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20 Apr

Letture al caldo

28 Novembre 2018
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di Antonio Lalla

Mettiamo il caso che questo inverno faccia freddissimo, e che inizi a fioccare la neve, ma non il nevischio, quello più simile a pioggia e che bagna solo la strada, intendo proprio neve bella soffice già dai fiocchi che lenti scendono giù: cosa fai? Mia nonna andrebbe a svaligiare il supermercato di tutto il lievito, farina e patate che hanno sugli scaffali :“ ‘Nzia mai rumanim bluccat jinte casa”. Il pericolo maggiore per i nostri nonni era l’impossibilità di uscire, e di non avere cibo, e quindi avere le poche materie prime per fare un po’ di pane in casa diventava indispensabile.

Ora penso che ognuno di noi abbia i frigoriferi e i freezer pieni di provviste, e forse alcuni non sanno più tanto cosa sia fare la pizza in casa, e male che va qualche scatoletta di tonno in dispensa c’è sempre, quindi non si muore di fame. Anche perché diciamocelo pure, utilizziamo una di quelle scomodissime frasi fatte “ormai non ci sono più le stagioni di una volta”, gli inverni non sono più così freddi, ma una nevicata bella consistente può sempre capitare, male che vada un paio di giorni di clausura in casa al caldo potrebbero pure uscire, e cosa fai in quei casi per scacciare la noia? Non pretendo una risposta, ma voglio solo offrire un’alternativa, la mia: io aprirei un “supporto cartaceo”, che sia libro o un fumetto, ne approfitterei per crogiolarmi sulla poltrona cullato dalla fantasia del mondo che sto visitando in quel momento, immerso nel silenzio ovattato di una città ferma, anche solo per qualche ora…

Ma anche se non dovesse nevicare, se gli agenti atmosferici non siano catastrofici (e speriamo non lo siano) stare a calduccio e rilassarsi è il diritto di ognuno, io lo faccio anche con i fumetti, e vi offro la mia l’alternativa (a fumetti) per affrontare l’inverno, nel primo di due appuntamenti (se tutto va bene) che spero troviate graditi.

MISTER MIRACLE vol 1 (13.95 euro, RW Edizioni – Lion Comics)

Amo i supereroi. Li amo perché sono colorati, perché spesso hanno dei disegni da favola, perché sono il sogno dell’America, quella dove vuoi andare da bambino e che nonostante lasci a desiderare la sogni sempre; perché c’è un mondo dietro; perché c’è L’Uomo Ragno, anzi, Spiderman. Amo i super eroi perché sono esagerati, e a volte bisogna esagerare; amo i supereroi perché riescono sempre (o quasi) a sconfiggere la morte. Ed è proprio la fuga dalla morte l’impresa ardua che intraprenderà il maestro dell’escapismo Scott Free(nomen omen), alias Mister Miracle, nello story arc architettato da Tom King.

