetto che Padre Pio mi vedeva solo a refettorio per il pranzo, insieme con gli altri confratelli, o qualche volta ci incontravamo per i corridoi. Quindi, conoscenza diretta: zero. Tremante e madido di sudore, feci la mia confessione: un’accusa fatta di nulla, dal momento che, come ho detto, avevo cercato di evitare anche il più piccolo peccato.
Terminata l’accusa, il Padre indugiava a parlare. Provai ad alzare lo sguardo, e vidi che egli abbozzava un leggero sorriso. La paura si cambiò in stupore. Finalmente prese la parola e disse: “Uagliò, dimmi una cosa. Ma tu hai mai ringraziato il Signore che ti sei fatto frate?”. Al che io: “Padre, non ci ho pensato!”. E lui: “Pensaci e ringrazialo il Signore, perché se non ti facevi frate saresti uscito un delinquente!”» (E. NOTTE, Padre Pio e padre Eusebio, Foggia, Grafiche Grilli, 2008, pp. 35-37).
Nicola Notte ha vestito l’abito cappuccino il 18 luglio 1950, ha emesso la professione temporanea il 19 luglio 1951 e quella permanente il primo agosto 1954. È stato ordinato sacerdote il 21 luglio 1957 ed è divenuto professore di tanti seminaristi. Due di loro sono divenuti vescovi: monsignor Rosario Pio Ramolo e monsignor Angelo Spina. Ma, grazie alla sua eloquenza e alla simpatia che riusciva a suscitare, è stato anche un ricercato predicatore, soprattutto dopo la morte di Padre Pio, che ha trasformato fr. Eusebio in testimone privilegiato della sua santità.
Nei cinque anni in cui è stato l’assistente personale del Confratello stigmatizzato, fr. Eusebio non solo ha cercato di svolgere al meglio il suo compito, ma è divenuto amico e confidente di Padre Pio, condividendone sacrifici e sofferenze nel periodo immediatamente seguente alla visita apostolica di monsignor Carlo Maccari. Il futuro Santo, però, ha saputo ricompensarlo per la sua dedizione, andando oltre ogni aspettativa. Lo ha ammesso lo stesso fr. Eusebio il 21 luglio 2007, durante la Celebrazione Eucaristica giubilare per il suo cinquantesimo anniversario di sacerdozio, svoltasi nella chiesa conventuale del Sacro Cuore di Isernia: «Un bel giorno nel vedere che qualche sacrificio lo facevo, con le lacrime agli occhi (Padre Pio n.d.a.) mi disse: “Figlio mio, quanti sacrifici fai per me! Però ricordati: tu pensa a me ed io penso a te”. Lo dico dall’altare, ha mantenuto la parola. Per me, per i miei e per quelle persone che ho raccomandato a lui». E in chiesa era presente un esempio vivente di questa protezione. Nel libro autobiografico che ha consegnato come “bomboniera” a tutti i presenti, il cappuccino di Castelpetroso ha raccontato, tra l’altro, un episodio accaduto quando era seminarista a Pietrelcina: «Dopo qualche tempo venne a trovarmi mio padre e portò con sé anche una sorella, la quale era contraria che io mi facessi frate. “Son venuta a prenderti”, mi disse. Padre Atanasio li fece fermare qualche giorno, per vedere che vita facevamo… Conclusione: mia sorella non solo non volle portarmi più con sé, ma restò conquistata lei stessa. Tornò qualche altra volta a parlare con padre Atanasio e alla fine la decisione: “Papà, voglio farmi suora”». La vocazione fu sottoposta anche al giudizio di Padre Pio che le disse: «Sì, sì, va’ figlia mia e vedrai che ti troverai bene» (cfr. E. NOTTE, Padre Pio e padre Eusebio, pp. 67-68). Il 21 luglio 2007, in prima fila nella chiesa del Sacro Cuore di Isernia, c’era suor Clara Notte, stimmatina, a gioire con il fratello per il cinquantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale.
Il convento di Isernia è stato l’ultima tappa del ministero sacerdotale di fr. Eusebio, interrotto da una serie sempre più invalidante di ictus ischemici, che lo hanno costretto a muoversi su una sedia a rotelle e che gli hanno tolto progressivamente la memoria e la lucidità mentale, inducendo i superiori a trasferirlo presso l’infermeria provinciale di San Giovanni Rotondo, dove è morto poco dopo le 22,40 del 5 febbraio scorso.