Cari fratelli nel sacerdozio che mi state facendo corona qui in Cattedrale,
Carissimi fratelli e sorelle nella vita religiosa,
Care famiglie tutte,
Cari battezzati del popolo santo di Dio che vivete nel territorio della diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo,
Cari sacerdoti e fedeli che in questo momento state vivendo con noi in forma di comunione, anche se distanti, la medesima celebrazione di Giubileo in altre chiese giubilari dell’Arcidiocesi: a Monte Sant’Angelo, a San Giovanni Rotondo, a Rodi Garganico, e questa sera a Vieste,
sentiamoci tutti in comunione ed in cammino, Pellegrini di Speranza!
Desidero iniziare questa riflessione di apertura dell’anno giubilare con un’affermazione molto forte di una grande teologa, ma anche mistica e per taluni aspetti eremita del secolo scorso, Adriana Zarri: “L’incarnazione del Signore non è un fatto privato, ma un fatto universale e addirittura cosmico”. Ed è per questo motivo che l’Incarnazione, fatto non privato ma universale e cosmico, vuole raggiungere tutti e tutto, vuole abbracciare l’intera creazione perché, essa come ci ricorda San Paolo, geme nelle doglie del parto aspettando la rivelazione dei figli di Dio. Ed è proprio a motivo di questa verità che celebriamo il Giubileo, affinché tutto e tutti possano ricevere da questo momento, da questo speciale Tempo di Grazia, la forza per poter raggiungere la salvezza universale e cosmica, che è il sogno di Dio Creatore e Padre. In questo grande mistero universale, reale e cosmico della creazione iniziamo l’anno di Giubilo 2025, sotto il segno della Speranza che non confonde, che non delude, che non svergogna nessuno.
Le parole del capitolo 5, al versetto 5, della Lettera di Paolo ai Romani ci devono veramente tenere compagnia nel corso di questo anno giubilare, entrare a far parte del nostro cuore, germogliare e produrre effetti in esso e nelle nostre relazioni con gli altri e con il mondo. La Speranza cristiana non confonde, non delude e non svergogna perché l’amore di Dio è stato riversato con abbondanza nei nostri cuori. Davvero l’amore di Dio è sovrabbondante nei cuori di ogni credente, di ogni battezzato, di ogni persona che nei luoghi diversi si apre alla paternità e all’eternità di Dio Amore. Quest’amore divino è stato riversato nei cuori di tutti, grazie allo Spirito Santo che ci è stato donato, che ci è stato regalato. Con la guida di questa frase che sintetizza l’intero magistero apostolico di San Paolo siamo invitati a camminare lungo questo anno giubilare.
Il gesto che abbiamo appena compiuto, quello di entrare attraverso la porta della chiesa cattedrale, diventi segno e simbolo di quanto ci aspettiamo e di quanto quest’anno deve essere per ognuno e per tutti: una vera grazia di speranza e di amore; di quell’amore che giace e che abbiamo come dono nei nostri cuori: apriamoli, spalanchiamoli, allora, per poter accogliere l’amore in pienezza!
Il Giubileo 2025 è sotto il segno della Speranza: come poterla definire? Non è facile, ma la risposta potrebbe essere molto semplice. Per noi credenti la Speranza è una Persona. La Speranza è Gesù. La Speranza è Lui; attraverso di Lui entriamo nella vita piena e diventiamo autori e protagonisti della storia, di una storia che vuole salvare tutti e tutto, portare a compimento l’amore eterno di Dio Padre Creatore. La Speranza è una realtà piena che sta davanti a noi nel tempo e in qualche modo anche nel percorso: è realmente presente. Ed è per questo che la Speranza è in grado di cambiare in bene e in positivo il nostro presente e il nostro camminare di ogni giorno. Sapere che il Signore è lì davanti, che ci precede, deve in qualche modo modificare il nostro pensiero, rendendolo sempre più conforme al suo; deve modificare i nostri sentimenti, rendendoli sempre più simili ai suoi, sentimenti di mitezza, di tenerezza, di amore donato, di perdono e di misericordia; deve rendere le nostre azioni sempre più simili alle sue, azioni di gratuità e di solidarietà, azioni di giustizia e di costruzione di pace. Ed è perché Lui ci precede, ed è perché Lui è questa Speranza reale, che anche noi possiamo assumere il suo pensiero nello zelo, i suoi sentimenti e le sue azioni: tutto questo è grazia, è misericordia che cambia il presente e rende già fin d’ora il mondo un possibile paradiso terrestre. Dipende da noi e dalla nostra accoglienza. La Speranza che non delude ma che attrae, ci spinge in avanti, ci spinge a camminare come Pellegrini, certi della meta che ci attende e che conosciamo perché ci è stata rivelata.
