Il sindaco gli consegna le chiavi della città, il vescovo degli ultimi si commuove.
LECCE – “È proprio vero che l’età gioca brutti scherzi”. L’arcivescovo di Lecce, Domenico D’Ambrosio, cerca di riprendersi con una battuta dalla commozione che lo costringe a interrompere il suo intervento di ringraziamento in occasione della consegna delle chiavi della città da parte del sindaco, Carlo Salvemini.
Giunto per limiti di età al termine della sua esperienza episcopale, D’Ambrosio sta per ritirarsi a vita privata a San Giovanni Rotondo. Al suo posto si insedierà monsignor Michele Seccia. I consiglieri comunali, a differenza della seduta dell’assise cittadina di ieri, oggi sono più o meno tutti presenti. Le divergenze politiche e i tatticismi restano per una volta fuori dall’aula, in ragione di un omaggio verso la guida spirituale della comunità che molto più di altri poteri terreni ha saputo e voluto disvelare le varie forme di povertà spesso nascoste sotto il tappeto del perbenismo borghese e leccese e affermare con rigore la necessità di farvi fronte con politiche sociali più incisive.
Davanti alle autorità civili e militari D’Ambrosio ha esortato, in pieno spirito francescano, a non aver timore delle differenze, a non cercare di proteggere le proprie piccole grandi certezze ignorando il disagio e le richieste di aiuto, a non puntare il dito sul più debole per mascherare le proprie paure. L’arcivescovo uscente lascia a Lecce il solco profondo di una differenza di modi e di pratiche rispetto al suo predecessore, Cosmo Francesco Ruppi, molto più simbiotico con i poteri silenziosi, barocchi e ramificati della città.
Il sindaco Salvemini ha reso omaggio al vescovo affermando che la sua condotta sobria e fattiva ha avvicinato l’istituzione religiosa e quella civile nella comune consapevolezza di una missione pubblica. La cerimonia è stata aperta dall’intervento della presidente del consiglio comunale, Paola Povero, e dopo le parole del primo cittadino è toccato a D’Ambrosio l’atto conclusivo, sugellato dalla consegna delle chiavi realizzate da Stefano Sambati e dal dono di un quadro che lo stesso vescovo ha voluto fare alla città: un dipinto al quale è molto affezionato, che raffigura una paesaggio di Peschici, sua città natale.
Durante il suo discorso si è interrotto anche una seconda volta D’Ambrosio, confuso dall’emozione di una vicinanza sincera che evidentemente ha avvertito in città, lontano dai riflettori delle cerimonie dove i salotti si autocelebrano. Non è stato benvoluto da tutti, questo è certo, perché le esperienze di rottura col passato, come è stata la sua, generano sempre sospetti e diffidenza, anche nella stessa comunità ecclesiastica allargata.
Dopo una proroga chiestagli direttamente dal pontefice nei mesi scorsi, adesso è davvero arrivato il momento dei titoli di coda. È stata una storia che vale la pena di raccontare quella di Domenico D’Ambrosio, senza retorica, perché non gli piacerebbe, ma con la consapevolezza di aver provato a infondere speranza e coraggio in una città accartocciata su se stessa e su meccanismi di autoconservazione, che significano anche conservazione delle differenze sociali che garantiscono status da passerella a chi vive al piano superiore e obbligo della dipendenza dal favore e dal potere volgare a chi bazzica i bassifondi. Come sanno il vescovo e lo stesso sindaco eletto in primavera, Lecce è molto oltre quella che appare nelle cartoline.
E non appare certo un caso che nel passaggio conclusivo D’Ambrosio si sia congedato così: “A voi, responsabili nella guida e nel servizio alla comunità, Signor Sindaco, Consiglio Comunale, Giunta, il mio augurio perché la nuova pagina che avete incominciato a scrivere non si interrompa ma continui nel dialogo rispettoso e franco, a servizio e per la promozione del bene comune. Che il patrimonio dell’arte e della bellezza unica della nostra città, sia salvaguardato, promosso e offerto ai fruitori del bello. Che il vostro stare tra la gente servendola e ascoltandola, sia la fatica delle vostre giornate e la realizzazione del vostro programma”. A pochissimi giorni dall’atteso pronunciamento del Consiglio di Stato sulla vicenda del premio di maggioranza, che il Tar Puglia ha sottratto al sindaco dopo aver valutato i ricorsi del centrodestra, sono parole certamente inconsuete, dato il ruolo, ma altrettanto definitive.
Fonte lecceprima.it