Mister Miracle, nome banalissimo per un personaggio creato dalla mente del mai troppo compianto Jack -THE KING- Kirby; uno degli autori appartenenti a quel panteon del fumetto americano che ha riportato in alto nelle classifiche di vendita i fumetti dei super eroi negli anni 60, e che insieme a Stan Lee ha praticamente creato l’universo Marvel Comics. Mister Miracle è uno dei tanti personaggio scaturiti dalle pagine del suo fumetto Il Quarto Mondo per la DC Comics, dove propone per la seconda volta una rilettura della mitologia classica, partendo dalla domanda “Se gli dei classici fossero realmente esistiti, cosa farebbero ora?”. Senza dilungarmi troppo, Jack Kirby, aveva proposto ai lettori un’idea simile con i personaggi del Gli Eterni per la Marvel, iniziativa dove si prefigurava come autore a tutto tondo delle storie e dell’universo narrativo, ma che non ebbe il successo sperato, complici anche il progressivo allontanamento di Kirby dalla stessa Marvel Comics e i litigi con Lee, che lo portarono a lasciare definitivamente la casa delle idee per approdare alla concorrenza, ovvero la DC Comics di Batman e Superman. Con Il Quarto Mondo però, Kirby volle partire dall’idea ancor più basilare della eterna lotta tra bene e male coinvolgendo entità semi divine che per certi versi erano collegati con l’umanità stessa da un rapporto di superiorità nei confronti della specie umana, anche se vivevano, a differenza degli Eterni, in un’altra dimensione. Essenzialmente Il Quarto Mondo vedeva contrapposta in questa eterna lotta gli abitanti del pianeta Nuova Genesi, i Nuovi Dei governati dal divino Alto Padre, e quelli del pianeta Apokolips, pianeta infernale, guidato dal pugno di ferro del despota Darkseid, detentore anche dell’equazione anti-vita che già dal nome stesso fa capire il suo scopo. In questa eterna lotta tra i due mondi, lo stallo viene interrotto da una proposta di pace, concretizzatasi nello scambio di due nascituri tra le fazioni, e cioè l’Alto Padre e Darkseid si scambiano i rispettivi figli in fasce: i Nuovi Dei cedono Scott Free (il futuro MisterMiracle) e Darkseid affida il suo secondo genito O’Ryan, (che diventerà poi Orion di Nuova Genesi, suo protettore). Da questo scambio è normale immaginare come la vita del piccolo Scott Free sarà un vero e proprio inferno, e che educato e costretto a crescere dove l’unica legge è quella del più forte, la fuga diventa l’unica soluzione possibile, sia essa fuga fisica dai luoghi del dolore, sia mentale per opporsi ai dettami sociali distorti di Apokolips, ed è così che nasce Mister Miracle.

Nelle sue imprese e nella sua fuga Scott Free non sarò solo, ma sarà accompagnato da quella che sarà la sua compagna di vita: Big Barda. Senza Big Barda la vita di Mister Miracle non avrebbe senso, e non avrebbero senso le vicende raccontate ora da Tom King.

Come dicevo prima la storia imbastita da Tom King per questo personaggio è la storia della fuga dalle fughe, la fuga dalla morte, proprio perché qui Mister Miracle viene accusato di tradimento da parte di Nuova Genesi e prevedibilmente condannato a morte. In realtà quella che King racconta non è l’escapismo per eccellenza, ma una bella e insolita storia d’amore tra Scott Free e Big Barda, quello è il reale motore dell’azione, in un volume zeppo di dialoghi geniali e frizzanti inseriti in un ritmo narrativo serrato e coinvolgente, rifinito dal tratto realistico di Mitch Gerads: un comparto grafico che riesce ad esprimere la gamma di sensazioni che lo sceneggiatore cerca di tirare fuori, grazie anche all’accurata mimica che Gerards confluisce ai suoi personaggi e che strizza l’occhio al vintage e alle soluzioni grafiche e cromatiche degli anni settanta. Ogni vignetta è funzionale alla storia, non ci sono spazi vuoti come potrebbe sembrare.

Mister Miracle è un fumetto di supereroi atipico, come ce ne sono tanti specialmente negli ultimi tempi, ma che primeggia grazie alla sua maturità e alla sua complessità,godibile anche a chi non segue le vicende di Batman e soci e neanche conosce chi sono i Nuovi Dei e gli abitanti di Apokolips, adatto a tutti. Unica pecca è che il volume ha una fine, ma a breve verrà pubblicato il secondo volume sempre edito in Italia dalla Lion, dove sono sicuro che il talento dello scrittore Tom King non renderà vana l’attesa con un finale di vicende all’altezza delle aspettative create in questo primo volume.

SEVEN TO ETERNITY vol 1 : Il Dio dei Sussurri (14 euro, Panini Comics)

Sempre dal mercato americano proviene il prossimo universo narrativo, pubblicato in patria dalla Image Comics e qui da noi dalla Panini, e il tutto si deve alla penna del prolifico Rick Remender.

