Con grande soddisfazione è stato riconfermato, anche per il 2025, l’incarico al Dott. Lazzaro Palumbo quale responsabile della sicurezza dei Carabinieri del NOE, corpo militare che rappresenta in Italia una delle componenti più strategiche, insieme al Ministero dell’Ambiente, nella lotta contro i reati ambientali ed ecomafie, con un ruolo fondamentale nella prevenzione, repressione e contrasto di attività illecite che ledono il patrimonio naturale e la salute pubblica. La conferma del Dott. Lazzaro Palumbo quale responsabile della sicurezza di questa importante struttura testimonia l’apprezzamento delle Istituzioni verso la sua esperienza e capacità professionali.
Abbiamo incontrato il Dott. Lazzaro Palumbo per fargli qualche domanda e dalla chiacchierata informale ci racconta della sua esperienza con la Pubblica Amministrazione di circa 20 anni, nel corso dei quali è stato consulente per, numerosi Enti Locali, ACEA, SOGEI (MEF), responsabile della sicurezza del Comando Regionale Puglia della Guardia di Finanza, Ministero dei Trasporti, responsabile della sicurezza dell’Università del Molise, del Gran Sasso Science Istitute de L’Aquila, consulente dell’Università Federico II di Napoli, Azienda Sanitaria Territoriale PU e tanto altro ancora.
Dott. Palumbo, ci racconta il suo percorso professionale? Come e arrivato a specializzarsi nella sicurezza sul lavoro?
Il mio percorso e iniziato con una forte passione per la normativa tecnica e l’organizzazione aziendale. Dopo la laurea, ho avuto l’opportunità di lavorare in un’azienda che si occupa di ambiente, sicurezza e gestione della qualità. Da lì è nata la volontà di approfondire questo ambito, conseguendo ulteriori specializzazioni e iniziando a lavorare come consulente. Oggi, dopo oltre due decenni, continuo a considerare la sicurezza non solo una questione normativa, ma un vero investimento culturale.
Quali sono, a suo parere, le principali sfide che le aziende devono affrontare oggi in materia di sicurezza?
La prima grande sfida e culturale. Molte aziende vedono ancora la sicurezza come un obbligo e non come una leva strategica. Inoltre, ce una scarsa integrazione tra sicurezza e processi aziendali: la prevenzione non può essere vista come un reparto a parte. Infine, la digitalizzazione porta con sé nuove criticità, come la sicurezza nei lavori da remoto e l’utilizzo di tecnologie emergenti che richiedono aggiornamenti normativi e formativi continui.
Tanti professionisti faticano ed emergere nel modo del lavoro. Quali competenze ritiene fondamentali per chi vuole lavorare nel suo campo?
Oltre alla preparazione tecnica e a un percorso di studi adeguato, occorre la conoscenza normativa e il continuo aggiornamento, capacità di valutazione e uso di strumenti digitali. Servono competenze trasversali quali, comunicazione, leadership e capacità di mediazione. Un bravo professionista deve saper parlare con tutti: dal lavoratore al dirigente; adattando il linguaggio ma mantenendo la stessa professionalità.
Qual è, secondo lei, il futuro della sicurezza sul lavoro nei prossimi anni?
La tendenza è verso una maggiore digitalizzazione, con l’uso di sensori, intelligenza artificiale e piattaforme per la gestione dei rischi. Ma non possiamo pensare che la tecnologia risolva tutto. Serve un cambiamento di mentalità: la sicurezza deve diventare un valore condiviso, integrato nella nostra cultura. Soprattutto a livello scolastico; gli alunni di oggi sono, i lavoratori, i datori di lavoro e i dirigenti di domani. Personalmente sto lavorando ad un nuovo progetto sulla sicurezza sul lavoro che ho ideato e che sto introducendo in alcune realtà lavorative con le quale collaboro: La prevenzione predittiva. La prevenzione predittiva è una metodologia innovativa che si inserisce nel panorama della salute e sicurezza sul lavoro con l’obiettivo di anticipare il rischio, piuttosto che limitarsi a reagire dopo un evento dannoso. A differenza della prevenzione tradizionale, che si basa su regole, norme e misure standard, quella predittiva si fonda sulla raccolta, analisi e interpretazione dei dati provenienti dal contesto lavorativo. Passare dai segnali deboli agli interventi mirati. Ogni giorno, durante lo svolgimento delle attività lavorative, vengono prodotti innumerevoli segnali deboli, comportamenti sbagliati, anomalie, omissioni, condizioni operative, mancati infortuni, che, se monitorati e interpretati correttamente, possono rivelare situazioni potenzialmente pericolose. Questi segnali diventano così indicatori predittivi di rischio. Non una prevenzione spot ma continuativa. Ma di questo magari ne parliamo meglio un’altra volta.
Ringraziamo il Dott. Lazzaro Palumbo per aver condiviso la sua esperienza e la sua visione. Il suo contributo dimostra come la sicurezza non sia solo una materia tecnica, ma una componente essenziale della cultura sociale.
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