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29 Mar

Monte Calvo, luogo di svago ma anche di tragedie

Ci sono storie che si dimenticano, o che non si vogliono ricordare, tragedie che lasciano segni indelebili e tragedie che vengono rimosse.

Una fitta nebbia involge un episodio tragico avvenuto nell’aspro territorio di San Giovanni Rotondo, in mezzo ad un difficile secolo, il 1800, contrassegnato da epidemie, lotte e fatti di sangue;

un episodio che accadde in una fredda vigilia di Natale del 1846:
“a venti di Dicembre milleottocentoquarantasei, disgraziatamente sono morti nel luogo detto Castello Ficcardo, tenimento di questo comune le sottonotate persone vaticali n° 15…[1]

San Giovanni Rotondo nella prima metà dell’800′ è una piccola cittadina, di circa 6.000 abitanti con un’economia basata sulla monocultura cerealicola (con l’assenza quasi di qualsiasi attività produttiva specializzata[2]), sulla pastorizia povera e sull’allevamento brado: “negli estesissimi pascoli della pianura si raccoglie d’inverno il bestiame, che nella stagione più calda emigra tra i monti e sugli altipiani guidato da quei pastori mezzo selvaggi, il cui strano abbigliamento ci venne reso famigliare dalle dipinture, che raffigurano briganti, perché briganti e pastori sono qui press’a poco la medesima cosa”….

Il Gargano è  come un’isola solitaria e selvaggia, che si specchia nel Golfo di Manfredonia, dove le città “languono sotto il plumbeo giogo della malaria, la quale sprigiona dalle paludose lagune, di cui i monti del Gargano sono circondati da settentrione a mezzodì[3].

La mancanza di infrastrutture stradali, le pessime condizioni igienico-sanitarie, le condizioni di vita molto scadenti, al limite della sopportazione umana, i fattori di isolamento con il resto della regione, sono gli aspetti che maggiormente emergono dalle prime inchieste parlamentari[4].

Non era agevole raggiungere San Giovanni Rotondo.

Le strade, poche e in pessime condizioni, collegavano il paese solo con  San Severo, Monte Sant’Angelo e con le Matine:

“non è concepibile quali difficoltà si debbano sormontare per raggiungere questi piccoli centri dispersi fra le montagne del Gargano… mi è parso compiere un salto indietro nel

corso della civiltà di almeno cent’anni…

Questo il paesaggio.
Una via stretta, fangosa e sporca fino all’inverosimile, fiancheggiata da una teoria di casupole basse, povere, tristi, da cui sbucano frotte di bambini mocciosi e di maialetti sguazzanti e grugnenti nel fango, bui interni di abitazioni primitive, donne e uomini che ti guardano con aria triste quasi diffidente, non un sorriso, non un fiore: ecco San Giovanni Rotondo”[5]

Il grande problema infrastrutturale è  rappresentato dall’assenza di strade che collegano San Giovanni Rotondo con la parte settentrionale del Gargano.
Una strada importante, fondamentale  per il commercio del pesce:
“Facciamo voti che si dia ben presto esecuzione alla strada S. Giovanni Rotondo – Cagnano, cento volte tracciata ed altrettante rimasta in oblio”[6].

Il pesce a San Giovanni Rotondo era venduto in pubblica piazza ed  in parte pescato nel lago di Pantano:
“distante tre miglia da parte di Levante, formato dalle acque che cadono l’inverno e dalle acque che distillano dalla montagna, che gli è parte di tramontana, nominata Monte Calvo: accade in tempo di siccità che viene a mancare (l’acqua).”[7].

Una pesca povera che avviene solo nella stagione estiva:“In questo lago non visi pesca altro pesce, che picciole tinche, e la pesca fassi solo nelle stati.

In S. Giovanrotondo è legge municipale, che le tinche vender si dovessero nel lago grana cinque il rotolo, ed in piazza grana sei; e che non si potessero vendere in altri paesi.
Ciò non ostante i vaticali di S. Giovannirotondo le vanno a vendere a Montesantantangelo, a S. Marco in Lamis, a Foggia, ed in altri luoghi”.

Nelle altre stagioni il pesce proviene da Manfredonia e dal lago di Varano trasportato dai vaticali di San Giovanni Rotondo:
Il lago di Varano è di pesci abbindantissimo, e quindi di sommo profitto.
Vi si pescano capitoni, capomazzi, anguille maretiche, ed anguille pantanine, cefali, mansi, urute, spine, grugnali, tinche, ed altre specie di pesci[8].

I vaticali, sono proletari poveri e spesso indebitati con i possidenti della città.

A volte proprietari di un mulo o di un asino, in comitiva sono dediti al trasporto di pesce o di prodotti della terra che poi vendono nei mercati.

Le feste natalizie erano una ghiotta occasione per i vaticali sangiovannesi per fare profitto con la vendita del pesce ma nel 1846 qualcosa andò storto.

Una compagnia di 15 vaticali si mosse alla volta di Cagnano Varano per provvedere all’acquisto del pesce in compagnia dei loro muli. Caricato il pesce  intrapresero la strada del  ritorno.