Seven to Eternity è un fantasy, definendolo ancora meglio appartiene al sottogenere del dark fantasy, e cioè un versione più cruda, cupa e orrorifica del fantasy a cui ci siamo abituati con Il Signore Degli Anelli (fantasy per eccellenza), i vari cicli di Shannara e lo stesso Harry Potter. Con Seven to Eternity verremo catapultati nel regno di Zhal, desolante terra tiranneggiata dal Dio dei Sussurri, spregiativamente definito anche il Re di Fango.

Secondo i canoni del fantasy c’è il malvagio potente cattivo, anzi potentissimo, che soggioga l’intera popolazione grazie al suo potere e cioè quello di realizzare qualsiasi desiderio, anche il più recondito che si possa avere, in cambio chiede “soltanto” di possedere parte della coscienza del suddito, che viene così assoggettato e diventa un contenitore della coscienza del Dio dei sussurri, una sua estensione, come una coscienza collettiva che gli permette di intensificare la sua presenza e controllo nel suo regno.

C’è anche l’eroe reticente, il nostro protagonista Adam Osidis, appartentente alla un tempo gloriosa famiglia Osidis, ormai decimata e odiata, che si è opposta a tutto e a tutti dandosi alla macchia, dei veri e propri traditori di ogni fazione in lotta nel regno di Zhal, sia quella casata regnante sia quella della resistenza.

Altro elemento immancabile del fantasy e quello magico, elemento cardine in cui agisce come già intuito sia il Dio dei Sussurri che chi si oppone a lui, la fazione dei Mosak: i mosak sono i maghi guerrieri che da sempre hanno protetto il regno di Zhal, alle quali appartengono anche il Dio dei Sussurri e Adam. Nonostante la loro potenza, i mosak non hanno saputo arginare l’ascesa del despota troppo potente e con un’ambizione spropositata, ascesa forse favorita anche dal ritiro e (forse) dall’egoismo della famiglia Osidis, la famiglia di Adam che ha preferito scappare e salvarsi più che andare verso morte certa. Caratteristica particolare dei Mosak è che ognuno possiede un potero magico unico, diverso l’uno dall’altro (scelta dell’autore che ha molto del mondo supereroistico): c’è chi crea warmhole, chi riesce a controllare gli elementi, chi il mondo animale; Adam, il protagonista per esempio, può parlare un ultima volta con i propri avi morti attraverso il loro sangue, che conserva e attraverso il quelle riesce a sfruttare il loro potere per una sola volta, e discendendo da una famiglia di maghi mosak, ogni componente della sua famiglia possedeva poteri magici.

Perché Adam è l’eroe reticente? Perché viene messo in mezzo per caso in una missione disperata da parte degli ultimi mosak, i quali vogliono neutralizzare il Dio dei Sussurri; impresa ardua poiché non si può semplicemente ucciderlo, ce ne andrebbero di mezzo tutto gli abitanti del regno.

L’attenzione posta sul tema dell’onore, dell’integrità del protagonista e degli obblighi verso chi si vuole bene più di se stessi, e ancora di più lo snocciolare questi temi in maniera differente rispetto al classico canone fantasy dell’eroe buono, che tende a fare sempre la cosa giusta; rende Seven To Eternity una delle più belle e avvincenti variazioni sul tema fantastico che abbia mai letto, complice anche il fatto di inserire personaggi vari e diversissimi da loro, caratterizzati in maniera eccezionale, figure veramente tridimensionali, e di spessore, calate in un ritmo narrativo frenetico, che ti tiene incollato all’albo dalla prima all’ultima riga, anzi vignetta, perché il tutto non riuscirebbe così bene senza i sensazionali disegni dell’artista filippino Jerome Opeña.

Solo i suoi disegni basterebbero per giustificare l’acquisto dell’albo: ossevate la tavola inserita nell’articolo se proprio le mie parole non mi convicono.

