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La “Quarantana”, uno degli antichi simboli della Quaresima di San Giovanni Rotondo

14 Febbraio 2024
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Una delle usanze più antiche e tradizionali di San Giovanni Rotondo è la “Quarantana”. Consiste in una bambola rivestita di pezze che nel periodo della Quaresima viene esposta fuori dall’uscio, appesa ad una finestra o ad un filo posto tra un lato e l’altro della strada.

La “Quarantana”, prende il suo nome proprio dalla Quaresima, ed è sinonimo di tristezza, di meditazione e di preghiera. In cosa consiste? Viene presa una bambola (o un gomitolo di lana bianca per comporre la testa), rivestita tutta di nero: fazzoletto per coprire il capo, maglia, gonna lunga (vunnàdda) e “mantellina” (per coprirsi dal freddo).

La tradizione la vuole vestita di nero perché rappresenta la vedova del defunto “Carnevale” che per distrarsi e consolarsi da questa grande perdita porta tra le mani “lu fuse”.

Filare aiuterà la Quarantana a non pensare a la renderà operosa in questi quaranta giorni di penitenza. Con un sistema di fili di metallo (o altro) viene posta ai piedi del pupazzo una patata su cui vengono conficcate sette penne nere che scandiscono il tempo fino alla Pasqua. Il pupazzo vestito di nero, dalle sette penne, appare il giorno delle Ceneri per poi scomparire la domenica di Pasqua. Ogni domenica mattina, nel periodo della quaresima, dopo la Santa Messa ne viene tolta una.

Era vietato introdurre in casa il pupazzo durante “li jurne quaranta” perché portava male. Conclusa la Quaresima e tolta l’ultima penna, a questo fantoccio gli si riservava un’orrenda fine: veniva gettato in pasto ai fanciulli dalle non buone intenzioni, bruciato e le ceneri buttate al vento.

Non si sa con precisione da dove questo rito derivi: come molte tradizioni popolari ha origini pagane successivamente cristianizzate.

La Quarantana è dunque il simbolo della quaresima nella tradizione antica, ma che in alcune parti del Sud Italia è ancora presente e radicata.

Link ad articolo originale:http://www.sangiovannirotondonet.it/?p=257
Fonti secondarie: ruvesi.it; Il Pirgiano febbraio 2005

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