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23 Nov

Speciale Intervista al sangiovannese Cristofaro Di Maggio (Samsung Morning Stars)

Speciale Intervista a Cristofaro Di Maggio (Samsung Morning Stars)

Abbiamo scambiato due parole con la mente che muove il team LOL dei Samsung Morning Stars

Speciale Intervista a Cristofaro Di Maggio (Samsung Morning Stars)
di Raffaele Gomiero

La scorsa settimana abbiamo avuto la possibilità di assistere alla presentazione del PG National Spring, il torneo di Esport più importante e apprezzato in Italia per quello che riguarda League of Legends. Tutti i dettagli del torneo potete trovarli direttamente qui.

Abbiamo preso la palla al balzo per incontrare i campioni dello sport del futuro, intervistando anche coloro che si muovono dietro le quinte e che spesso sono distante dai riflettori, ricoprendo comunque un ruolo fondamentale per il successo della propria squadra.

Quello di oggi è il primo di una serie di articoli che pubblicheremo nel corso della settima, che testimoniano la nostra volontà di essere sempre più vicini ad un mondo in rapida evoluzione, anche in Italia.

Oggi vi presentiamo Cristofaro di Maggio, Coach del team di League of Legends dei Samsung Morning Stars

Cosa fa esattamente il coach di un team eSports?

Per quanto riguarda LoL, il coach è colui che coordina gli allenamenti dei team e quelli individuali, oltre alle attività quotidiane dei suoi giocatori. Ovviamente c’è un numero molto alto di variabili per quanto riguarda la tipologia di coach, in quanto esistono Strategic Coach, Head Coach, Assistant Coach e a seconda del ruolo i compiti sono diversi.

Personalmente il mio ruolo di Head Coach mi concentro sugli allenamenti e sul miglioramento individuale e di team. Questo comporta naturalmente più responsabilità rispetto ad uno Strategic Coach che si occupa unicamente delle strategie escludendo magari parametri e complessità fuori dal game, come le schedule della quotidianità di un giocatore, le modalità di allenamento preferite dal singolo o dal gruppo, quali sono i gruppi di lavoro, le tempistiche, le ore investite giornalmente e altro. Il mio ruolo funge da moderatore affinché che tutte queste cose combacino e si distribuisca il giusto quantitativo di lavoro senza mai strafare.

Tu hai vinto molto nella tua carriera, qual è la tua formazione?

I miei successi sono iniziati quando è nato il PG Nationals di LOL, che praticamente non è altro che la Regional League dell’Italia, in quanto il nostro circuito è definito adesso come semi-professionismo, il che vuol dire che la nostra lega da accesso agli European Master, quella che possiamo identificare come la Champions League di LOL, che contemporaneamente funge da vetrina per le squadre del panorama nazionale delle varie nazioni europee, sperando che successivamente possano gareggiare su un palcoscenico più grande come la LEC (League European Championship). Io sono stato vincitore del primo PG National con il Team Forge nel 2018, successivamente ho vinto i 2 PG National del 2019 con il team dei Campus Party Sparks, tutte e tre queste vittorie mi hanno fatto accedere alle European Masters, dove purtroppo non siamo riusciti ad avanzare oltre ai top 9-13.

Come definiresti il tuo stile nell’alleare il tuo team?

La mia carriera è iniziata ovviamente come giocatore di LOL, ma subito ho voluto capire le componenti competitive e agonistiche del gioco e non limitarmi ad essere un “semplice” giocatore. Dal 2013 seguo la scena americana e quella europea e mi sono creato una conoscenza di base che poi avrei trasmesso all’atleta. Il mio è un approccio molto amichevole con i giocatori che seguo, tento di capire i loro punti di vista, cerco il confronto e pian piano con l’esperienza acquisisco delle competenze e delle abilità simili a quelle di un personal trainer o di uno psicologo, anche senza essere in possesso dei titoli scolastici.

Non dimentichiamo che io seguo anche giocatori stranieri, quindi quotidianamente mi confronto con lingue e culture diverse. Il salto di qualità che mi è servito per definire il mio metodo avviene con lo spostamento in gaming house avvenuto con il team Forge, che ha deciso per la prima volta in Italia di rilocare staff e giocatori in una gaming house a Cagliari. Una struttura dove convivere e lavorare giorno per giorno tutti insieme. Questo ha migliorato molto il mio approccio con i giocatori in molti termini e mi ha dato l’opportunità di lavorare con loro 24 ore su 24, creando si delle schedule molto precise ma mi ha anche costretto a pormi dei limiti sul rapporto con loro. Grazie alle connessioni che aveva questa organizzazione con un’università coreana, ho potuto confrontare l’approccio al mio lavoro da coach con quello che ha la cultura coreana, che storicamente negli esports, insieme alla Cina, ha dettato il ritmo su come vanno impostate le cose in questo settore, fin dal lontano Starcraft.

Entrando in contatto con la Chunnam Techno University ho lavorato con alcuni loro membri, gente che attualmente milita nel LCK, che altro non è che la Serie A coreana di League of Legend. Loro mi hanno aiutato molto trasmettendomi le basi con cui approcciare i giocatori e le fondamenta su cui ho costruito il mio metodo. Inizialmente ho avuto qualche difficoltà a trovare la mia dimensione, ma senza arrendermi e resistendo ai vari stress del settore e alla vita in gaming house ho acquisito le mie personali abilità.

Parlaci un po’ di più della gaming house.

Allora ci sono vari approcci, ci sono team che uniscono tutto in una grande struttura dove vivono e lavorano insieme e altri dove ogni giocatore ha il suo appartamento privato o condiviso e si ritrovano tutti i giorni in una struttura per allenarsi. Naturalmente ogni soluzione ha i suoi pro e contro. Attualmente con i Morningstar abbiamo un appartamento dove viviamo in tre, ognuno con la sua stanza e degli spazi condivisi, con l’ufficio a dieci minuti a piedi. La condivisione responsabilizza molto i ragazzi e far valutare molto attentamente la loro privacy, cosa a cui naturalmente dobbiamo fare attenzione anche noi.

Come vivi la tua responsabilità in condivisione?

Io credo che un giusto coach debba mai smettere di lavorare in questa situazione, quindi finita la giornata di allenamento non faccio cadere la penna e mi estraneo dai ragazzi, ma anzi, la mia figura è un punto di riferimento e un esempio per loro.  Del resto i giocatori vanno dai 18 ai 24 anni, quindi questo vale soprattutto per i più piccoli.

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