Un ottima serie, un bellissimo primo volume, e un secondo in uscita proprio in questi giorni di cui sto nervosamente aspettando l’uscita in fumetteria dove ho già prenotato la mia copia.

 

DYLAN DOG 387 – Che regni il Caos (3.50 euro, Sergio Bonelli Editore)

Prende il via questo mese la lunga cavalcata di una delle testate più amate in Italia della scuderia Bonelli, ovvero Dylan Dog, che porterà il personaggio, e i lettori, fino al celebrativo numero 400 della serie l’anno prossimo: invecchia ma egregiamente l’ ”Old Boy” londinese.

Cosa succede con Che Regni il Caos: Il 387 di Dylan Dog, da il via ad una maxi-saga lunga 14 numeri che prende il nome di “ciclo della meteora”, nome derivato dal filo narrativo conduttore che collegherà tutti gli albi che ne compongono il ciclo, ovvero l’approcciarsi di una meteora in rotta di collisione con la terra che scatenerebbe una vera e propria apocalisse. Il pericolo che la meteora rappresenta però non è solo quello dell’effetto ultimo della collisione, ma essa sembrerebbe essere (anche se i nostri personaggi ancora non se ne rendono conto) una sorta di ricettacolo di caos e malvagità, e perciò man mano che si avvicinerà alla terra il suo “campo caotico” , chiamiamolo così, scatenerà una sempre più crescente psicosi collettiva di violenza, che getterà la Terra ed in particolare l’Inghilterra, terra natia di Dylan, in un caos tale che il più bieco degli istinti primordiali la farà da padrone con atti ingiustificati di odio, intolleranza, e violenza fisica allo stato puro.

Il sottotesto politico che Roberto Recchioni, autore di tutta l’iniziativa nonché curatore di Dylan Dog, è palese, ma mi pare ovvio che un autore proponga una storia secondo anche il suo gusto e ideologia e tocca a lui decidere quanto questa influirà, ma non possiamo aspettarci che nessun autore “inquini” una sua opera creativa con le sue idee. E poi le somme si fanno sempre alla fine, e a me personalmente l’idea intriga parecchio.

Entrando un po’ velocemente nel descrivere i contenuti di questo primo episodio già da subita sembra si stia spingendo il pedale sull’acceleratore, sopratutto con le scene di violenza (lo spaltter fa parte del mondo di Dylan Dog) e con le dinamiche “action”, che meno si confanno all’Indagatore dell’Incubo, che forse è la cosa che un po mi ha fatto storcere il naso lì per lì, ma sono fiducioso che la cosa sarà ben dosata nel corso della saga, anche perché diciamocelo: tempi duri richiedono metodi duri!

Una saga da seguire quindi e de leggere con gusto e trepidazione perché qui si tireranno anche le somme della lunga gestione operata da Roberto Recchioni, e iniziata quattro anni fa (se non erro); Recchioni che più volte ha dichiarato la sua intenzione di rivoluzionare il personaggio bonelliano, svecchiandolo senza tradirne le intenzioni. E quindi Che Regni il Caos anche per voi questo mese di novembre con Dylan Dog.

 

TEX WILLER 1: Vivo o morto (3.20 euro, Sergio Bonelli Editore)

Novembre 2018 sembrerebbe è tempo di ripartenze e nuovi inizi per la Sergio Bonelli Editore tra ristampe a colori con Julia, nuove testate prendono il via (lo vedremo più avanti), e vecchi eroi ricominciano una nuova vita, e con vecchi eroi intendiamo il pistolero “milanese” di via Buonarroti (la sede della Sergio Bonelli Editore per chi ancora non lo sapesse), Tex Willer.

Il personaggio italiano più famoso, dopo 70 anni di avventure riprende la sua corsa a cavallo dall’inizio, con un nuovo numero uno, un nuovo mensile dal titolo proprio TEX WILLER (e non soltanto TEX come lo storico mensile che tutt’ora continua la sua corsa editoriale).

