Di Federico Fabrizio
Vi presento una ricerca rivolta agli appassionati del settore delle neuroscienze e, in generale, a chi ama il mondo delle scienze.
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Materials lo scorso mese, vede coinvolto, oltre alla Stanford University (California, USA) e l’Eindhoven University of Technology (Paesi Bassi), anche l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) in maniera determinante nello sviluppo della “comunicazione” tra sinapsi artificiali mediante segnali di natura elettrochimica.
La sinapsi artificiale bioibrida, di cui si parla, è costituita da due elettrodi di materiale polimerico morbido (un particolare tipo di materiale plastico chiamato poli (3,4 etilendiossitiofene)/poli(stirene-solfonato) o più semplicemente PEDOT:PSS), separati da uno spazio riempito di soluzione elettrolitica (conduttore di elettricità) con la funzione di fessura sinaptica.
Quest’ultima, in natura, separa due neuroni ed è piena di fluido extracellulare in cui vengono rilasciati i neurotrasmettitori, responsabili del trasporto del messaggio da un neurone all’altro. Quando le cellule viventi sono poste sopra ad uno dei due elettrodi, i neurotrasmettitori rilasciati possono reagire con l’elettrodo e produrre ioni, che viaggiano nella soluzione elettrolitica e raggiungono l’altro. Il suo stato conduttivo viene modificato e una parte di questo cambiamento indotto è conservata, simulando così il processo naturale di apprendimento a lungo termine.
Il processo sperimentato imita quello che succede nel cervello, evidenziando le capacità uniche dei materiali utilizzati per interagire con cellule viventi. Utilizzando cellule neuroendocrine di ratto, in grado di secernere dopamina, è stato studiato proprio l’apprendimento a lungo termine. La dopamina svolge un ruolo importante nella trasmissione di informazioni tra i neuroni, regolando la plasticità della sinapsi, la connettività della rete neurale e la depressione.
Dal punto di vista tecnico, nella sinapsi bioibrida la dopamina viene modificata chimicamente, mediante processo di ossidazione, nei pressi del secondo elettrodo e questo provoca un cambiamento di carica, inducendo un flusso di ioni nella soluzione elettrolitica e attivando il processo di acquisizione dell’informazione (come indicato nella slide).
L’importanza di questa sperimentazione è sottolineata dalla possibilità di costruire, in futuro, circuiti neurali in grado di sostituire quelli danneggiati da patologie che colpiscono il sistema nervoso (come nel trattamento di alcune forme di malattia di Parkinson viene utilizzato l’impianto di un neurostimolatore che invia impulsi elettrici a specifiche aree del cervello).
Come già detto, lo studio è in fase preliminare e la strada da percorrere prima di arrivare ad una applicazione reale è ancora lunga, ma la ricerca procede a passo veloce e speriamo che presto potremo vederne i risultati.
Contagiamoci di buone informazioni scientifiche.
Fonte: https://www.nature.com/articles/s41563-020-0703-y; https://www.osservatorioterapieavanzate.it/.
Grazie per il vostro tempo.
#pillolediricercascientifica