Il complesso denominato Villa Rosa è ubicato nell’omonima contrada, confinante con via Scaloria e la
strada provinciale 57, nei pressi del comune di Manfredonia.
La Villa fu costruita nel 1928, per volere del cavalier D’Onofrio Vincenzo, nato a Foggia nel 1887,
come omaggio a sua moglie Rosa Longo, alla quale venne dedicata. La costruzione fu progettata dallo
stesso d’Onofrio e portata a compimento nel 1940, quando la moglie Rosa era ormai scomparsa
prematuramente nel 1935.
D’Onofrio fece installare una lapide in sua memoria all’interno della villa, esattamente nel salone
d’ingresso, una vera e propria dedica d’amore nei confronti della nobildonna.
“PER TE
O MIA ROSINA QUESTA VILLA CHE TUTTA LA MIA VITA
ORMAI RINSERRA, IO VOLLI PROGETTARE E COSTRUIRE.
DISAGI, AVVERSITÀ, VIOLENZE INFAMI NON VALSERO A FERMARE IL MIO CAMMINO
PIÙ FORTE FU LA FEDE PIÙ FORTE ANCOR L’AMORE:
VINSI!
E LA TUA REGGIA ALFIN DAL SOL BACIATA,
DA MILLE E MILLE PIANTE PROFUMATA,
BRILLO` SU QUESTA ARIDA PIETRAIA.
MA TU LA MIA FATICA COMPIUTA NON VEDESTI !
DAL CIEL MI SORRIDESTI E IL TUO SORRISO
FU TUTTO IL PREMIO CH’IO AVEA SOGNATO
1940 – XVIII”
Il cavalier D’Onofrio era proprietario di un fondo agricolo nei pressi della cittadina di Manfredonia, si
trattava di un terreno inizialmente incolto e dedicato al pascolo, una “pietraia” come egli stesso lo
definisce nella dedica alla moglie. Vi piantò alberi d’ ulivo, mandorli e alberi da frutto, tra i quali il
pesco che produceva una particolare qualità denominata “pesche di villa Rosa”, e vigneti.
Trasformando il terreno da prato, a ricco di coltivazioni al centro del quale fece erigere la villa in un
punto panoramico che gli permettesse di godere della vista sul golfo di Manfredonia.
La famiglia D’Onofrio Fortunato e il figlio Vincenzo, ricchi commercianti di grano, avevano
acquistato nel 1911, assieme a Michele Longo di Foggia (padre di Rosa Longo) un pastificio a
Manfredonia. Nella cittadina dopo l’Unità d’Italia operavano 15 mulini che per la molitura del
grano utilizzavano il sistema a trazione degli animali. I nuovi proprietari però, ingrandirono il
complesso alimentare sviluppando tecniche più moderne per la produzione della pasta.
Nel 1912 i D’Onofrio si trasferirono definitivamente a Manfredonia. Vincenzo che nel frattempo aveva
sposato Rosa la figlia di Michele, si dedicò con passione all’amministrazione dell’importante pastificio
che diverrà in breve tempo il più rinomato in Capitanata. Egli in seguito, ingrandì i padiglioni rendendo
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il mulino considerato il più prestigioso per la produzione della pasta del meridione e apportò inoltre, in
esso procedimenti all’avanguardia. D’Onofrio diede per anni lavoro a centinaia di persone. Fiore
all’occhiello della produzione la “Pasta Sovrana” fu nel tempo conosciuta e apprezzata su tutto il
territorio nazionale per la sua bontà. Il 15 dicembre 1950, un violento incendio (causato
dall’autocombustione del grano) distrusse parzialmente il complesso alimentare sipontino. Il cavaliere,
riuscì lo stesso a continuare l’attività limitandola al pastificio e allo stesso tempo iniziò anche la
ricostruzione del molino che però non riuscì a portare a termine, essendo deceduto nel 1964.
Il 31 dicembre 1966, il molino-pastificio, che aveva avuto dopo l’incendio, travagliata gestione, cessò
l’attività e gli eredi del pastificio si videro costretti a mettere in liquidazione tutte le maestranze e gli
impiegati.
