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22 Nov

Don Tonino Bello: un uomo innamorato di Maria

di Michele Illiceto

Sono famosi i testi scritti da don Tonino Bello su Maria pubblicati sotto il tiutolo “Maria donna dei nostri giorni”. Commentarli non è cosa facile senza rischiare di sminuirli. Oggi – approfittando anche del fatto che sta per cominciare il mese di maggio tradizionalmente dedicato a Maria – comincio un percorso di lettura e di meditazione su tali testi che propongo senza alcuna pretesa ai miei lettori, nella speranza di stimolarli a leggere le pagine scritte dal vescovo di Molfetta.

Il primo elemento che don Tonino mette in evidenza è che Maria è una donna feriale, che vive a pieno la sua quotidianità, la sua normalità. Entrare in questa sua quotidianità non è dissacrare Maria. Tutt’altro:

«Santa Maria, donna feriale, forse tu sola puoi capire che questa nostra follia di  ricondurti entro i confini dell’ esperienza terra terra, che noi pure viviamo, non è il segno di mode dissacratorie. e per un attimo osiamo toglierti l’aureola, è perché vogliamo vedere quanto sei bella a capo scoperto»

Scoprire il capo a Maria per vedere quanto di noi c’è in lei e quanto di lei può entrare in noi. Spesso la santità di Maria è stato motivo per allontanarla da noi piuttosto che motivo per avvicinarla a noi.

Spegnere i riflettori su Maria, non è toglierle la luce, ma «misurare meglio l’onnipotenza di Dio, che dietro le ombre della tua carne ha nascosto le sorgenti della luce».

Maria con la sua luce non vuole fare ombra alla Luce. Non è come noi che spesso anteponiamo noi stessi a Dio.

Come legge Don Tonino l’avventura di Maria? Come un navigare tra acque tempestose. Navigare: è un verbo che negli anni Ottanta non aveva ancora il significato che ha oggi nell’era di internet e delle navigazioni virtuali. Don Tonino prende spunto dai pescatori  molfettesi di cui conosceva la fatica e le vicissitudini.

Maria è stata «destinata a navigazioni di alto mare». Sembra qui ritornare l’episodio evangelico di Gesù che costringe i discepoli a prendere il largo. E mentre lei osa navigare per acque incerte, noi il più delle volte amiamo sostare sulle «spiagge del nostro scoraggiamento». Ed è per questo che ogni tanto la costringiamo a «veleggiare sotto costa» per lasciarci prendere da lei e trovare in lei il coraggio di osare anche noi a navigare «negli oceani della libertà». Ecco una bella metafora: la libertà è un oceano di pace per arrivare al quale bisogna navigare mari tempestosi.

Ma qual è il luogo della ferialità di Maria secondo il vescovo di Molfetta? E’ «la casa di Nazaret, dove tra pentole e telai, tra lacrime e preghiere, tra gomitoli di lana rotoli della Scrittura, hai sperimentato, in tutto lo spessore della tua naturale femminilità, gioie senza malizia, amarezze senza disperazioni, partenze senza ritorni».

Don Tonino delinea qui con pennellate poetiche uno scenario di una  quotidianità fatta di eventi umani in cerca di senso. Eventi che sono di Maria ma anche i nostri. Che ci accomunano proprio perché nessuno vi è risparmiato. Luogo “di lacrime e di preghiere”. Infatti, che cosa sono le lacrime senza le preghiere e che cosa è una preghiera che non lacrima?

Tra luoghi dominati da maschi (la politica, l’economia, le armi, i poteri, i divertimenti), la casa di Maria per Don Tonino rappresenta il luogo di “naturale” femminilità. La femminilità luogo di “deponenza” ma anche di “tenerezza”: il vero potere che disarma la banalità e la stupidità di chi cerca solo il proprio interesse.

Maria la sua deponenza l’ha coniugata con la sua grande pazienza nel resistere alle incomprensioni di donna, di sposa e di madre.  «Come tutte le donne, ha provato pure lei la  sofferenza di non sentirsi compresa, neppure dai due amori più grandi che avesse sulla terra. E avrà temuto di deluderli. O di non  essere all’altezza del ruolo».

Per questo Maria sperimenta le amarezze senza disperarsi, e vive la gioia senza confonderla con il godimento che a volte sporca la stessa gioia con una certa malizia.

La casa per don Tonino Bello è luogo teologico e liturgico, luogo umano e per questo anche divino, di quel Dio che si è fatto uomo, che si è accasato tra gli uomini proprio nel grembo di una donna che nella sua casa si è fatta casa.

Eppure, come vedremo,  Maria donna di casa, sarà spesso fuori casa, per rendere casa ogni luogo impersonale e anonimo. Per andare incontro a quanti la casa non ce l’anno più o non l’hanno mai avuta. Perché per Maria il mondo comincia da una casa a cui tutti hanno diritto. Ma allo stesso tempo non si può lasciare fuori di casa quel mondo che comincia in casa.

Maria è stata una donna feriale sia come sposa che come madre. Anche lei, infatti,  «come tutte le mogli, avrà avuto anche lei dei momenti di crisi nel rapporto con suo marito, del quale, taciturno com’ era, non sempre avrà capito i silenzi. Come tutte le madri, ha spiato pure lei, tra timori e speranze, nelle pieghe tumultuose dell’adolescenza di suo figlio»

Don Tonino vede Maria «piena di sollecitudini familiari e di lavoro…così inquilina con le fatiche umane, da farci sospettare che la nostra penosa ferialità non debba essere poi così banale come noi pensiamo».

Maria è donna feriale perché non vive di nostalgie. Non guarda al passato dimenticando il presente. Non si proietta in un futuro da costruire con la bacchetta magica. Maria sa che il passato non va idealizzato come scusa per scappare dal proprio presente, né si guarda al futuro con gli occhi ingenui di chi vuole tutto e subito. Lei sa che il futuro si costruisce con la fatica di vedere crescere le vicende e le cose gradualmente, a poco a poco, tra ombre e luci.

Maria donna feriale perché donna del suo tempo, donna del presente che può insegnarci «a considerare la vita quotidiana come il cantiere dove si costruisce la storia della salvezza».

Dio lo si incontra anche nelle proprie paure «nelle pieghe prosaiche del tempo e nelle agonie lente delle ore». Maria è la donna «innamorata di normalità, che prima di essere incoronata Regina del cielo ha ingoiato la polvere della nostra povera terra».

Maria donna di mare e donna di terra!

Altro che Nietzsche con la sua “fedeltà alla terra”!. Se Nietzsche avesse letto don Tonino Bello forse non avrebbe mai detto che “Dio è morto”.

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