La Sergio Bonelli “clona” Tex e lo rimanda in campo, con una veste grafica nuova, una foliazione minore rispetto alla serie principale, dove rinarra le avventure del cowboy partendo dalla sua giovinezza fuorilegge, proprio dove iniziarono nel 1948 sotto l’etichetta Audace (che diventò poi la Bonelli), ma con uno spirito tutto nuovo, vale a dire storie ancora più dinamiche e moderne, con un’attenzione in più verso i nuovi giovani lettori che forse hanno sempre visto il personaggio di Tex Willer come un qualcosa dedicato ai loro nonni o genitori, qualcosa di vecchio, qualcosa con quella patina di polvere che non ha mai attirato; ed è per questo che Mauro Boselli e il suo staff hanno deciso di dare nuova forma al personaggio creando archi narrativi che si snodano in più albi e cercando di dare una continuity narrativa più coesa e un evolversi del personaggio ancora più realistico, presentando un Tex acerbo, ancora in fase di formazione dal punto di vista umano, ma già perfettamente in grado di cavarsela con le pistole nel mondo della frontiera. Una nuova produzione che vuole accompagnare il lettore passo passo nella fase tra la giovinezza e l’età adulta di Tex, e lo fa con una serie che si presenta con questo numero uno disegnato da un Roberto De Angelis in splendida forma, che rende vivo ogni panorama del selvaggio West, ed una storia ben costruita che prende spunto dalla prima apparizione nell’ormai leggendario “Il totem misterioso”, per poi proseguire su altri binari nel corso delle uscite che verranno: narrare nuove storie e rinarrarne di vecchie, ma non una nuova prospettiva e sensibilità più attuale, contemporanea, e un dinamismo che si discosta parecchio dalla produzione classica, con tavole meno verbose ma con più azione.

Unica nota per me negativa è che avrei preferito un Tex Willer meno infallibile e più insicuro, che non colpisce sempre ogni bersaglio al primo colpo. É verò che nel vecchio West se sbagli il primo colpo non c’è molto spazio per seconde occasioni, ma forse vedere un Tex leggermente meno sicuro di se e che sbaglia qualche colpo, e forse anche più rabbioso, avrebbe reso la costruzione del personaggio, il suo migliorarsi e addolcirsi, più divertente e interessante da seguire: dopotutto Tex inizia il suo viaggio umano animato dalla sete di vendetta per il padre e poi il fratello uccisi per meri interessi economici, e quindi sarebbe stato gradito vedere meglio quella che sarà la sua maturazione in maniera più marcata . Ma forse verrò smentito nei prossimi numeri, in ogni caso è una serie da seguire con interesse.

CANI SCIOLTI 1: Sessantotto (3.50 euro, Sergio Bonelli Editore)

Prima parlavo di nuove serie ai nastri di partaenza in casa Bonelli, tra queste CANI SCIOLTI

Piccola premessa (ma la faccio breve): tra gli anni ‘30 e ‘40 c’era un periodico italiano a fumetti, L’Audace, che pubblica storie a fumetti d’avventura americani e italiani; dopo varie vicissitudini, la rivista viene acquisita da un nuovo editore che proprio dalla rivista diede il nome alla piccola casa editrice per fumetti nata per l’occasione (o quasi): Redazione Audace. Sotto l’etichetta Audace (esatto, quella che ho citato un po’ di righe fa) viene portato nelle edicole di tutta Italia un personaggio che diventerà leggendario, e che quest’anno compie 70 anni di avventure fumettistiche… Se ancora non avete capito di quale personaggio si tratta non siete stati molto attenti e non lo ripeterò certo ora, altrimenti divento monotono, e non devo neanche aggiungere che quella che era l’ Audace poi divento la Sergio Bonelli Editore.