A D’Onofrio Vincenzo, appassionato di musica sin da bambino, va riconosciuto anche il merito di aver
promosso a sue spese, nel 1928 la fondazione di una orchestra, composta all’inizio da 15 musicisti,
riuscì l’anno successivo a portarla a un numero di 60 elementi (metà musicisti manfredoniani e metà
foggiani) trasformandola in una orchestra filarmonica, diretta dal famoso Maestro di Foggia, Umberto
Tucci e tenendo per alcuni anni esibizioni nell’area esterna del mulino
Vincenzo D’Onofrio fu anche autore di canzoni durante il periodo fascista e di un’opera lirica intitolata
“Rosanna”, il cui manoscritto musicato dal Maestro di banda Gioacchino Baldini, è andato perduto.
Nel corso della seconda guerra mondiale, Villa Rosa fu requisita dagli Alleati, quale distaccamento del
comando americano. Va ricordato, altresì, che successivamente, dopo il suo acquisto, fu donata dal
Vescovo Cesarano al Comune di Manfredonia.
L’accesso alla Villa avviene tramite un viale delimitato da muretti a secco costeggiato da alberi di ulivo.
L’impianto principale (p.lla 374) è simmetricamente articolato in tre elementi. I volumi laterali
corrispondono a locali destinati alla lavorazione dei prodotti agricoli e a deposito/magazzino,
centralmente si innalza la vera e propria Villa il cui prospetto principale è rivestito da mattoni in
laterizio facciavista di colore rosso.
Al portale d’ingresso si accede attraverso una scalinata ricurva e la facciata è scandita dalla presenza di
modanature, cornici e lesene che terminano con degli elementi sferici. Gli elementi decorativi sono
realizzati in laterizio e in corrispondenza delle aperture superiori è presente un’iscrizione riportante “
VILLA ROSA ANNO XV”. Centralmente le aperture sono costituite da archi in stile “orientale”.
Antistante la Villa si dispone un piazzale al di sotto del quale si trova un volume seminterrato destinato
a stalle.
Il prospetto nord-ovest, corrispondente al retro della Villa, assume un aspetto differente dal principale
nei colori e nello stile. Da questo prospetto si evince uno stile Neogotico, con archi a sesto acuto,
elementi turriti e merlature. Qui i mattoni in laterizio lasciano il posto ad una colorazione grigia.
All’interno della Villa, l’ingresso principale si articola in un ampio foyer con soffitto in cemento
cassettonato e decorato da festoni. Il trattamento del soffitto resta invariato per le stanze attigue. Gli alti
portali in legno, presenti anche al secondo piano, riportano le forme tipiche dell’architettura razionalista
di epoca fascista. Dal foyer, una scalinata curvilinea conduce al blocco centrale del secondo piano della
Villa, passando dal piano ammezzato dal quale si accede al giardino posteriore. Nelle sale al secondo
piano i soffitti sono decorati con stucchi. Le pavimentazioni sono in cementine con cornici che variano
in forma e colore di stanza in stanza.
Dagli opposti affacci dei due prospetti si colgono due paesaggi differenti: dal prospetto principale si
apre la vista sul golfo di Manfredonia mentre sul retro si scorge il massiccio roccioso del promontorio
del Gargano.
Poco distante, si scorge un corpo di fabbrica che si distingue dal resto della struttura per la semplicità di
forme. Esso nasce come alloggio del custode e degli operai. Da tale volume, dalla pianta quadrangolare,
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si sviluppa un recinto il cui ingresso è caratterizzato dalla presenza di due colonne trapezoidali.
Circoscritta all’interno del recinto è ubicata una stalla ai cui lati si innalzano due torrette cilindriche
dotate di colombaia, mentre il corpo centrale è decorato da merlature (p.lla 184).
Dalla commistione di stili architettonici, in equilibrio tra loro, presenti in questa struttura, ne evince uno
stile Eclettico di cui questa Villa rappresenta uno dei pochi esempi presenti sul territorio.
Alla luce di quanto sopra esposto, Villa Rosa sita nel comune di Manfredonia costituisce una notevole
testimonianza dell’edilizia storica locale e pertanto si ritiene che rivesta interesse storico architettonico
particolarmente importante ai sensi del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n 42 e successive
modifiche e integrazioni.
Bibliografia di riferimento:
A. FERRARA, Manfredonia, notabili e palazzi tra vita e arte, Foggia 1980;
M. MAGNO, Cronache manfredoniane dall’unità d’Italia alla dittatura fascista, Roma 1994;
https://www.statoquotidiano.it
https://fondoambiente.it/luoghi/villa-rosa-manfredonia?ldc
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Arch. Anita GUARNIERI
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