DI Michele Russo
Qualunque Sangiovannese ha percorso i meandri storici e sociali tracciabili nelle lunghe ed immense passeggiate che caratterizzano “ammeze lu corse”.” In mezzo al corso”, per l’appunto, toponomastica dialettale che serve ad identificare con accentuazione il forte spirito di appartenenza che il nostro corso cittadino rappresenta. “Ammeze”, letteralemente “in mezzo” accentua la sfumatura del luogo e del significato che questa consuetudine rappresenta per i cittadini di San Giovanni, dediti con minuzioso rito a compiere su quel viale caratterizzato da mattonelle in pietra grigia e una serie di abitazioni prevalentemente di color ocra o arancione, che lo costeggiano. Il corso, che parte da Piazza Padre Pio e termina con la nuova Piazzetta denominata “Largo 28 Luglio”, presenta inoltre una serie di stradine che portano poi al caratteristico centro storico, con la sua aria antica e popolare vissuto da tradizioni,storie e credenze popolari, fascino culturale.
Iniziamo il nostro “piccolo viaggio” sul corso con uno dei posti cardine e di forte rilevanza, “Piazza Padre Pio”, dove si possono ancora sentire le urla gioiose e goliardiche dei bambini in estate, la prassi dei dialoghi fra genitori che con occhi vispi vedono i loro figli crescere e le imprecazioni affettuose degli anziani nei confronti degli stessi bambini, quando arriva nelle loro vicinanze un pallone o quando questi ultimi corrono troppo velocemente rischiando di cadere.
Situato in Piazza Padre Pio, vi è il monumento portante che ha dato il nome a questo luogo di ritrovo.E’ un’opera in bronzo dell’artista P.Fazzini, e ritrae il Santo con le braccia levate al cielo mentre impugna l’Ostensorio. Al di sotto della statua vi sono poi quattro figure che descrivono alcune scene della vita del frate Cappuccino, momenti di forte spirituralità come l’atto della confessione o la comparsa delle stimmate.
Proseguendo la nostra passeggiata in questo posto intrinseco di storie giornaliere che si arricchiscono con il passare del tempo e delle generazioni, entriamo idealmente in Piazza dei Martiri, ove padroneggia il Municipio di San Giovanni Rotondo, ospitato all’interno di Palazzo San Francesco in onore del Santo d’Assisi. La storia primordiale del Palazzo di Città affonda le sue radici nei meandri delle funzioni religiose. Il primo convento di San Giovanni si trovava fuori le mura del paese, in una posizione di costante pericolo, nella seconda metà del XV secolo quindi l’Università ne fece erigere un secondo all’interno del centro abitato. Funzionante a partire dal 1470, fu soppresso nel 1652 da Papa Innocenzo X per mancanza di rendite e fu consegnato l’anno successivo dallo stesso Papa ai padri francescani, gesto che fu apprezzato dagli abitanti del luogo che lo colmarono di rendite per evitare una ipotetica e nuova chiusura. Nel 1700 il frate P.Giambattista ottenne dall’Università il permesso di ricostruire il convento grazie alla partecipazione finanziaria attiva dei cittadini. La chiesa venne chiusa definitivamente nel 1865 a seguito del crollo del tetto.
Fino a pochi anni fa, il corso aveva una caratterizzazione diversa da come possiamo vederlo oggi, era infatti ornato di una serie di alberi di querce ed olmi che facevano da riparo ai passanti durante il torrido sole estivo. Piazza dei Martiri è divenuta anche luogo di comizi, molte volte di concerti pubblici.
Il corso termina poi con “Luogo della memoria – Largo 28 Luglio 1916”, costruito in occasione del centenario dell’arrivo di Padre Pio a San Giovanni Rotondo e padroneggiato da un albero, simbolo della visione avvenuta da L.Fiorentino, una delle prime figlie spirituali del Santo, che vide:-“ Un albero nel convento ad indicare l’arrivo a San Giovanni di un’anima che farà tanto bene al nostro paese”-. (dalle memoria di Lucia Fiorentino).
“Ammeze lu corse”, sentito, vissuto e voluto. I passi lasciano spazio ai discorsi, quì la penna degli artisti si è servita per scrivere e raccontare, qualcuno è affrettato a superarlo quotidianamente, i ragazzini scambiano figurine, qualcun altro siede fuori a un bar a contemplare il tempo che passa, qualcun altro gusta un gelato seduto sui primi scalini comodi che trova, c’è chi impreca, chi si guarda intorno, chi non trova risposte e chi le trova nei silenziosi balconi fioriti o nello sguardo di un passante, gli anziani sono “a stramaledir il tempo ed il governo” (F.De Andrè), qualcun altro guardando tutto questo si gode la dinamicità mattutina, le parole o il silenzio candido della notte o del primo pomeriggio, o un ricordo, o un rimpianto, o un richiamo d’appartenenza, o il tutto e il niente o anche solo la magia che questo posto può dare.