Perché questa raffazzonata premessa? Perché anni e anni dopo la Bonelli decide di dare il via alle pubblicazioni di una nuova linea fumettistica più adulta, con temi, argomenti e contenuti più complessi e curati, e questa nuova etichetta di chiama proprio Audace, una specie di ritorno alle origini e insieme un cambio anche da un punto di vista grafico e di formato proprio per marcare questa distinzione tra le classiche pubblicazioni Bonelli e quelle Audace, rimarcare il fatto che si sta facendo fumetto ad un altro livello, complementare a quello classico, ma con la grande voglia di innovare e sopratutto stupire e conquistare.

Bene, sotto questa “nuova” etichetta è uscito qualche mese fa in volume per librerie e fumetterie Cani Sciolti: Sessantotto; nuova idea di Gianfranco Manfredi, autore tra i più prolifici e variegati del panorama nostrano, per i disegni di Luca Casalanguida. Oggi, in questo mese di novembre prende il via invece la serializzazione di Cani Sciolti con le prime due uscite (questa, Sessantotto, e quella del mese di dicembre) che ripropongono in formato più piccolo e più economico la storia d’esordio del volume sopra citato per poi continuare con l’evolversi della vicenda dei numeri successivi.

Come si può intuire già dal titolo la vicenda di Cani Sciolti è inquadrata inizialmente durante il periodo delle contestazioni e rivoluzioni studentesche di fine anni sessanta, per la precisione a Milano. In questo 1968 Milanese vedremo “fare la rivoluzione” a sei personaggi, studenti, di vari ceti sociali: personaggi ben caratterizzati che Manfredi riesce a non far diventare dei semplici stereotipi, e che agiscono durante un periodo storico ben definito e in situazioni realmente verificatesi durante la storia del nostro paese; un storia immersa nella Storia, una storia corale che si svilupperà narrativamente anche nel corso dei decenni successivi al 1968, e che per certi versi mi ha riportato alla mente una delle più belle fiction che la RAI abbia mai prodotto La Meglio Gioventù (2003) di Marco Tullio Giordana (e che se non l’avete mai vista vi consiglio di recuperarla al più presto). Un primo numero di una storia realmente Audace che non vuole convincere nessuno su posizioni politiche o altro, ma raccontare un periodo, un punto di vista e che anzi può essere uno spunto è un pretesto per potersi documentare meglio sulla storia contemporanea del nostro paese, sulle sue agitazioni, sia politiche che di massa, e perché no motivo di analisi. In ogni caso Cani Sciolti è una serie ce merita attenzione, e il prezzo del biglietto sono sicuro varrà il giro ogni mese.

TORPEDO 1936 Omnibus (60 euro, Panini Comics)

America, anni ‘30: l’America in ginocchio che cerca di riprendersi dopo la grande depressione.

Anni ‘30, in America finisce l’epoca dell’isolazionismo, ma il danno era fatto: la xenofobia era dilagata.

Anni ‘30: in America finisce l’epoca del proibizionismo, ma anche qua ormai il danno era fatto: la malavita imperversava. Ed è per questo che l’America degli anni ‘30 più che gli anni della ripresa, vengono ricordati come gli anni dei Gangster!

Erano loro che comandavano, erano i boss che decidevano chi doveva morire e chi doveva fare affari. I gangster nella letteratura dell’epoca (e non solo) hanno sempre catturato: erano dei duri, erano spietati, erano intelligenti, erano dei bastardi, erano affascinanti e spesso avevano la meglio, ma solo se erano dei veri duri. Ma alla fine si sa, il buono doveva vincere!

É sempre nell’America degli anni ‘30 che troviamo Luca Torelli, alias Torpedo.

Torpedo non è un duro, anche se vuole farlo credere: ne ha l’aspetto, ha perfino la sigaretta da duro sempre incollata sulle labbra, ma il duro proprio non gli riesce. Torpedo non ha la stoffa del duro. Qualsiasi crimine pensa non gli va come sperava, c’è da dire però che il ragazzo si impegna ma è un gangster mediocre, imperfetto.

