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“Bella come il Paradiso, grande come il mare”: la nuova chiesa di Padre Pio tra fede e architettura

5 Febbraio 2018
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di Michele Del Grosso

Prima di continuare con il viaggio a tappe nella nostra città mi soffermerò un attimo sulla “chiesa nuova” di Padre Pio. Lo farò in modo inconsueto, elencandone 10 aspetti che probabilmente molti non conoscono, e che forse possono donare, specialmente con alcuni racconti, una dimensione un po’ più umana a un monumento che noi sangiovannesi abbiamo sempre sentito “distante”.

Quando, nei primi anni ’90, i frati minori cappuccini di San Giovanni Rotondo dichiararono a Renzo Piano la volontà di affidargli la progettazione della nuova chiesa di Padre Pio, l’architetto genovese rifiutò perché l’idea lo spaventava troppo. I frati non si arresero e, ogni giorno, al primo mattino, inviarono a Renzo Piano dei fax contenenti diversi passi del Vangelo. La storia andò avanti per tre settimane fin quando, una mattina, l’architetto cambiò idea. Quel giorno il passo del Vangelo recitava: “Con la perseveranza guadagnerete le anime vostre” (Luca 21,19).


L’arco che si affaccia sull’immenso sagrato misura circa 44,5 metri di larghezza e 15 metri di altezza. È il più grande arco del mondo mai realizzato in pietra strutturale.


La facciata che svetta sul sagrato, a dispetto del suo aspetto e della sua posizione privilegiata, non coincide con l’ingresso principale della chiesa, anzi, è il retro. L’ingresso principale (in foto) si trova esattamente dal lato opposto, come se fosse ribaltato il normale ordine delle cose.

La struttura della chiesa rappresenta un modello completamente innovativo e addirittura unico sul panorama mondiale. Questo creò non pochi problemi nelle fasi di approvazione del progetto, dato che non esistevano riferimenti e normative per la realizzazione di strutture cosi grandi che utilizzassero la pietra (in questo caso completamente pietra di Apricena) come materiale strutturale, per giunta in un luogo a rischio sismico. Controlli, revisioni, e modifiche portarono a una soluzione finale in parte diversa da quella iniziale, sicuramente più spregiudicata (foto).


Per i motivi elencati al punto 4, ogni elemento della struttura fu sottoposto a numerosissimi controlli prima di essere considerato idoneo. Vennero addirittura realizzati macchinari esclusivamente per il cantiere di San Giovanni Rotondo. Vi è un aneddoto particolare proprio relativamente a uno di questi macchinari. Si tratta dello strumento che venne realizzato per le prove meccaniche sui blocchi di pietra. A parere degli addetti ai lavori, si trattava di un piccolo capolavoro di ingegneria. Al termine dei lavori si creò una diatriba tra chi voleva che il macchinario si conservasse, a testimonianza della straordinarietà di quel cantiere, e chi (Renzo Piano) voleva eliminarlo, dato che si trovava proprio in corrispondenza dell’ingresso principale e avrebbe rovinato la vista d’insieme. Venne proposto addirittura di interrarlo pur di conservarlo, ma alla fine furono vani i tentativi di convincere l’architetto. Peccato.


Ogni arco della chiesa è attraversato per tutta la sua lunghezza da 6 cavi di acciaio che corrono in 6 appositi fori praticati sui blocchi di pietra. Come se si trattasse di un’immensa collana in cui le perle sono proprio i blocchi di pietra. I cavi di acciaio furono posti in tensione subito dopo il completamento di ogni arco così da conferirgli grande stabilità. In particolare i due cavi centrali, di 12 cm di diametro sono quelli che svolgono costantemente il proprio lavoro. I quattro cavi angolari, di 4,5 cm di diametro, sono di supporto, ed entrano in funzione ad esempio in caso di evento sismico.


Per inserire al meglio l’opera nel contesto è stato creato un grande giardino che circonda gran parte della chiesa. Della progettazione di questo giardino si occupò anche la moglie di Renzo Piano.


Agli osservatori più attenti non saranno sfuggiti dei cerchi metallici posizionati sui blocchi di pietra degli archi. Essi non sono altro che dei “tappi” con cui sono stati chiusi i fori necessari al sollevamento e posizionamento dei blocchi di pietra.

Tutta la geometria dell’opera nasce da un punto ben preciso. Esso coincide con l’immenso pilastro centrale, all’interno di cui, nella cripta, è custodito il corpo di San Pio. Il significato è chiaro.
Vi è un aneddoto anche riguardo questo grande pilastro del diametro di 26 metri alla base! Era il febbraio del 1998, e le condizioni metereologiche non permettevano la posa in opera del calcestruzzo. In un lasso brevissimo il tempo migliorò e divenne mite. La colata di calcestruzzo durò 74 ore continuate. Subito dopo il termine delle operazioni il tempo peggiorò nuovamente e repentinamente.


Negli anni successivi alla realizzazione, qualsiasi struttura tende ad assestarsi mediante movimenti impercettibili e assolutamente normali. La chiesa di San Pio è costantemente monitorata mediante dei sensori acutissimi posti in corrispondenza degli archi. Alla minima vibrazione o variazione, i sensori si attivano e inviano messaggi o e-mail a chi di competenza. Dai racconti dell’ingegnere Giuseppe Muciaccia che diresse i lavori nel cantiere: “Ogni volta che a San Giovanni si verifica una lieve scossa di terremoto, ma anche un temporale o addirittura in concomitanza dei fuochi artificiali delle feste, la mia casella di posta viene raggiunta da messaggi provenienti dalla chiesa”.

 

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