Di Salvatore Sassano
E poi l’altro carnevale, fatto di poco ma non meno divertente Non c’era l’ansia o lo stress del costume più bello o dell’imminente sfilata, c’era la voglia di dare sfogo a tutto quello che ti passava per la testa, complice l’aria sbarazzina e inibita del periodo carnascialesco.
E allora li cince, che poi erano indumenti non più usati dalle mamme, dalle nonne.E si perché, la prima cosa che ti veniva in mente era quella di vestirti da donna.
E lo facevano in tanti.
Peli orrendi che fuoriuscivano da calze a rete, nasi da cyrano, gambe storte e traballanti complice ‘avvinazzamento generale e via per le case e poi a sfilare inte li chiazze,sul corso, accompagnati da sgangherati e improvvisati musicisti che non beccavano una nota giusta ma non faceva differenza non era quello che contava Non c’era giuria a giudicare.
Chiasso improvvisato e coinvolgente.
Non la passavi liscia se ti trovavi nel loro raggio d’azione; venivi trascinato in quadriglie e tarantelle interminabili e sconclusionate .
Altri spontaneamente si aggregavano anche chi fino a quel momento non aveva mai mosso un passo di una qualche danza.Un frastuono gioioso e partecipato. A guardia di tutto,come a controllare che tutto si svolgesse nel migliore dei modi, l’immancabile zorro di pedeassutte e il garbaldi di tararosse.
Ma poi pian piano la musica diminuiva fino a scomparire e ritornava il silenzio,il deserto e il vento.
Vento ,deserto e silenzio che ormai in quelle strade e su quel corso spoglio e solo la fanno da padrone. Chissà perché????!!!!
Ricordi lontani che nel silenzio delle 3.40 riprendono forma e sono più nitidi.
E li vedo e li sento ancora. Cerco di dormire.