Torpedo è un duro, ma di comprendonio, e meno male che la fortuna lo assiste un po’ altrimenti avrebbe già tirato i piedi nella fossa fa tempo!

Però c’è da dire che una cosa del duro ce l’ha e cioè è un grande bastardo, ma deve esserlo per vivere nella sua America. L’America, o meglio il mondo di Torpedo, è un mondo nero, brulicante di personaggi negativi, non ci sono buoni (anche i preti sono degli infami): Torpedo impara che nel suo mondo non ci si può fidare di nessuno, tranne del suo compare , ma solo perché è più stupido di lui. Per questo in questo mondo Torpedo deve essere un gangster, uno cattivo.

Ma non pensate che Torpedo sia un fumetto crudo e drammatico, perché sbagliereste alla grande, e spesso mi sono chiesto che tipo di fumetto sia Torpedo. Torpedo è un fumetto troppo umoristico per essere avventuroso, ma troppo duro per essere umoristico, quindi a mio avviso Torpedo è un capolavoro dove le situazioni grottesche, ironiche e violente di Enrique Sànchez Abulì vengono spocate e rese più reali dal tratto espressivo di Jordi Bernet.

Ma andiamo per gradi.

Editorialmente Torpedo nasce negli anni ‘80 in Spagna. Anche in Spagna come in Italia e in Francia, la seconda metà degli anni settanta porta novità su parecchi fronti, favorita anche e sopratutto dalla fine del regime franchista. Sul fronte fumettistico c’è l’esplosione artistica e si iniziano ad affacciare le riviste a fumetti che propongono storie e tematiche più adulte da cui poi usciranno alcune super star del fumetto internazionale. Torpedo nasce nel 1982 sulle pagine di Creepy, rivista diretta dal disegnatore Joseph Toutain, il quale affida alla mente di Enrique Sànchez Abulì il compito di creare una storia ambientata negli anni ‘30 in una metropoli americana, protagonista di questa storia doveva essere un gangster e Abulì per questa impresa si affida alle matite di Alex Toth. Toth, un’istituzione del fumetto americano, per dare vita al suo personaggio.

Torpedo nasce, ma a fatica; Toth infatti non riesce ad entrare in sintonia con il personaggio di Abulì: il mondo di Torpedo era troppo negativo per lui, e alcune scene troppo forti: Per lui Torpedo era un personaggio troppo cattivo, lui voleva un gangster buono, infatti Toth abbandona il personaggio dopo due sole storie e rivedendo quelle due storie, disegnate da questa grande icona dell’illustrazione, ci viene da dire meno male! Mi spiego: non è che Toth non fosse all’altezza, ma Torpedo era cattivo, il personaggio già era delineato alla perfezione da Abulì ma nelle mani di Toth precipitava. Allo stesso modo come una canzone, quando non piace ad un musicista essa diventa fredda e non trasmette emozioni, anche quando la melodia è perfetta. Torpedo richiedeva un disegnatore all’altezza delle sue potenzialità. L’editore crede nel personaggio e questi passa nelle mani di Jordi Bernet che ne modifica anche un po’ l’aspetto: lo rende più duro, più sporco, quasi alla Clint Eastwood. Bernet è un fenomeno e il personaggio di Abulì esplode in tutto il suo realismo e la sua espressività!

