Di Avv. Nicola Morcaldi
Alcuni giorni fa abbiamo scritto in merito ad un’istruttoria avviata dall’INAIL a seguito del caso di alcuni infermieri di un ospedale di Genova i quali, dopo aver rifiutato il vaccino anti-covid19, sono stati contagiati in corsia.
La questione era inerente al riconoscimento del contagio quale infortunio sul lavoro (con le relative tutele che ne conseguono) o quale semplice malattia.
Non poche perplessità ha destato la prima possibilità rappresentata dal riconoscimento del danno verificatosi come infortunio sul lavoro con conseguente risarcimento al lavoratore, soprattutto in relazione al comportamento volontario di questi rappresentato dal rifiuto del vaccino.
A seguito dell’avvio dell’istruttoria, pertanto, tutti gli operatori del settore erano in attesa della decisione dell’ente previdenziale soprattutto per le sue ripercussioni sul mondo del lavoro e della previdenza.
Di seguito la tanto attesa decisione dell’INAIL:
“Sotto il profilo assicurativo il comportamento colposo del lavoratore, in cui rientra anche la violazione dell’obbligo di utilizzare i dispositivi di protezione individuale, non comporta di per sé l’esclusione dell’operatività della tutela prevista dall’assicurazione gestita dall’Inail”.
– Il risarcimento da parte del datore di lavoro non è automatico e scontato:
“Il comportamento colposo del lavoratore può invece ridurre oppure escludere la responsabilità del datore di lavoro ma non comporta l’esclusione della tutela assicurativa apprestata dall’Istituto in caso di infortunio”.
– La “colpa” del lavoratore è solo una delle concause del contagio:
“L’illiceità del comportamento – in riferimento alla condotta del lavoratore – non preclude comunque in alcun modo la configurabilità dell’infortunio come evento indennizzabile, in quanto la colpa dell’assicurato costituisce una delle possibili componenti causali del verificarsi dell’evento”.
– Non è ipotizzabile il concetto di “rischio elettivo”:
“Il rischio di vaccinarsi non si può configurare come assunzione di un rischio elettivo, in quanto il rischio di contagio non è certamente voluto dal lavoratore”. Inoltre, “non si rileva allo stato dell’attuale legislazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, un obbligo specifico di aderire alla vaccinazione da parte del lavoratore”.