Era usanza recarsi alla ricerca delle varie verdure selvatiche come il finocchietto selvatico, il cicorione, la lingua di pecora, la borragine, il caccialepre, la spaccapietra, il cascigno o crispigno, la lattughella, la cicoria, la gallina grassa e anche di quelle dell’orto (che però seguivano le stagioni) per preparare Il pancotto.
Intorno a quel piatto fumante, c’era il momento più alto di comunione di tutta la famiglia. Si mette a bollire l’acqua con alcuni spicchi d’aglio schiacciati e non sbucciati, patate rosse, qualche pomodoro, uno sbruffo di origano, una punta di afrodisiaco peperoncino e si lascia cuocere.
Quando le patate hanno raggiunto mezza cottura, si mettono a cuocere le verdure aggiungendo il sale grosso affinché ogni aroma si amalgami. Quando tutto è cotto si aggiunge il pane raffermo.
Il pancotto è condito, quasi sempre, con olio di oliva che veniva versato in modo quasi fuggente e, a volte, abbondante, imitando il gesto della croce, quasi a ringraziare del pane quotidiano.
L’olio proveniva dagli uliveti plurisecolari di ogliarola garganica. Si accompagna quasi sempre con cipolla cruda e vino rosso.
Il pancotto è l’emblema di ogni verace abitante di questa montagna garganica.
Si dice che: “ sul Gargano paese che vai, pancotto che trovi e…che provi! “.