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19 Apr

Ricostruito l’efferato agguato di San Marco in Lamis: due arresti ma novità in arrivo

Nelle prime ore di ieri, 16 ottobre, è stata eseguita una importantissima operazione di contrasto alla criminalità organizzata della provincia di Foggia, che riguarda il brutale quadruplice omicidio commesso nelle campagne di Apricena, nei pressi della vecchia stazione ferroviaria di San Marco in Lamis il 9 agosto 2017.

I Carabinieri del Comando Provinciale di Foggia e del Reparto Crimini Violenti del Ros di Roma, con il supporto di quelli della Compagnia di Barletta, hanno infatti eseguito nei confronti di due indagati, Giovanni Caterino, cl. ’80, e Luigi Palena, cl. ’70, entrambi di Manfredonia, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP di Bari su richiesta di questa Direzione Distrettuale Antimafia.

Il primo è accusato di concorso nel quadruplice omicidio e di detenzione e porto delle armi utilizzate per il delitto, entrambi di detenzione e porto di altre due armi.

Le indagini si sono sviluppate su piani diversi ed infatti sono state affidate ad un pool di magistrati della D.D.A. di Bari e a diversi organi dell’Arma dei Carabinieri, che hanno battuto i vari percorsi investigativi: in particolare il Comando Provinciale di Foggia ed il Reparto Crimini Violenti del R.O.S. di Roma, che hanno potuto contare anche sul generoso supporto del Comando Provinciale di Bari, con l’importante contributo della Compagnia Carabinieri di Barletta.

Le indagini condotte dai Carabinieri di Foggia e dal ROS, estremamente complesse e di altissimo livello tecnologico, peraltro ancora in corso, hanno permesso di dimostrare come il Caterino, già nei giorni precedenti la strage, aveva studiato le abitudini dell’obbiettivo principale, Mario Luciano Romito, per poi pedinarlo nel giorno dell’omicidio, per indirizzare e condurre i componenti del gruppo di fuoco fino al luogo dove avvenne l’atroce delitto.

Grazie alla raccolta ed al confronto di innumerevoli dati estrapolati da decine di telecamere disseminate lungo tutto il tragitto interessato dal passaggio di vittime e carnefici e grazie alle numerosissime intercettazioni e instancabili servizi sul terreno, è stato documentato il coinvolgimento diretto del Caterino, nonché il ruolo svolto dal Palena per procurare due armi da fuoco, con relativo munizionamento, da utilizzare per l’omicidio, ancora in fase organizzativa, di un altro esponente del contrapposto clan “Romito”.

Altri, importantissimi elementi indiziari sono stati acquisiti, sin dall’inizio delle indagini, nell’ambito di una innovativa cooperazione internazionale, che ha coinvolto anche Eurojust. Infatti, nel corso di altre indagini condotte sempre della DDA di Bari ed affidate all’Arma di Barletta, era emersa, grazie alla brillante intuizione dei militari, la possibile implicazione nella strage di tale Tucci Saverio, anch’egli manfredoniano, soprannominato “Faccia d’Angelo”, in passato coinvolto nel processo alla cd. mafia garganica denominato “Iscaro Saburo”, nel cui ambito veniva condannato per traffico di droga.

Ebbene, due mesi dopo la strage di Apricena, il 10 ottobre, il Tucci veniva ucciso ad Amsterdam da tale Magno Carlo, un manfredoniano che da anni viveva facendo la spola tra la città olandese e Manfredonia.

Lo stesso Magno Carlo, il 12 ottobre 2017, si presentava dalla polizia olandese con un avvocato e si costituiva, sostenendo di aver ammazzato, appunto, Tucci Saverio, di cui faceva immediatamente rinvenire il cadavere, occultato in una valigia all’interno di una autovettura che lui aveva in uso.

La sensazione che i rapporti tra Tucci (di cui già si ipotizzava un ruolo nel quadruplice omicidio) e Magno potessero condurre ad aprire un varco nelle indagini sulla strage di Apricena induceva i magistrati della DDA, in primis lo stesso Procuratore Volpe – con l’eccezionale contributo di Eurojust – a intessere rapporti con le autorità olandesi, che aderendo alla richiesta di trasferimento in Italia del caso giudiziario (il cui processo pertanto si celebrerà in Italia), consegnavano il Magno nelle mani della magistratura italiana, dinnanzi alla quale egli iniziava un percorso di collaborazione.

Magno, nel corso di vari interrogatori, ha ripetutamente riferito agli inquirenti che Tucci gli aveva svelato di aver fatto parte del gruppo che aveva ucciso Mario Luciano Romito, confermando dunque l’ipotesi investigativa.

E’ apparso, allora, chiaro il senso di talune affermazioni fatte nel corso di intercettazioni proprio da Giovanni Caterino, allorquando, dopo il quadruplice omicidio e dopo aver subìto un tentativo di agguato il 18/02/2018, includeva se stesso e proprio Tucci tra gli obbiettivi prioritari del clan Romito.

Il contesto criminale emerso dalle indagini ha anche permesso di dare un inquadramento al gravissimo fatto di sangue nelle dinamiche criminali del territorio: in sostanza un passaggio “necessario” per la ridefinizione degli assetti di potere all’interno della criminalità garganica, per la quale Mario Luciano Romito, indiscusso esponente di vertice dell’aggregato criminale facente capo all’omonima famiglia, rappresentava un ostacolo.

La Procura di Bari ha richiesto ed ottenuto dal GIP che fosse riconosciuta l’aggravante mafiosa di cui all’art. 416 bis 1 del c.p., sia sotto il profilo del “metodo”, che sotto quello della finalità di agevolare il clan mafioso “Li Bergolis”.

Il contributo di più reparti specializzati di polizia giudiziaria, il lavoro coordinato di vari magistrati, l’altissimo livello tecnologico delle investigazioni, il coordinamento internazionale e – finalmente – una rottura nel muro di omertà che da sempre contraddistingue quel territorio stanno dando inizio ad un nuovo corso nella lotta alla criminalità organizzata della provincia di Foggia, in questa come in altre indagini.

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