Ma Torpedo non esce dalla massa solo per i suoi disegni. Torpedo è un personaggio potente perché racconta le (dis)avventure di questo gangster che vuole essere un duro ma che duro non è tanto stupido da far in modo che il suo piano gli si rivolti contro (come quando per errore beve dal bicchiere dove aveva diluito il sonnifero per la sua vittima, ma stupido com’è si butta lo stesso nell’agguato all’obiettivo da far fuori solo per finire a terra addormentato nel bel mezzo del bailamme successivo). A colpire è anche la scrittura del personaggio, perché Torpedo spezza altri schemi narrativi del suo tempo: in Torpedo non c’è suspense, ma tutto accade in modo dinamico, con sorpresa e i colpi di scena fino alla fine. Se si tratta di sparare Torpedo spara, non ci sono vignette dove il personaggio esita e non si lascia andare a pensieri filosofici e morali sul perché dei suoi gesti: Torpedo è cattivo e questo è il suo punto di forza, di buoni ce ne sono veramente troppi. Torpedo spara e uccide, e non si fa nessuno scrupolo, perché anche con quella punta di ironia, Abulì ci mostra che il mondo è cattivo, e che se spari, lo fai per uccidere, o la sua vita o la tua e Torpedo per sopravvivere spesso ci perde anziché guadagnarci, non arriva al suo scopo, ma almeno resta vivo. Però non andate a spiegarlo a lui, non vi capirebbe e lo fareste solo incazzare.

Il mondo è crudele e Abuli non ci addolcisce la pillola: un gangster non è un personaggio positivo. Torpedo non è falso e Abulì non ci prende in giro: è un gangster, una canaglia e compie il suo dovere, lo fa per campare perché se non ammazza viene ammazzato; è la legge della giungla, ma è il suo lavoro.

Ecco perché il risvolto umoristico: il lieto fine non esiste nelle vicende di Torpedo, quindi prima della fine, è meglio riderci un po’ su, anche se in modo amaro.

Leggere Torpedo è uno spasso, ogni storia è auto conclusiva e perciò godibile a se, ma che insieme formano una grande storia criminale, e seguire tutte le vicende di Luca Torelli alias Torpedo non è un problema con questo volumone edito da Panini Comics, un volume che costicchia, ma che contiene tutte le storie classiche di Torpedo, storie che ho divorato dalla prima all’ultima e che mi hanno lasciato ancora affamato nonostante la mole di pagine, proprio per la modernità con cui sembrano scritte e disegnate, un vero classico senza tempo di cui speri non arrivi mai l’inevitabile fine.

 

Solo per gli occhi, un’altra splendida tavola di Jerome Opeña da Seven To Eternity.

Bene, per ora io ho finito spero come ho già detto in premessa, di darvi altri consigli per altre letture durante questo freddo inverno. Letture fumettistiche, perché ormai dovreste averlo capito io libri non ve ne consiglio, non qua, il mio compito è illuminarvi poco poco sul mercato delle nuvolette disegnate, medium ormai diffuso e amato ma spesso snobbato. Non mi stancherò mai di ripeterlo e sottolinearlo, che nel nostro paese, nella nostra provincia se leggi fumetti, per alcuni sei ancora considerato un individuo a metà strada tra l’ignorante e il disadattato. Non starò qui a disquisire su quanto sia sbagliata questa categorizzazione, figlia anche questa di schemi mentali dettati solo dal pregiudizio (un pregiudizio piccolo rispetto ad altri ben più gravi, ma negativo anche questo); non starò qui a parlare dei problemi che San Giovanni Rotondo ha nel far decollare la cultura, e mi fa piacere però che ci siano realtà che non si arrendono a questa immobilità e non demordono: io ora voglio solo dare il mio piccolo contributo, sperando quantomeno di incuriosire qualcuno, e non mi stancherò di ripetere che i fumetti non sono solo cose da bambini, ma se proprio non riuscite a togliervi dalla mente questa idea, allora sappiate che non c’è niente di male a ritornare bambini di tanto in tanto, tra una partita di calcio e l’altra, tra un birra con gli amici e un riposino pomeridiano, tra un cartellino timbrato ed una bolletta pagata, tra un giorno e l’altro della nostro tempo.

Buona Lettura.

Ps. se aveste voglia di discuterne un po di più e di chiedere qualche altra informazione, il mio profilo facebook è sempre a disposizione per chi non mi conoscesse: https://www.facebook.com/antonio.lalla.5

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