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29 Mar

Non sei di San Giovanni Rotondo se nella vita non hai fatto la salsa…

Il rituale è sempre lo stesso, da generazioni. Una liturgia non codificata che sfida il tempo; un insieme di gesti che, seppur nella diversità e nelle comodità apportate dalla tecnologia, porta sempre allo stesso risultato.

La preparazione della “salsa” di pomodoro, nelle settimane di agosto, è una delle più antiche e affascinanti tradizioni delle nostre zone. Un appuntamento che riunisce famiglie intere, che cementifica le relazioni attraverso quella “cultura del cibo” che mette tutti d’accordo.

Come per altre tradizioni contadine e popolari, con il passare degli anni, le nuove generazioni sono sempre più propense ad acquistare direttamente nei supermercati la passata di pomodori o di pomodori pelati a prezzi ragionevoli, evitando la faticosa impresa della salsa fatta in casa.

Fare la salsa, tuttavia, rimane un simbolo di “sangiovannesità” e, anche se questa tradizione sta via via scemando, è bello tornare bambini, anche solo per un attimo, per rivivere quei momenti che per gli adulti erano fatica ma, per i più piccolo, gioco, allegria e spensieratezza.

Un rito vero e proprio, dunque, fatto di tecniche secolari, di proverbi dialettali, anedotti e condivisione. Una sorta di scuola popolare, fatta di maestri che tramandano tecniche e “trucchi” alle generazioni successive.

La prima cosa, forse la parte fondamentale di tutta la preparazione, è una frase. Che tu abbia 10 anni o 80 anni, che tu sia uomo, donna, esperto o principiante, che tu sia partecipe, o solamente di passaggio, non importa. Senza la frase non sei ammesso, sei considerato un “eretico”. Può essere ammesso solamente un “buongiorno” prima che tu faccia qualche altro passo falso. Quindi regola numero uno: ricorda di dire “Sant Martin”, è la chiave di tutto, senza questa frase si può mettere a repentaglio l’intera giornata. In alcuni casi si rischia anche l’allontanamento da parte dei veterani del gruppo.

Ora possiamo passare alla fase operativa.
La fase iniziale è la scelta dei pomodori. Che devono essere maturi e di colore rosso vivo. La qualità varia a seconda della scelta del pomodoro. Si può fare la salsa vera e propria, la passata, i pelati oppure mix di salsa e pelati o di pomodorini più piccoli, buoni soprattutto per la preparazione di sughi meno elaborati del ragù domenicale.

La preparazione ha inizio alle prime luci dell’alba. I più anziani del gruppo sono già al lavoro dalle prime ore del mattino. Va organizzato tutto secondo regole ben precise che rimangono immutate ogni anno.

Per prima cosa, viene data una cottura ai pomodori in una grossa caldaia, detta “callara” . I pomodori, messi a bollire nell’acqua, perdono man mano di consistenza. Al momento opportuno vengono messi a scolare in ceste ricoperte di tovaglie.
Quindi si passa alla spremitura vera e propria del pomodoro, al fine di separare il succo del pomodoro dai scarti, buccia e semi.
La salsa che se ne ricava viene fatta colare in un grossa bacinella. Dopo aver raggiunto una quantità consistente viene salata e mescolata. Fatta riposare qualche ora, di tanto in tanto si mescola con un mestolo, rigorosamente di legno.

A questo punto vengono riempite le bottiglie di salsa, si aggiunge ad ogni bottiglia una foglia di basilico per dare sapore. La scelta delle bottiglie è importantissima. Questa procedura parte un anno prima. L’addetto al reperimento delle bottiglie ha un compito cruciale. Scegliere, raccogliere e mettere da parte centinaia di bottiglie in vetro, preferibili quelle di colore scuro, dove sole e altre fonti luminose non intaccano la preziosa materia prima.

L’ultima fase consiste nella sterilizzazione delle bottiglie, che avviene cuocendo le bottiglie in grossi fusti di alluminio, messi sopra un fuoco. Le bottiglie sono incastrate nel fusto avvolte da stracci e acqua, in modo da ridurre al minimo le rotture e ottimizzare il processo di bollitura.

Buona salsa a tutti e Sant Martin.

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