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23 Apr

Un medico d’altri tempi: Amelio Crisetti

5 Aprile 1993, quattro del pomeriggio. Come di consueto, la sala d’attesa dello studio al primo piano della casa in Corso Regina Margherita 21 era così piena che la fila di pazienti arrivava fin sotto alle scale e sul portone d’ingresso. I più se lo aspettavano, tutti speravano non accadesse, nessuno credeva sarebbe andata in quel modo. Ma è così che quel giorno lo hanno visto arrivare, con il colorito ancora roseo di chi si è spento da poco, dall’ascensore di Casa Sollievo alla soglia di casa. Quel giorno non ci sarebbero state visite, quel giorno le visite erano per lui, il Dottor Crisetti per lo stato, ‘Miliucc per la gente. Amelio Ambrosio Crisetti, classe 1925, una generazione che si è inventata l’Italia repubblicana. Figlio di una madre (Maria Chiumento) casalinga e di un padre (Matteo Crisetti) impiegato comunale che, zappa in spalla, dagli uffici comunali andava ai campi per portare a casa una pagnotta più grande.

Perché i figli erano nove, e quattro di loro non avrebbero mai visto l’età adulta. Gli anni di scuola, la predilezione per la matematica, il Diploma Magistrale, le ruote della Lambretta consumate lungo la strada per Monte Sant’Angelo nella breve parentesi da maestro. Poi il richiamo della Medicina, gli anni di Università a Bari e le mille difficoltà economiche, con i soldi che a stento bastavano per i libri, lavoretti qua e là per mantenersi a galla, arrivando finanche a contrabbandare qualche pacco di sigarette nei momenti peggiori. Medico nel ’53 e tre anni dopo marito, sarà padre di quattro figli. Medico con altri due (Giovanni Grifa e Michele Capuano), per una San Giovanni Rotondo che all’epoca contava circa diciottomila anime.

Un’epoca in cui l’Ospedale era ancora in costruzione e le esigenze di salute della gente gravavano sulle spalle di tre uomini, per i quali la vita andava quotidianamente divisa tra seimila assistiti di giorno e tre volte tanto di notte. Un’epoca in cui esisteva ancora la figura del Medico Condotto: diretto dipendente del Comune, incaricato di fornire assistenza sanitaria gratuita alla fascia più povera della popolazione. Quarant’anni di professione, durante i quali è protagonista locale delle campagne vaccinali di massa che negli anni Sessanta e Settanta annientarono la polio (con quello zuccherino impregnato di gocce che alcuni ricorderanno ancora), il vaiolo, il tetano, il colera e la difterite. Scenari che ci sembrano così tremendamente attuali, ma che in realtà fanno già parte della nostra storia ed esperienza, e che si sono tradotti in successi che abbiamo ottenuto e che otterremo ancora.

In quei decenni arrivavano anche la Specializzazione in Pediatria conseguita a Bologna, l’incarico di Medico “di miniera” presso la sede locale del gruppo Montecatini e la nascita del Servizio Sanitario Nazionale, con la nomina a Medico di Famiglia. Ma questa non è la rassegna del curriculum di un medico. Questa è la storia di un uomo. Perché Amelio Crisetti era innanzitutto un uomo, con i vizi, le virtù e le peculiarità che ogni uomo può avere: era un inguaribile ottimista, a volte imbranato, mangiava solo quello che cucinava la moglie Lucia (altrimenti solo pane e olio), era profondamente attratto dalla meteorologia.

Ma soprattutto era un uomo buono, paziente, di poche parole, sempre presente e completamente privo della capacità di lamentarsi. La parola d’oro, sempre a servizio e conforto dell’altro, suscitava nel cuore dei più un profondo senso di protezione. Era innamorato della famiglia, e nella sua famiglia c’era posto per tutti, compresi i suoi assistiti. Quegli stessi assistiti che lo chiamavano per nome, anzi per nomignolo, e che in ambulatorio due volte su tre ci andavano non per malattia ma per un parere su un terreno da acquistare, una figlia da maritare, un prestito con cui tirare avanti: anche per loro ‘Miliucc era uno di famiglia. Un legame così viscerale da sconfinare anche nei già limitati spazi della sua vita privata (il dolcetto di metà mattina al Bar Lalla o le partite di biliardo al Circolo Unione), così come di notte, nei giorni festivi e in quelli di vacanza; perfino durante la Messa c’era chi andava a chiamarlo per una visita domiciliare urgente. Un impegno al quale molti si sarebbero sottratti, lui no. Lui quell’impegno lo affrontava quotidianamente e volentieri, pur con l’ “aiuto” di quelle sigarette che il 5 Aprile del 1993 se lo sarebbero portato via, all’età di sessantasette anni. Il giorno dopo la Chiesa Matrice di San Leonardo sarebbe stata così piena da far mancare l’aria.

Il giorno dopo ancora una signora avrebbe suonato al citofono di Corso Regina Margherita 21 per consegnare l’ultima ricetta rossa, non sentendosela di lasciarla in farmacia. Un grande ed un piccolo gesto, dello stesso valore, entrambi segno di una comunità riconoscente che si raccoglie intorno ad un uomo che ha fatto della sua vita un servizio verso il prossimo, il sofferente, il bisognoso.

A ventotto anni esatti dalla sua scomparsa, non potevo più esimermi dal raccontare la storia di Amelio Crisetti, un atto dovuto che rimandavo da tempo. Perché il ricordo di un uomo sopravvive per qualche tempo nella memoria della gente con cui ha vissuto, ma la sua eredità vive in eterno nel retaggio della comunità di cui ha fatto parte. E questa è la storia di un uomo che, per il benessere della sua comunità, ha speso la vita intera. Sono piuttosto sicuro che da qualche parte starai sorridendo a tuo modo, caro nonno.

Ti immagino seduto di fronte a un camino acceso, intento a leggere un libro scritto un secolo prima, scoprendotene ignaro protagonista: “E un medico deve anche esserne molto grato. Non dimenticarlo mai. E’ un piacere così grande fare un po’ di bene che dovremmo pagare per averne il privilegio, invece di essere pagati. Eppure, ovviamente, il medico ha la sua casa da mandare avanti e la moglie e i figli da mantenere.

Ma i suoi amici sono i pazienti…o così dovrebbe essere. Passa da casa in casa, e i suoi passi e la sua voce sono benvenuti in tutte. Cosa può chiedere un uomo più di questo? […] E’ una professione nobile, generosa, cortese, e voi giovani dovete assicurare che tale rimanga” (Arthur Conan Doyle, “Un medico d’altri tempi”) Ti prometto che farò di tutto perché rimanga tale.

Con affetto, tuo nipote Amelio Ercolino

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