Aggiungo due brevi citazioni di altri due testimoni del secolo scorso, di un certo penso e conosciuti. Il padre Davide Turoldo, poeta e mistico, definisce “Dio, la verità che non ragiona, un Dio che pena nel cuore dell’uomo.” Sembra una contraddizione, ma la verità di Dio non calcola come calcoliamo noi. La verità di Dio ama e sa. Ama e conforta, non spaventa. Ama e spinge in avanti verso il bene. Una seconda definizione di Dio la mutuo da madre Anna Maria Cànopi, abadessa del monastero di San Giulio sul lago d’Orta: “Dio è Amore che non ha misura”. La Verità che amiamo, che è Dio, non può avere misura. Se avesse misura corrisponderebbe alle nostre modalità di pensare e giudicare, rischierebbe sempre di fare confronti e di portarci a considerarci più grandi o più piccoli, a volgere verso il pessimismo o ad un soggettivismo scorretto. L’amore di Dio, senza misura, pensa e salva tutti nella Sua misura, a condizione che ci lasciamo da Lui abbracciare e diventiamo capaci di entrare nel Suo abbraccio d’amore con i nostri fratelli e le nostre sorelle, così che diventa universale creazione.
Non basta definire la Speranza la dobbiamo alimentare perché diventi veramente vita in noi, vita dell’amore che ci spinge.
Alimentiamola lungo questo anno essenzialmente con la preghiera, con gesti di autentica devozione che si nutre nei sacramenti, nella riconciliazione e nella eucaristia, che cammina nell’ascolto della Parola e come abbiamo ascoltato nel Vangelo, la custodiamo nel cuore come Maria. La preghiera liturgica, comunitaria e personale alimenta la Speranza.
Alimentiamola con i gesti di carità: da quelli più semplici nelle nostre case e nelle nostre famiglie, con i nostri vicini, con quanti incontriamo lungo la nostra strada, nei luoghi che frequentiamo, da quelli di lavoro a quelli di svago; alimentiamola con gesti di carità e di generosità. Alimentiamola con il dare generosamente più che con il voler ricevere. La generosità e la carità alimentino la Speranza.
Alimentiamola con le relazioni positive e autentiche tra noi, aprendo i cuori senza chiacchiere, senza giudizi e pregiudizi. Con relazioni che vogliono semplicemente costruire comunione e di certo la comunione alimenterà la Speranza che non delude.
Termino. Ci siano di aiuto i nostri grandi Santi che illuminano la nostra Chiesa locale. Ci sia di sostegno e aiuto l’Arcangelo Michele che lotta continuamente per il Bene, che vigila per il Bene; ci sia di sostegno San Pio da Pietrelcina, che sia per noi un modello di perdono e di Speranza, Lui che è stato il missionario del perdono e della preghiera; ci sia anche di stimolo per tutti, e soprattutto per noi sacerdoti, il nostro servo di Dio Antonio Spalatro.
Desidero concludere adattando una sua frase che trovo veramente pregnante di cristianesimo e di senso dell’Incarnazione, che non è un fatto privato: “Che sappiamo essere per l’umanità prolungamento di Cristo”, e allora saremo Suoi discepoli e che sappiamo essere “per Cristo prolungamento di Umanità” e allora con Lui saremo Suoi missionari.
Che in compagnia dei nostri grandi Santi sappiamo camminare lungo tutto quest’anno, e sarà di certo un anno di autentica Speranza, di gioia vera, di comunione e di costruzione di pace.
+ Franco Moscone crs – arcivescovo