La mulattiera che da Cagnano conduce a San Giovanni Rotondo è breve (meno di 20 km) ma dura e insidiosa. I vaticali  conoscono bene la mulattiera e sono consapevoli dei rischi,  ma i primi fiocchi si trasformano in breve tempo in una fitta e copiosa nevicata.
Decisero di continuare il  viaggio ma il loro coraggio si rivelò funesto.

Il vento impetuoso accompagnato da una fitta nevicata  gli tolse la vista; stanchi e forse privi di riferimenti, giunti a pochi chilometri da San Giovanni Rotondo, in località Castello Ficcardo (nei pressi di Monte Calvo), stremati nelle forze e vinti dall’ira del tempo, incontrarono solo l’inesorabile e tragico destino:“ venivano da Cagnano con i loro animali carichi di pesci, la causa della morte è stata il cattivo tempo cagionato dalla cadente neve una coll’impetuoso vento[9].

Una tragica visione accolse i soccorritori che il giorno dopo trovarono solo cadaveri sparsi tra la Valle degli orti e Castello Ficcardo;  morirono tutti, assiderati dal gelo;
tra le cinque e le sette della mattina.

Una strage, 15 lavoratori, 13  di San Giovanni Rotondo, uno di Carpino e uno di Cagnano Varano.

+ Bucci Giuseppe di anni 24 morto insieme al padre Nunzio di anni 47;
+ De Padova Giovanni di anni 26;
+ De Padova Michele Vincenzo, di anni 35, trovato nella Valle degli orti sepolto dalla neve;
+ Di Cosmo Francesco, di anni 44;
+ Gurguglione Michele Giovanni, il più giovane, morto nella neve a 18 anni;
+ Mangiacotti Giovanni, di anni 42, perito insieme al figlio Francesco di anni 22;
+ Palladino Antonio, sposato di anni 40;
+ Passitti Francesco di Carpino di anni 29;
+ Pazienza Giovanni Andrea di anni 22;
+ Pelosi Michele , di Cagnano Varano di anni 37;
+ Ricci Antonio, di anni 36;
+ Ricci Michele, di anni 39;
+ Ricci Pasquale di anni 32, sposato.

La tragedia della storia e la beffa del destino risultano più lacrimevoli se si pensa che Castello Ficcardo e soprattutto la Valle degli Orti si trovano sul crinale nord di Monte Castellano cioè  a poco meno di 3 chilometri dalla meta San Giovanni Rotondo.Ma d’altronde se i poveracci fossero riusciti a percorrere un solo chilometro in più e avessero raggiunto quindi il crinale nord di Monte Castellana, la tormenta di neve sarebbe stata molto più mite soprattutto il manto nevoso meno alto.

Anche se la vicenda risale a quasi due secoli fa, lo storico resta ancora rattristato e colpito nel più profondo dell’anima se si pensa che gli sfortunati protagonisti sono stati vittima di un’ingerenza economica.

Difatti in una notte così fredda, con una tormenta di neve e vento che ti impedisce persino di aprire gli occhi, l’unica strada era fermarsi con tutti gli asini e i muli e soprattutto il carico di pesci, restando uniti e trovando un riparo per passare la notte.

Ma i poveracci non potevano fermarsi perchè l’indomani mattina, vigilia di Natale, dovevano vendere il pesce che avevano comprato a Cagnano.

Non arrivare in tempo, significava perdere i mercati e quindi buttare la merce.

Quindi il paradosso tragico: per la necessita di arrivare presto non arrivarono mai!

 

[1]     Archivio Storico Chiesa di S. Leonardo Abate, S. Giovanni Rotondo, Registro dei morti, Volume XV, 1839-1847. La nota è dell’Arciprete Giuseppe Longo.

[2]     Antonio Tedesco, Quella voce fucilata nella piazza,l’eccidio del 14 ottobre 1920 a San Giovanni Rotondo, Ed. Sudest, 2010, Manfredonia.

[3]     C. Stieler, Viaggio pittoresco dalle Alpi all’Etna, Milano 1876.

[4]             Molte furono le inchieste dopo l’unità d’Italia per verificare la condizione economica del sud Italia. Di Stefano Jacini (1826-1891): cattolico liberale fu deputato della destra storica e poi ministro. Diresse dal 1877 al 1884 la grande inchiesta agraria. Altre interessanti inchieste: Giuseppe Zanardelli, del prof. Presutti, di Franchetti, di Fortunato, solo per citarne alcune.

[5]     L’Avvenire delle Puglie, 17.10.1920.  Inchiesta di Ausert Urberto, giornalista dell’Avvenire delle Puglie(per i fatti dell’eccidio del 14 ottobre 1920).

[6]     Tommaso Nardella, Memorie storiche di San Giovanni Rotondo, 1894.

[7]     Tommaso Nardella, Memorie storiche di San Giovanni Rotondo, 1894.

[8]     Michelangelo Manicone, La fisica appula del P.F. Michelangelo Manicone, Napoli, 1807.

[9]     Archivio Storico Chiesa di S. Leonardo Abate, S. Giovanni Rotondo, Registro dei morti, Volume XV, 1839-1847. La nota nel Registro dei morti è dell’Arciprete Giuseppe Longo.

Link ad articolo originale: http://garganistan.blogspot.com/2014/01/la-solitudine-della-neve.html

di Antonio Tedesco

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