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30 Apr

Rignano “cattiva”, storia di una incursione seicentesca a Manfredonia.

toria di una incursione “cattiva” di Rignanesi a Manfredonia, tra chiese, fedeli e confraternite ormai estinte.

 Antonio Del Vecchio

Non sempre  gli abitanti  di Rignano Garganico furono “gente alla buona” ed educata, come li descrive lo storico Padre Doroteo Forte in uno dei suoi ultimi articoli pubblicati su un periodico in tempi recenti. Tanto da vantarne il suo tipico saluto di “Bonnam’nuta” (Benvenuti) rivolto ai forestieri di passaggio nel paese o dei visitatori in genere. “Cattivi” non lo furono neppure durante il brigantaggio degli anni’60 del secolo scorso, allorché i capi erano originari d’altrove. Anzi,  nel giugno del 1863, il paese, a differenza della vicina Sammarco, fu risparmiato dall’invasione e dal saccheggio da parte dei briganti di Del Sambro, per la “bontà” dei suoi abitanti e delle buone maniere messe in pratica dall’altrettanto “buon”  parroco Ricci.

Ci fu, però, un periodo in cui  alcuni di essi si distinsero per la loro ferocia e spregiudicatezza.  E’ quanto si rileva nel volume di Pasquale Ognissanti L’Università Sipontina nel ‘600”(Tipografia Falcone nel 2001). La notizia addirittura sin dal titolo parla di una presunta “incursione” operata a Manfredonia in data 12 febbraio 1632. Il prelato, forte del suo potere religioso e temporale (la chiesa e il Capitolo detengono in pianura più di trecento versure di terre coltivate) ci viene  in veste di Vicario generale.

Ecco lo scritto testuale: “ L’ Arciprete in comitiva di (“molti sin”) di cinquanta armati di zofioni, pistole, archibuscetti, e draghe, non solo tenne le porte di questa città, reale, conventi e molti passi ad impedir l’entrata cosa tanto sospetta e gelosa in città reale e di marina, ma anco poste guardie in molte strade, e d’intorno questa chiesa metropoli ed armi di fuoco e mici calati se n’entrò con armati in detta chiesa, dove con poca reverenza al santissimo sacramento interrotti i santi uffizii e divini sacrificii come se fusse una spelonca di ladri, carcerò tutto questo Reverendo Capitolo…”.

Tutto questo starebbe  a significare , secondo l’anzidetto storico che i “conti “ non solo non tornavano nei rapporti tra il Vicario e l’intero capitolo, ma  vi sarebbe andata di mezzo l’intera comunità sipontina” . Come accennato, a quel tempo la chiesa di Rignano non solo era ricca sul piano materiale, ma anche per l’alto numero delle unità impegnate nel culto. A renderlo noto è il Sarnelli, storico e vicario della Curia e successivamente anche vescovo. Lo fa con una dettagliata cronistoria, a conclusione di una delle “visite ad limina”, compiuta nel 1680.

Quest’ultimo, dopo averci descritto  la posizione geografica e fisica del paese, ne spiega la derivazione del nome“ Arignano” dal latino “Ara Jani” (Altare di Giano) e che lo stesso sarebbe governato dalla nobile famiglia Corigliano.  Passa, poi, alla conta degli abitanti. Sono 889, di cui  522 di comunione, 171 famiglie. Hanno una sola parrocchia, capeggiata dall’arciprete. La stessa è composta da 15 sacerdoti, un diacono, un  suddiacono, 10 chierici, due eremiti.  

Dentro l’abitato è attiva la sola Chiesa parrocchiale, corrispondente all’attuale Chiesa Madre dell’Assunta. Vi sono altre due chiese in rovina, quella di San Bernardino (forse il Purgatorio, dove pochi decenni addietro se ne venerava il santo), l’altra di San Nicolò, inesistente. In aggiunta c’era l’oratorio privato nel Palagio Baronale, dedicato all’inizio del secolo scorso a Santa Vittoria e poi sconsacrato negli anni’60. Fuori dell’abitato erano in funzione, come lo sono tuttora: San Rocco e Santa Maria di Christo. Sono andati, invece, in rovina, senza lasciare traccia: l’oratorio di San Pietro, quello di Santa Maria delle Grazie e due altri oratori vicini alla Chiesta della Madonna di Cristo.   Due le Confraternite: quella del Santissimo Corpo di Christo e l’altra della Concezione unita con Santa Maria della Consolazione.

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