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20 Apr

Si avvicina la Pasqua: una meditazione sulla croce

 

di Michele Illiceto

 

(Seconda parte)

di seguito il link alla prima parte

 «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene» (Mt 27,40-43).

E’ la quarta tentazione di Gesù: dimostrare la sua divinità nell’onnipotenza di chi salva usando la bacchetta magica oppure scegliere la debolezza della croce esponendosi al dolore, condividendolo e superandolo?

Potenza e impotenza

Spesso il dolore e il male sono stati visti come un limite all’onnipotenza divina (vedi Epicuro). E’ proprio così? Ci sono due tipi di impotenza. L’impotenza di chi non sa amare, e l’impotenza di chi proprio a causa dell’amore non riesce ad evitare il dolore. Di chi si trova per troppo amore esposto al dolore, non riuscendo ad evitarlo. Dio ha preferito l’impotenza del dolore per non perdere l’onnipotenza dell’amore.

Dopo che a causa della sua libertà, l’uomo è caduto nel dolore, per amore Dio ha rinunciato al suo potere di evitare il dolore, per rimanere accanto all’uomo facendo suo quel dolore che non era suo. Dio, piuttosto che scegliere l’impotenza di chi non sa o non riesce ad amare, ha scelto l’impotenza di chi non può fare a meno di affrontare il dolore per non smettere di essere amore. L’unico potere che Dio conosce è il potere dell’amore. Ma questo potere implica che egli si scontri con il dolore.

 

Sofferenza passiva e sofferenza attiva

Se Dio soffre per amore, allora vuol dire che Dio ha scelto di soffrire nel momento in cui ha scelto di amare. La sua è una sofferenza attiva e non una sofferenza passiva. Si è esposto. Nella libertà dell’uomo Dio si trova esposto. Esposto alla negazione. Al rifiuto. La libertà infatti è come una porta che si pare solo dal di dentro. E Dio resta fuori., In attesa che l’uomo gli apra.

 

Mentre per quanto riguarda noi, la sofferenza passiva è legata alla nostra imperfezione, per Dio invece non è così. Dio anche quando soffre è perfetto. Infatti: la sofferenza non gli fa smettere di amare. In Dio la sofferenza non è evento di privazione, ma evento di donazione: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13). Dio quando soffre, si-offre.

 

La croce e la Trinità 

Anche se vediamo solo il Figlio appeso al legno maledetto, a dire il vero sulla croce è presente tutta la Trinità. IL dolore di Dio è un dolore trinitario.

Il primo a soffrire è il Padre nel consegnarci il Figlio. Tre citazioni ce lo confermano: le prime due le prendiamo da Paolo: «Dio non ha risparmiato il proprio figlio, ma lo ha dato per tutti noi» ( Rm 8,32). «Dio dimostra il suo amore verso di noi, perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8). La terza la prendiamo dal vangelo di Giovanni: «Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna» (Gv 3,16)

Poi c’è il dolore del Figlio, quello più evidente. Solo chi è nel Padre, solo chi è nel seno del Padre conosce il Padre. Solo il Figlio ha conosciuto il dolore del Padre. Ha letto nel suo cuore il dolore per questo uomo andato via di casa. Ha visto quanto amore c’è nel cuore del Padre per questa creatura che ha preferito rifiutare Dio. E il Figlio, amato dal Padre, si butta avanti e si dichiara: “Ecco manda me!”.

«Dio Padre – diceva san Bernardo – non ha preteso il sangue del Figlio, ma lo ha accettato offertogli (Bernardo di Chiaravalle, Contro gli errori di Abelardo, 8, 21 (PL 182 s 1070).

Il dolore del Figlio ci viene raccontato dalla Lettera agli Ebrei: «Cristo nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono».

Il dolore dello Spirito è il dolore di un amore esposto alla lacerazione. Lo Spirito soffre a causa dell’esilio del Figlio dal Padre. E a causa del silenzio del Padre che rinuncia a intervenire. Quello Spirito, che nel giorno del Battesimo è stato dal Padre donato al Figlio perché questi fosse unto, ora viene dal Figlio ridonato al Padre nell’atto di totale consegna di sé non alla morte, ma di nuovo al Padre.

Il dolore della croce non è il dolore di un abbandonato ma il dolore di un consegnato!

 

 

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