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22 Nov

Stessi risultati, legge elettorale diversa: quale Parlamento?

 

Pubblichiamo un interessante studio di You Trend sulla composizione del nuovo Parlamento con le leggi elettorali dei più grandi paesi europei. Vediamo le varie composizioni, prendendo come riferimento il Senato, avente grosso modo gli stessi termini di risultato della Camera.

Vediamo cosa sarebbe accaduto se le elezioni 2018 si fossero tenute con un sistema tedesco (proporzionale con soglia al 5% e attribuzione dei seggi su base regionale).

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Per formare una maggioranza ci sarebbe stato bisogno di un accordo tra il M5S e un altro partito, oppure tra tutti ad esclusione del M5S.

Ma il sistema tedesco non è l’unico proporzionale con effetti premianti per i partiti maggiori: più premiante ancora è infatti il sistema spagnolo, che assegna i seggi provincia per provincia. Ma i risultati sono pressoché identici: nessuna maggioranza a meno di accordi post-voto.

Vediamo ora il modello greco: che assegna un “pacchetto” di seggi al vincitore (in Grecia sono 50 seggi su 300, il 16,7% del totale). Nessuna maggioranza anche in questo caso. Del resto, la legge elettorale greca già in passato ha dimostrato di garantire una maggioranza solo a patto di superare almeno il 35% dei voti. Il 32% raccolto in questa occasione dal M5S non sarebbe comunque stato sufficiente.

 

Vediamo cosa sarebbe accaduto ipotizzando che i seggi di Camera e Senato siano stati assegnati in collegi uninominali a turno unico. Il first-past-the-post del modello inglese, per intenderci, il maggioritario puro per eccellenza.

 

Proviamo allora a vedere come sarebbero andate queste elezioni con il Mattarellum, ossia assegnando non più il 36% dei seggi con il maggioritario (come prevede il Rosatellum), ma il 75% – come prevedeva il Mattarellum. Il restante 25% lo simuliamo con il proporzionale, senza scorporo (che attenuerebbe ulteriormente gli effetti maggioritari del sistema).

 

Nemmeno il Mattarellum avrebbe assicurato una maggioranza con i numeri delle Politiche 2018. Al centrodestra sarebbero mancati 8 seggi al Senato, e ben 25 alla Camera.

Proviamo ad utilizzare il sistema francese, basato sul doppio turno di collegio.

 

Ora il Porcellum: congegnato in tempo di pieno bipolarismo (2005), garantiva alla coalizione vincente di avere 340 seggi su 630 alla Camera. Così, dal 2006 al 2013 abbiamo sempre avuto una coalizione maggioritaria a Montecitorio. Il problema era il Senato, dove erano previsti premi di maggioranza regionali. E infatti, lo stallo si sarebbe replicato a Palazzo Madama anche nel 2018 (come già nel 2006 e nel 2013) con il centrodestra fermo a 136 seggi su 309 nonostante la vittoria del premio alla Camera.

Il Porcellum peraltro fu dichiarato incostituzionale per vari motivi. Così, dopo la sua bocciatura fu il turno dell’Italicum che diceva una cosa molto semplice: se nessuna lista avesse raggiunto almeno il 40% dei voti al primo turno, i 340 seggi sarebbero stati assegnati in un ballottaggio tra le prime due liste. Ecco una simulazione con la vittoria del M5S, la vittoria del PD (seconda lista, nonostante tutto) oppure la vittoria del centrodestra – se si fosse presentato con una lista unica, visto il meccanismo della legge.

Quindi, lo studio di YouTrend ci aiuta ad affermare che non è a causa del Rosatellum se nel Parlamento attuale non c’è una maggioranza. Al contrario, come ha di recente ricordato  Andrea Maccagno, il meccanismo misto previsto dal Rosatellum, con la sua quota di collegi uninominali maggioritari, mette in condizione tutte le forze politiche di ottenere la maggioranza dei seggi, sia alla Camera che al Senato: a condizione, però, di avvicinarsi al 40% dei voti – e di vincere nei collegi uninominali “giusti”.

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