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21 Nov

Mi manca il negozietto di generi alimentari del quartiere, il suo profumo di pane e di mortadella e Carolina che fa il conto della spesa sulla carta marrone del pane, con la sua bic azzurra e gli occhialoni che scendono sul naso.                                                     

Mi manca l’odore del Bar degli Olmi la domenica mattina – un mix di caffè e cioccolato appesantito dal fumo di sigaretta – quando dopo la messa andavamo a spendere ai videogiochi quei pochi spiccioli racimolati durante la settimana per sognare di battere il mostro o sperare di finire finalmente il quadro. Mi manca raccogliere i confetti lanciati per la strada per festeggiare un matrimonio, i ghiaccioli di Biasino e le mani appiccicose al sapore di fragola o limone, il profumo dello zucchero filato alla festa di Santa Maria, le corse vertiginose sul muro di cinta della Melchionda, le scorte di miniciccioli al Bar Sottozero e le fontanelle con le miccette rosse e verdi, le discese a rotta di collo sugli “scivoli” ai lati della scalinata della Chiesa Madre, le passeggiate in piazza Padre Pio durante Carnevale, quando vestiti da Punk e tutti strappati e scarabocchiati ce le davamo con i bastoni di plastica a forma di clava.                                                                                                                       

Mi mancano i cartoni del tabacchino da Michelangelo traboccanti di colorati supertele, tango e arancionissimi supersantos, gli allenamenti nel campo polveroso dell’Itca, l’odore di resina e gli sguardi benevoli di Matteo Malerba, le mie prime scarpette cinghiale, il calore della tuta rossa e blu della squadra ed il rombo del furgone azzurro nelle memorabili trasferte sulle strade tortuose del Gargano.                                                                                                                           

Mi manca il profumo di riviste e giornali dell’edicola “in mezzo al Corso”, l’emozione di scartare un pacchetto di figurine panini, i “ce l’ho” e “mi manca”,               la calca di bambini davanti l’edicola, le sfide a uomo-donna e a soffietto per sperare di vincere qualche nuova figurina da attaccare all’album, le corse pazze in bicicletta dalla discesa della 167, le pedalate d’estate alla Principessa e a Pantano, le gazzose e l’orzata fresca, i ghiaccioli fatti in casa e le big babol panna e fragola.

Mi manca il fresco del centro storico e la luce della domenica mattina che si riflette sulle chianche rosate, il tintinnio delle posate all’ora di pranzo ed il profumo di ragù che diffonde nei vicoli, la magia della fanoja di San Giuseppe, le avventure in montagna per trovare le frasche e la legna da ardere, l’afrore penetrante dei rami secchi di pino che bruciano, le dita colorate di viola e le more succose raccolte in estate, le roventi giornate senza ombrellone passate con gli amici al mare di Manfredonia da raggiungere su vecchi autobus Sita, la salsa da fare in casa ed il profumo di mosto a settembre tra le stradine del paese.

Mi manca l’odore unico della casa dei nonni e gli intensi profumi di cuoio e di vernici nelle botteghe del calzolai e dei falegnami, i flipper, i trampolini da costruire e le piste da percorrere, le scatole di cartone che diventavano casette per uccellini feriti, le passeggiate nelle campagne intorno al paese a raccogliere mandorle e fichi,                le partite interminabili a pallone ed il “chi segna vince” finale, la Tedesca, Le sette pietre, Un e la lir, Scaricabarile e l’eroico salva-tutti a nascondino.  

Mi manca il ritorno delle milanesi e delle francesi ad agosto, le mani intrecciate e le promesse di eterno amore, i palloncini pieni pronti ad esplodere nelle battaglie dei gavettoni, l’acqua fresca che sgorga dalle fontane del centro storico dopo le corse sotto il sole bollente di mezzogiorno, Totò Schillaci e il profumo delle notti magiche di Italia 90, Roby Baggio, i mondiali del 94 e le lacrime di una nazione.                                                                                     

Mi mancano le traiettorie studiate alle biglie, i soldatini, le cabine telefoniche e i gettoni che valevano 200 lire, le scuole chiuse per neve e le scivolate dal Travaglio con le buste nere o con dei coperchi di fortuna, l’eccitazione per una cartolina ricevuta e la febbrile attesa del rullino della gita da sviluppare.                                                                                                                                                 

Mi manca il mio primo cellulare e la gioia di ricevere quello squillo tanto atteso,               le interrogazioni salva anno di giugno, la tosse e i primi tiri incerti di sigaretta dietro le poste, i primi baci furtivi, i giri sul Sì e le impennate da brividi con l’F10,                  “le compagnie” che si allargano e i corpi che si stringono, il gioco della bottiglia e le bottiglie da Bambina, nuovi amori che sbocciano, i salassi in montagna e le firme da falsificare sul libretto verde delle assenze.                                                                                          

Mi mancano le partite a calcetto da Nerone e da Ncinedd,  i pomeriggi passati in due sugli scooter e i compiti da rimandare, i derby al campo da Sapone, le partenze in salita da neopatentato a Corso Matteotti e in cima a via De Gasperi, i veglioni di scuola e le feste al Koxo, le birre sotto i portici e il desiderio di andare a studiare fuori, il giro di legge da Piattino e l’ultima sigaretta da steccare al Mercato prima di tornare a casa, la fragranza dei tigli alla festa di San Giovanni, il tiro a bersaglio e i lividi sulle macchine da scontro.                                                                                                    

Mi manca la spensieratezza dell’infanzia dai cieli azzurri e le sue corse infinite, l’adolescenza con le sue avventure da fare e la vita da scoprire, le promesse della giovinezza e la voglia di essere grande, quella tenera ingenuità e il desiderio di scoprire il mondo ed il senso della vita, quando brillo di vino e di sogni percorrevo ignaro il mio ultimo giro di villa. 

Donaz Cassano

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