Di Nicola Morcaldi
A causa della recente pandemia causata dal Covid-19, argomento più che mai attuale è quello della corretta igiene delle mani. In questi mesi è impossibile contare le volte in cui ci è stato raccomandato di seguire determinate prescrizioni, in particolare quella che riguarda il lavaggio delle mani. Lavare correttamente le mani rappresenta infatti il più semplice, scontato e “banale” strumento che abbiamo per la prevenzione per le infezioni correlate all’assistenza ed al controllo dell’antibiotico-resistenza.
Solo per citare alcuni dati, le infezioni più comuni riguardano le vie respiratorie (24%), presenza di batteri nel sangue (18%), le vie urinarie (18%), ferita chirurgica (14%). Oltre ad un ingente spesa da parte del SSN, tali infezioni causano circa 10.000 decessi l’anno in Italia (30.000 in Europa), per un totale di 200.000 casi.
Si calcola (OMS) che quasi la metà di queste infezioni correlate all’assistenza sarebbero prevenibili esclusivamente lavando spesso e correttamente le mani.
Tralasciando le prescrizioni che riguardano gli operatori della sanità, i quali dovrebbero essere ben istruiti al riguardo (es. lavare le mani con appostiti dispenser ad ogni contatto col paziente, con suoi effetti personali, all’entrata ed all’uscita della stanza), i “comuni” cittadini devono limitarsi a quanto ripetutamente detto in questi mesi, cioè lavare spesso le mani con sapone detergente per circa 40 secondi (o con apposita soluzione alcolica), cercando di non tralasciare nessuna zona della mano, dopo ogni contatto con oggetti o superfici di uso comune, ricordando come i batteri entrino attraverso il naso, la bocca e gli occhi.
L’utilità di tale pratica non va assolutamente sottovalutata, basti pensare (nel caso in cui i dati non siano sufficienti) come ad oggi le poche strutture sanitarie in cui il Covid-19 non ha preso piede, siano guardacaso quelle che già da tempo adottano severi protocolli per la qualità e la sicurezza dell’ambiente e dei pazienti, tra i quali, per l’appunto, il protocollo volto a prevenire le infezioni (in realtà, purtroppo sono ancora poche le strutture che adottano tali protocolli, una “quasi esclusiva” delle strutture di eccellenza).
Ricorderemo a lungo la tragedia che ci ha colpito questi mesi, ma ricorderemo anche le cose positive, anzi, l’augurio è che alcune delle pratiche oggi adottate vengano mantenute negli anni che verranno.
Spesso, infatti, si è trattato di prescrizioni e comportamenti che da tempo la popolazione doveva far proprie, ma solo davanti ad una reale necessità si è riuscito a farne comprendere l’importanza.
Non a caso, come diceva il grande Einstein, dalla crisi nasce il progresso: chi supera la crisi, supera se stesso.